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Ottavo ciclo
Anno liturgico C (2024-2025)
Tempo Ordinario

VII Domenica
(23 febbraio 2025)


1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23; Sal 102 (103); 1Cor 15,45-49; Lc 6,27-38


Il brano evangelico di oggi è la traduzione pratica dello splendore delle beatitudini. Come le beatitudini sono espresse per paradossi, così le ammonizioni suonano paradossali. Nel fondo, si tratta di maturare un’umanità luminosa, calda, modellata su quella di Gesù, come verremo a conoscere dal seguito della narrazione evangelica. Due sono gli aspetti che si possono considerare. Dal punto di vista della pratica, è chiesto di non stare attaccati a niente, se si vuole godere di una benevolenza che riempie il cuore. Gli esempi dello schiaffo, del mantello e del prestito, dicono appunto questo: non trattenere nulla e sarai libero nel cuore. Libero per che cosa? E questo è il secondo aspetto: se non si cercano beni, affetti, gloria, a partire dal mondo e per riempire la scena del mondo, allora il cuore resta invaso dall’amore di Dio che lo attrae nella sua stessa dinamica di amore. Come esemplifica Gesù: può amare i nemici, fare il bene comunque, benedire sempre, restare solidali con tutti e con tutto il cuore.
Il movimento sotterraneo, di cui il cuore diventerà capace, sarà quello di custodire la dignità di ogni uomo davanti a Dio, di onorare in ogni uomo la sua dignità di figlio di Dio. È quanto Gesù dice alla fine: siate figli dell’Altissimo, cioè misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso. A tale profonda dignità rimandano le parole di Gesù. Nella traduzione italiana delle parole di Gesù mi sembra ci sia qualcosa che sfugge. Vorrei provare a mettere in risalto alcune sfumature.
‘Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro’. Gesù non invita semplicemente al fare, ma al sentire benevolo. Non si tratta solo di fare del bene, ma di sentire intimamente il bene per il prossimo, secondo le corde segrete che ci costituiscono in un ben-essere. Non si tratta di fare cose buone, ma di essere buoni. E questo sarà possibile nell’esperienza che Dio è buono nell’accoglierci nel suo perdono.
‘Fate del bene a coloro che vi odiano’ suonerebbe piuttosto ‘agite in modo che risplenda il bene per coloro che vi odiano’, dove ‘bene’ non è complemento oggetto ma avverbio.
‘Benedite coloro che vi maledicono’ andrebbe più semplicemente resa con ‘dite bene di quanti imprecano contro di voi’, per non perdere questa sfumatura di senso: portate in pace la maledizione che vi viene dagli uomini senza scadere nella vendetta delle parole; mantenete il cuore nella pace senza corromperlo con la rabbia di parole insolenti; non ricambiate con parole amare chi vi amareggia, con parole irose chi vi ferisce, né in voi stessi né in presenza d’altri, custodendo l’onore per la persona che l’ha calpestato. Ma c’è ancora un’altra sfumatura: sappiate vedere bene la persona che vi maledice oltre la cosa cattiva che sta facendo contro di voi; sappiate custodire il bene anche in chi vi viene contro, perché la sua realtà non si esaurisce nel male che sta compiendo; sappiate scorgere e lodare il bene ovunque.
‘Pregate per coloro che vi maltrattano’ andrebbe reso: ‘pregate per coloro che vi calunniano’ (come l’antica versione latina riportava: orate pro calumniantibus vos) ad indicare la risposta al male più subdolo che produce tristezza. È l’ultima tentazione contro la carità, come dicono molto realisticamente i padri. Si può sopportare l’attacco diretto del nemico, si può tacere di fronte a chi ti insulta, ma resistere alla tristezza che ti invade quando sei calunniato per malevolenza e invidia (questo è infatti il significato del verbo greco usato da Luca) e proprio da chi ha ricevuto il tuo bene, sembra sovrumano; allora, solo la preghiera confidente in Dio può custodire il tuo cuore.
Gesù declina il grande comandamento, quello di amare ‘senza confini’, nelle azioni, nelle parole, nel cuore. L’espressione più caratteristica dell’intero brano, che stabilisce il criterio di discernimento per il discepolo di Gesù, suona: ‘quale gratitudine vi è dovuta?’ (La versione precedente portava: che merito ne avrete?). Si potrebbe rendere: ‘quale grazia avete?’ oppure ‘qual è la vostra grazia?’ (come sottolinea l’antica versione latina, fedele al testo greco: ‘quae vobis est gratia?’). L’espressione è ripetuta tre volte nel testo e costituisce la discriminante tra il discepolo di Cristo e il pagano. Ma la discriminante di che cosa? Questo è il punto. Ed è l’interrogativo di fondo di tutto il brano: quale grazia risplende nel vostro agire? ‘Grazia’ rivela un tipo di esperienza, quella che procede dalla beatitudine promessa da Gesù e che il discepolo condivide con Lui. Quella di chi, incontrando l’Inviato di Dio, riconoscendo in lui la prossimità di Dio per l’uomo, ne è rimasto folgorato, come dirà Giovanni: “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio … il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria” (Gv 1,12.14).
