V Domenica T.Q.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo di Quaresima – V Domenica (17 marzo 2024)

Il vangelo di Giovanni non parla dell’angoscia di Gesù al Getsemani. La richiama qui, la lascia intravedere qui, eco delle parole dei salmi 6,3 e 41,6-7: “trema tutta l’anima mia”, “in me si rattrista l’anima mia”. L’intensità dell’angoscia di Gesù, condivisa dal Padre, raccoglie in un punto supremo la sua umanità che si abbandona al Padre nel suo amore per gli uomini. È questo amore condiviso con il Padre e con gli uomini che permetterà a Gesù di attirare tutti alla salvezza e scacciare il principe di questo mondo, vale a dire dare la vita nella morte, ricevere la vita nella morte. Quando Gesù, al culmine della sua angoscia, prega: “Padre, glorifica il tuo nome” manifesta tutta la sua intimità con il Padre, tanto che chiede al Padre di far splendere l’amore suo in lui in tutta la sua potenza, perché il nome del Padre è proprio Gesù, il volto visibile del Padre.

IV Domenica T.Q.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo di Quaresima – IV Domenica (10 marzo 2024)

Se Gesù si premura di ricordare a Nicodemo e ai suoi discepoli che il Figlio dell’uomo deve essere innalzato, vuol dire che si tratta di un evento che non risponde alle nostre attese, che noi non avremmo mai immaginato si dovesse passare per quella strada, perché comporta la rivelazione di un segreto di Dio. E non solo di un segreto nel senso che ci fa conoscere qualcosa che fino ad allora non era noto, ma di un segreto nel senso che caratterizza l’intima vita di Dio e quindi caratterizzerà l’intima vita dei suoi figli. Se Gesù deve essere innalzato, deve morire in croce, non è solo in ragione del peccato dell’uomo, ma della manifestazione del segreto della vita divina che a tutti verrà comunicata con la capacità di un nuovo modo di esistenza: invece di un’esistenza autocentrata, si accede a un’esistenza comunionale, relazionale, donata. Gesù è l’Agnello immolato fin dalla fondazione del mondo […] Il mistero adombrato dalla Parola di Dio è che la sofferenza non è legata al peccato, ma al dono dell’essere da parte di Dio, alla creazione stessa e quindi alla natura della stessa vita trinitaria che Gesù è venuto a svelarci e a comunicarci perché ne diventiamo partecipi e possiamo così non subire più la morte.

III Domenica T.Q.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo di Quaresima – III Domenica (3 marzo 2024)

Vedere Gesù che, arrivato al tempio, si mette a costruire una frusta di cordicelle, fa pensare al cosiddetto flagello messianico, secondo antichi racconti ebraici, con cui il messia opera la purificazione dal male prima di stabilire il regno di Dio. Vi sono alluse due tradizioni profetiche, quella di Zaccaria 14,21 (“In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti”) e di Malachia (“Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore”). È evidente che Gesù agisce come profeta e come tale lo lasciano fare. Gli chiedono però conto dell’autorità che così si arroga e Gesù risponde: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Il termine che usa, però, non si riferisce al tempio (ieron) come complesso degli edifici (Gesù scaccia i venditori dal recinto del tempio, luogo al quale anche i pagani potevano accedere) ma al Santo dei santi (naos), alla cappella interna dove era creduta sussistere la Presenza. Riprende l’immagine della tenda nel deserto, luogo della Presenza del Signore.

II Domenica T.Q.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo di Quaresima – II Domenica (25 febbraio 2024)

[…] la gloria che la liturgia declina non si riferisce alla bellezza del volto di Gesù, ma all’amore del Padre che in lui rifulge e dalla cui sorgente deriva tutto lo splendore che si manifesta nella persona di Gesù. Da una parte, è come se gli occhi umani fossero resi capaci di vedere l’oltre della figura di Gesù, quell’oltre che pesca nella incommensurabile bellezza e profondità divina, a noi nascosta, ma per noi vitale. Dall’altra, nulla si svolge secondo la nostra immaginazione. Se i pittori di icone non si fossero sprofondati nella contemplazione del brano evangelico, non avrebbero mai dipinto la scena con i discepoli atterrati, come scaraventati a terra, spaventati, di fronte a un Gesù splendente di luce che fuoriesce dalle profondità divine e che bagna con la sua luce tutto il mondo.

I Domenica T.Q.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo di Quaresima – I Domenica (18 febbraio 2024)

Gesù è appena stato battezzato, e subito viene come trascinato nel deserto. È appena stato indicato come colui nel quale il Padre si compiace e subito è sottoposto alla tentazione del diavolo. Marco non racconta il contenuto delle tentazioni come Luca e Matteo; ne indica semplicemente l’evento. Due sono le cose da notare. Prima, il fatto della tentazione. Gesù è ricolmo di Spirito Santo e subisce la tentazione. Possiamo pensare: in discussione non è messa la sua potenza, ma la modalità con cui si esprimerà. La sua vittoria non avrà nulla di mondano, come il tentatore sembra suggerirgli per realizzare la sua missione, bensì si rivelerà nella debolezza e nella follia della croce. In tal senso, l’annotazione che stava con le bestie selvatiche e che gli angeli lo servivano, allude alla ritrovata armonia della creazione come era uscita dalle mani di Dio.

VI Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – VI Domenica (11 febbraio 2024)

“Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia …” (Is 53,2-3). Sono le parole confacenti a un lebbroso. Il Signore si è addossato i nostri mali da portarne tutto l’orrore, come un lebbroso. Nel descrivere il tormento a cui sarà sottoposto il Servo di Jahvé (Is 53,4) il profeta ne parla come di un uomo ‘colpito (dalla lebbra)’, tanto che si era anche diffusa la tradizione del Messia lebbroso (è riportata nel Talmud, bSan 98 b). Gesù morirà fuori dalla porta della città come un lebbroso, un maledetto. E sembra che la finale del brano odierno, con Gesù che se ne deve stare fuori da città e villaggi, richiami appunto la stessa condizione del lebbroso, proprio di colui che si è addossato le nostre infermità.