Ottavo ciclo
Anno liturgico C (2024-2025)
Tempo di Quaresima
V Domenica di Quaresima
(6 aprile 2025)
Is 43,16-21; Sal 125 (126); Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
La liturgia incastona la figura della donna adultera, perdonata, dentro una rete di allusioni della Scrittura che aiutano a comprendere cosa è avvenuto nel suo cuore. S. Agostino, commentando la finale di questo passo, che non viene riportato dalla maggioranza degli antichi codici e che non sembra conosciuto dalla tradizione patristica greca, riassume plasticamente la scena: “rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia”. La figura dell’adultera perdonata esprime bene la realtà dell’uomo, spesso sommerso dai suoi peccati, ma sempre desideroso di cielo, combattuto tra il bisogno della misericordia e la pretesa giustizia a salvaguardia di una presunta nobiltà da difendere contro i suoi fratelli. Il cuore di questa donna, nello spazio di una ritrovata dignità, percepita dal tono dolce con cui le viene rivolta la parola: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”, può ormai avvertire quello che il profeta Isaia proclama: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia. Non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” (Is 43,19). È da dentro l’intimità di benevolenza, con cui si è accolti, che si viene guariti dentro.
E sicuramente lei avrà sentito arrivare al cuore quello che Gesù aveva detto alla samaritana al pozzo di Giacobbe: “L’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14). Si realizzava la profezia di Zaccaria: “In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità” (Zc 13,1).
Dal punto di vista di Gesù, si realizza invece la profezia di Isaia: “Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi” (Is 43,1). Gesù si presenta come il Signore che con il suo amore perdonante plasma il suo popolo, salva e attira a sé il suo popolo, lo fa vivere nella comunione con il suo Dio. Quello che generalmente non riusciamo più a percepire in tale comportamento è l’aspetto nuziale dell’amore di Dio. Dio si presenta come lo Sposo che ama la sua sposa, che cerca la sua sposa, adultera, di cui non ricorda più i tradimenti, per ricrearla come una vergine sposa. La frase di Isaia va interpretata: il popolo al quale Dio ha perdonato le colpe (=plasmato) gioirà come la sposa, amata dal suo sposo (=celebra le lodi). Così è l’anima perdonata, che torna alla dignità dell’amore come una vergine sposata dal suo amato. Tale è la potenza, toccante, dell’amore di Dio.
Lo mostra l’antica colletta: “… perdona ogni nostra colpa e fa’ che rifiorisca nel nostro cuore il canto della gratitudine e della gioia”. Il segno dell’esperienza della benevolenza di Dio è dato dalla gratitudine e dalla gioia che costituiscono l’humus interiore del cuore, che si riconosce peccatore perdonato, perdonato davanti a Dio, peccatore davanti al prossimo. Non può esserci alcun titolo di pretesa nei confronti dei fratelli; anzi, come un’altra antica colletta domandava: “possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi”.
Il canto al vangelo “Ritornate a me con tutto il cuore, perché io sono misericordioso e pietoso” definisce splendidamente la scena dell’adultera perdonata. L’espressione è del profeta Gioiele 2,12-13, ma riprende la rivelazione del nome di Dio a Mosè sul Sinai raccontata in Es 34, dopo il peccato del vitello d’oro. “Ritornate a me” comporta il ritornare a Colui, di cui Paolo riporta l’esperienza di incontro: “ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. … So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro …” (Fil 3,8.13.14). Quando l’uomo si ritrova, caduti i giudizi umani, solo davanti al suo Signore, si sente rivolgere con voce dolce le stesse parole che risanano il cuore dell’adultera: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? … Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Il racconto evangelico sembra fatto apposta perché quella donna spiata, scoperta, strattonata, minacciata, giudicata, sia poi lasciata sola davanti a Gesù, per essere perdonata.
La logica interiore di quella esperienza la descrive bene Paolo nel passo che ho appena riportato. Non puoi più stare riverso sul tuo passato, ormai abbandonato alla polvere: non puoi che guardare al futuro di Dio che viene a te nella condivisione del suo progetto di bene e di salvezza. In questo senso, il particolare dello scrivere per terra di Gesù è spiegato in un codice del IX secolo: “scriveva per terra i peccati di ciascuno di loro”. Già s. Girolamo aveva commentato: “Naturalmente parla dei peccati degli accusatori e di tutti i mortali, secondo quanto sta scritto nel profeta: ‘Quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere’ (Ger 17,13)”. Sembra che il verbo greco abbia il senso di tracciare una serie di trattini, come fare una lista. Gesù rimane chino a lungo nell’attesa che gli accusatori si rendano conto della impossibile posizione in cui si sono arroccati. Di fronte all’insistenza nella loro durezza di cuore, si alza e rivolge loro la parola: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”.
Così, tutto ciò che di male abbiamo commesso, se lo mettiamo davanti al Signore Gesù, resta scritto nella polvere. Soltanto però il male riconosciuto; il male che non viene nascosto o giustificato resta scritto sulla polvere! Il male non riconosciuto, che si annida nelle rivendicazioni irose o latenti, resta in cuore e impedisce la scoperta della benevolenza di Dio. Tutti gli accusatori della donna se ne devono andare perché, effettivamente, non sono così stupidi da immaginare di essere senza peccato. Ma essi non hanno potuto fare esperienza della benevolenza di Dio.
Alla fin fine, Gesù ridà senso al dramma del peccato. Il peccato non è una semplice trasgressione della legge né una questione personale di inclinazioni o scelte. Con il peccato non è in gioco semplicemente la nostra vera o supposta rettitudine, bensì la nostra fiducia nella promessa di Dio per noi. Se l’uomo viene condannato per il suo peccato, gli si impedisce di credere alla promessa di Dio per lui; e lo stesso avviene se il peccato è banalizzato. Invece, il peccato, riconosciuto da dentro una relazione col proprio Dio, diventa la porta della grazia, la scoperta del suo amore perdonante.
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura
Ecco, io faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo.
Dal libro del profeta Isaìa
Is 43,16-21
Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 125 (126)
R. Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. R.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. R.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. R.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. R.
Seconda Lettura
A motivo di Cristo, ritengo che tutto sia una perdita, facendomi conforme alla sua morte.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fil 3,8-14
Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore,
perché io sono misericordioso e pietoso. (Cf. Gl 2,12-13)
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Vangelo
Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.
Dal vangelo secondo Giovanni
Gv 8,1-11
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Parola del Signore.