V Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – V Domenica (4 febbraio 2024)

“Andiamocene altrove … per questo infatti sono venuto”. L’inquietudine di arrivare a tutti nasconde anche l’inquietudine di arrivare a Gerusalemme, dove quella volontà di salvezza si compirà in tutto il suo splendore. I suoi ‘miracoli’ annunciano l’Inviato che fa entrare nel regno, nella ritrovata alleanza con il Dio della salvezza. In quell’ansia di Gesù, nel suo doppio significato di raggiungere tutti e che tutto il suo segreto si sveli, sta racchiusa l’urgenza della missione della chiesa in tutti i tempi.

Ciò mi induce a credere che la preghiera ha a che fare, anzitutto, con il desiderio di comunione con gli uomini da parte di Dio, prima ancora che essere espressione del desiderio degli uomini di stare in compagnia di Dio. Se non percepissimo l’eco di quel desiderio di Dio, potremmo mai pregare davvero? Il fatto che Gesù si ritiri da solo a pregare esprime proprio l’immensità del desiderio di Dio per l’uomo…

IV Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – IV Domenica (28 gennaio 2024)

L’antica colletta della liturgia di oggi ci propone una cosa assolutamente straordinaria. Dopo averci condotto a riconoscere che Gesù è il Maestro che ci introduce nei segreti di Dio e il Liberatore dal male che ci insidia e opprime, fa pregare così: “O Dio …. rendici forti … perché testimoniamo la beatitudine di coloro che a te si affidano”. Dà per avvenuta l’esperienza della gioia invincibile che deriva dalla fede nel Signore Gesù. In tutta sincerità: siamo ancora capaci di pregare in questo modo?

In altre parole: siamo ancora capaci di stupirci di fronte alla parola di Gesù? Nel brano odierno Gesù parla e agisce come uno che ha autorità, che ha potere. Potere di che cosa, per che cosa? Chi è davvero Gesù? Come rapportarci a lui? Sono le domande di chi assiste all’episodio della cacciata dei demoni nella sinagoga di Cafarnao. Le Scritture ci aiutano a farci un’idea di quel maestro, affascinante e temuto nello stesso tempo.

III Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – III Domenica (21 gennaio 2024)

Come interpretare l’espressione: il tempo è compiuto? Cosa intende Gesù? Certamente vuol dire: ormai i tempi dell’attesa sono compiuti e quello che Dio aveva promesso, ora lo realizza. Ma anche: non c’è più da aspettarsi altro tempo, perché Dio opera ora quello che dall’eternità aveva voluto: manda il suo Figlio a manifestare la grandezza del suo amore. Il tempo compiuto ha, cioè, a che fare con la presenza nel mondo del Figlio di Dio, con la persona di Gesù. Di per sé, non tutto è compiuto. Sulla croce, pochi istanti prima di consegnare il suo spirito, Gesù dirà: “è compiuto” (Gv 19,30). Ma può dire che il tempo è compiuto perché la volontà di portare a compimento, nella sua umanità, la manifestazione della grandezza dell’amore del Padre, presiede e orienta tutto l’agire di Gesù.

II Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – II Domenica (14 gennaio 2024)

Gesù, vedendo che lo seguivano, aveva chiesto: “Che cosa cercate?”. E loro rispondono con una domanda: “Rabbì, dove dimori?”. Lo stesso verbo greco, qui tradotto con dimorare, nel discorso di Gesù all’ultima cena è tradotto con rimanere. Il versetto: “Andarono dunque e videro dove egli dimorava” (Gv 1,39) si collega all’altro: “Rimanete in me … rimanete nel mio amore” (Gv 15,4.9). È come se Gesù, ancora rispondendo alla domanda iniziale dei suoi discepoli, alla fine dicesse: siete venuti da me, avete visto che dimoro nell’amore del Padre per voi e così voi, ora, rimanete in questo stesso amore. È la traiettoria di sviluppo della conoscenza di Gesù. L’esperienza iniziale rimanda a quella finale, tanto che il brano non ha la potenza di un ricordo, ma di una radice, di un principio, di una fonte che continua a sgorgare e che ha sconvolto tutta la sua vita.

Battesimo del Signore

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo di Natale – Battesimo del Signore – (7 gennaio 2024)

Gesù viene al Giordano per farsi battezzare. Il testo di Marco è allusivo del passo di Es 2,11, letto nel greco della LXX, con l’annotazione di Mosè che, una volta raggiunta l’età di quarant’anni, uscì dalla casa del faraone per fare visita al suo popolo. Il riferimento è letto in rapporto alla profezia di Mosè in Dt 18,15: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto”. Chi ascolta queste parole è Giosuè, in greco Gesù, colui che traghetta il popolo nella terra promessa attraversando il Giordano. La deduzione è presto fatta: l’evangelista Marco vede realizzarsi le profezie e l’attesa messianica in Gesù di Nazaret che viene a farsi battezzare, lui, l’Innocente, l’Agnello che toglie i peccati del mondo. Non solo, ma sembra che l’allusione si riferisca al medesimo punto di passaggio del Giordano dell’antico Israele per entrare nella terra promessa, di fronte a Gerico, dove il Battista amministrava il suo battesimo di penitenza. Per di più, è da notare che il punto più basso della terra libero da acque e da ghiacci è la riva del Mar Morto (a meno 423 m sotto il livello del mare) dove confluisce il fiume Giordano.

Epifania del Signore

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo di Natale – Epifania del Signore – (6 gennaio 2024)

L’antifona di ingresso della messa si richiama al libro del profeta Malachia, l’ultimo libro dell’Antico Testamento nella versione greca, che i cristiani hanno fatto propria: “È venuto il Signore nostro re: nelle sue mani è il regno, la potenza e la gloria”. La cosa straordinaria è che un bambino venga proclamato ‘sovrano, potente e glorioso’! La proclamazione comporta qualcosa di radicalmente nuovo per gli occhi umani o, se vogliamo, comporta la visione di una realtà con occhi radicalmente nuovi. Stessa novità che sta dietro la proclamazione nei vangeli di Gesù come re (soltanto durante la sua passione Gesù accetta il titolo di re) e particolarmente come re della gloria (titolo che fornisce, da una parte, la ragione della condanna sul patibolo della croce e, dall’altra, per la visione di fede dei credenti, la ragione dell’amore di Dio per l’uomo che proprio sulla croce risplende).