XV Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – XV Domenica – (13 luglio 2025)

Gesù e lo scriba sono d’accordo nella solenne affermazione biblica che amare Dio con tutto il cuore e amare il prossimo fa accedere alla vita eterna. Non pensano però allo stesso modo. Affermano la stessa cosa, ma non pensano allo stesso modo. La cosa si vede dalla domanda dello scriba e dalla risposta di Gesù. Sull’evidenza del comandamento più grande, lo scriba puntualizza: ma chi è il mio prossimo? Per la mentalità comune di allora, per un ebreo il prossimo è chi appartiene alla sua gente. Gesù la pensa diversamente e, rovesciando l’impostazione dello scriba, dirà alla fine della parabola: “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così” (Lc 10,36-37).
Non si tratta di sapere chi sia il mio prossimo (il che equivarrebbe a fissare dei confini per l’esercizio del comandamento, come nel caso, ad esempio, del perdono: ‘quante volte devo perdonare…?). Si tratta di fare da prossimo e questo non tiene conto di alcun confine.

XIV Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – XIV Domenica – (6 luglio 2025)

Paolo descrive la natura della pace che abita il cuore dei discepoli. Parla dell’uomo nuovo che il discepolo è diventato, secondo le caratteristiche di un’umanità, tipica del Signore Gesù. L’uomo nuovo è un uomo dalle viscere di misericordia, con un sentire buono e benevolo, umile e mite, di pazienza dolce e larga con tutti, facendosi spalla l’uno all’altro, facendo grazia di sé a tutti come il Signore ha fatto grazia di sé a noi, ricco in amore. Di queste caratteristiche è fatta la pace di Cristo, di cui Paolo dice che la vince in ogni cosa perché non acconsente mai a separarsi dai propri fratelli: “E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo”. Il segnale per il cuore che quella pace lo abita è il continuo rendimento di grazie, il vivere grati per ogni cosa. E questo perché la parola di Cristo è stata accolta come la parola di verità del cuore.

VIII Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – VIII Domenica – (2 marzo 2025)

Di quale bontà parla Gesù? Quella che deriva dall’imitazione di Dio: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo” (Lc 18,19). Gesù è il testimone per eccellenza della bontà di Dio per l’uomo; quindi, chi si muove come lui otterrà un cuore buono. Ma per muoversi come lui, occorre prima accoglierlo, riconoscerlo, dimorare in lui, riconoscersi in lui. Il buon tesoro del cuore è proprio lui, accolto, custodito. Ecco allora la prima deduzione: avere le parole di Gesù in cuore. Di sé Gesù dice: “Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita” (Gv 6,63). Le parole di spirito e vita sono le parole di misericordia e perdono; le parole di giudizio e condanna sono carne e morte.

VII Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – VII Domenica – (23 febbraio 2025)

Il brano evangelico di oggi è la traduzione pratica dello splendore delle beatitudini. Come le beatitudini sono espresse per paradossi, così le ammonizioni suonano paradossali. Nel fondo, si tratta di maturare un’umanità luminosa, calda, modellata su quella di Gesù, come verremo a conoscere dal seguito della narrazione evangelica. Due sono gli aspetti che si possono considerare. Dal punto di vista della pratica, è chiesto di non stare attaccati a niente, se si vuole godere di una benevolenza che riempie il cuore. Gli esempi dello schiaffo, del mantello e del prestito, dicono appunto questo: non trattenere nulla e sarai libero nel cuore. Libero per che cosa? E questo è il secondo aspetto: se non si cercano beni, affetti, gloria, a partire dal mondo e per riempire la scena del mondo, allora il cuore resta invaso dall’amore di Dio che lo attrae nella sua stessa dinamica di amore.

VI Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – VI Domenica – (16 febbraio 2025)

Il salterio inizia con “beato l’uomo …”. In ebraico ’ašre-ha’îš. È il nome di Adamo davanti a Eva quando si ritrova percorso da una gioia indicibile, gioia che non aveva trovato di fronte al mondo e agli animali. Il salmo 2, l’altro battente della porta del salterio, interpreta l’uomo giusto come il re messia, il Figlio eterno che raduna le genti. Il termine ebraico ‘beato’ si potrebbe rendere letteralmente: ‘in cammino’, ‘su, avanti’, ‘progredisci’. La felicità non è designata come una cosa, ma come un processo, un cammino che ha una meta, il cui raggiungimento produce quella felicità a cui il cuore anela. Se pensiamo che Gesù si è definito ‘via, verità e vita’, allora possiamo afferrare il senso della felicità per l’uomo quando cammina nella via tracciata da Gesù, nella verità d’amore da lui testimoniata, per la vita che si fa splendore di amore.

V Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – V Domenica – (9 febbraio 2025)

La liturgia di oggi abbina la vocazione dei primi apostoli alla vocazione del profeta Isaia. Le corrispondenze sono specialissime, se i brani si leggono nel loro contesto. Il profeta aveva già avuto visioni, ma non aveva ancora raccontato in quale visione è scattato qualcosa nel suo cuore da immaginare tutta la sua vita in funzione di un compito ricevuto da Dio stesso. In particolare, nel capitolo precedente, aveva composto un cantico d’amore del Diletto per la sua vigna. In quel contesto di scoperta dell’amore immenso di Dio per il suo popolo, avviene la visione della gloria di Dio che lascia il profeta esterrefatto, come annichilito, tanta è la coscienza della sua miseria. Ma sopraggiunge un serafino con il carbone ardente prelevato dal braciere dell’atrio del tempio per poggiarlo sulle sue labbra e purificarlo, vale a dire per farlo sentire in corrispondenza con la santità di Dio, che è tutto amore di misericordia per i suoi figli. A quel punto, di fronte al desiderio impetuoso di Dio di salvare il suo popolo, il profeta non può che proferire sommessamente: “Eccomi, manda me!”.