È l’esperienza, in Gesù Salvatore, della benevolenza di Dio per l’uomo, della gratuità del perdono ricevuto, della dignità ritrovata per l’amore che ci ha rifatti da dentro. È da dentro quell’esperienza che scaturisce l’energia di un amore che non si lascia limitare o soffocare da niente e da nessuno. E quando quell’amore risplende non si può non domandare: “quale grazia rivela? Di quale grazia è l’espressione?”. Le situazioni limite addotte da Gesù (amare i nemici, benedire chi ti maledice, pregare per chi ti calunnia…) rivelano la ‘normalità’ di un cuore ormai conquistato alla dinamica divina e per questo significative del discepolo di Cristo.
E per dare il senso della estensione del suo invito conclude: “con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”. Gli aggettivi ‘pigiata, colma e traboccante’ alludono alla misura di capacità delle granaglie quando il recipiente, riempito fino all’orlo, è schiacciato e scosso per farcene stare ancora un po’ e aggiungerne fino a ottenere un piccolo colmo in superficie. Il bene non sia misurato da nulla se non dall’infinità di Dio che dà gratuitamente senza condizioni previe.
Il collegamento con la prima lettura lo deduco da un passo che è stato omesso dalla proclamazione di oggi e che Davide porta a giustificazione del suo comportamento: “Ed ecco, come è stata preziosa [nell’antica versione greca: ‘come è stata resa grande’] oggi la tua vita ai miei occhi, così sia preziosa [sia resa grande] la mia vita agli occhi del Signore ed egli [mi protegga] e mi liberi da ogni angustia” (1Sam 26,24). Potremmo spiegare: nessuna cosa, oggetto o affetto, sia motivo di offesa del fratello perché su tutto prevalga l’amore che il Signore ci ha fatto conoscere in Cristo Gesù. Allora la richiesta insistente a Dio, nella preghiera della chiesa, non è tanto quella di avere un cuore generoso, di avere un amore per tutti, ma piuttosto quella che il Suo Volto si riveli al nostro cuore per essere attratti a vivere nello splendore di quell’amore, che ci ha toccati e che non ha misura.


I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura
Il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano.

Dal primo libro di Samuèle
1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23

In quei giorni, Saul si mosse e scese nel deserto di Zif, conducendo con sé tremila uomini scelti d’Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif.
Davide e Abisài scesero tra quella gente di notte ed ecco, Saul dormiva profondamente tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra presso il suo capo, mentre Abner con la truppa dormiva all’intorno. Abisài disse a Davide: «Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo». Ma Davide disse ad Abisài: «ANon ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?».
Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che era presso il capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore.
Davide passò dall’altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era una grande distanza tra loro.
Davide gridò: «Ecco la lancia del re: passi qui uno dei servitori e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore».

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Salmo 102 (103)

R. Il Signore è buono e grande nell’amore.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe. R.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. R.

Seconda Lettura
Come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
1Cor 15,45-49
Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.
Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.
Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti.
E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.

Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. (Gv 13,34)

Alleluia.

Vangelo
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Dal vangelo secondo Luca
Lc 6,27-38
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.
Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Parola del Signore.