XXXIV Domenica T.O.

Anno liturgico C (2021-2022) – Tempo Ordinario – XXXIV Domenica (20 novembre 2022)

Nel brano di oggi, al centro, ci sono i due malfattori, l’empio e il pio, che riassumono le due possibili visioni: l’empio si accoda, rivendicando, alla visione di scherno dei capi e dei soldati; il pio invece sa scorgere il mistero e si abbandona fiducioso. Cosa ha visto quel malfattore pio, che l’iconografia cristiana rappresenta come colui che in paradiso aspetta l’ingresso di tutti i santi, da indurlo a pregare quel condannato: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”? Segnalo intanto che questa è l’unica volta in tutto il Nuovo Testamento che uno si rivolge a Gesù con il suo solo nome, a indicare la comunanza di destino e la confidenza totale. Il fatto è che, di fronte a quell’uomo ingiustamente condannato, eppur così mite, vede la propria storia rovinosa e senza perdersi in rivendicazioni ormai inutili, crudeli perfino, accoglie in pace la sua sorte perché può aprirla su qualcosa di più grande. Parla senza alcuna pretesa, non chiede di essere liberato dalla sua condanna, semplicemente si affida: ricordati! Leggo il grido dell’umanità sofferente, che parla da dentro la coscienza della propria colpevolezza, ma capace ancora di affidarsi e di invocare: ricordati di me!

XXXIII Domenica T.O.

Anno liturgico C (2021-2022) – Tempo Ordinario – XXXIII Domenica (13 novembre 2022)

[…] dice Gesù, alla fine del suo ultimo discorso pubblico: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”. Intendendo: se affinerete lo sguardo e il cuore sarà incollato all’amore di Dio che in Gesù si è manifestato, allora attraverserete tutte le afflizioni della vita in modo da rimanere in intimità con lui come lui rimarrà in intimità con voi. E proprio perché si è vegliato con la preghiera si sarà stati capaci di sfruttare le varie occasioni per dare testimonianza dell’amore di quel Figlio, nel cui nome si sarà stati capaci di sopportare afflizioni e prove, in modo da sentire vera la dichiarazione di Gesù: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

XXXII Domenica T.O.

Anno liturgico C (2021-2022) – Tempo Ordinario – XXXII Domenica (6 novembre 2022)

Sembra che l’ultimo sigillo all’insegnamento di Gesù sia la formulazione di Dio come Dio dei vivi, Dio della vita, Dio della vita abbondante. Nel vangelo di Giovanni questa verità è sottolineata molte volte, fin dal prologo, dove i termini Logos, Dio, Vita Luce, si equivalgono. In particolare, la vita, che da Dio proviene e che costituisce la sua caratteristica precipua, è la realtà del suo amore infinito. Tanto che Paolo, quando invita a diventare coeredi di Cristo, si riferisce al Risorto, al Vivente, sul quale la morte non ha più potere. E la vita è concepita in termini di amore splendente, di amore sconfinato. Cosa che Origene, nel suo commento a Giosuè, commenta in riferimento a noi: “Magari venisse concessa anche a me l’eredità di Abramo, Isacco, Giacobbe e divenisse mio il mio Dio allo stesso modo che è diventato Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, in Cristo Gesù, Signore nostro”.

Tutti i Santi

Anno liturgico C (2021-2022) – Solennità e feste – Tutti i Santi – (1 novembre 2022)

Mi ha sempre colpito leggere nelle cronache della città di Siena l’esperienza esaltante degli abitanti della città quando, nel 1311, la grande pala (tre metri per cinque) della Maestà di Duccio da Buoninsegna fu scortata in trionfo dalla bottega dell’artista alla cattedrale, tra gli applausi della cittadinanza. La visione di tutti quei santi schierati a destra e a sinistra del trono dove, in Maria, la natura umana viene rivelata come degna dimora dello Spirito, portatrice del Figlio dell’Altissimo, doveva suscitare l’impressione di trovarsi già partecipi della loro compagnia e del loro tripudio. Oggi, forse, non avvertiamo più l’attrazione del cielo allo stesso modo, ma la speranza, di cui era portatrice quell’attrazione, è ancora necessaria per vivere e cogliere il senso della nostra vita.

XXXI Domenica T.O.

Anno liturgico C (2021-2022) – Tempo Ordinario – XXXI Domenica (30 ottobre 2022)

Ogni atto buono, ogni scelta di fare il bene, mira in ultima analisi a un incontro. Quando preghiamo nella colletta: “… porta a compimento ogni nostra volontà di bene…”, è come se domandassimo: fa’ che il bene che operiamo si risolva nella visione di te. Desiderare il bene non comporta solo il fatto di muoversi a farlo, ma di farlo in modo tale che si riveli al nostro cuore il Volto di Dio. Fare il bene comporta sempre un incontrare il nostro Dio, che vuole la salvezza di tutti. Così, quando Gesù arriva sotto l’albero dove è salito Zaccheo e lo invita a riceverlo nella sua casa, in realtà non è Gesù che va nella casa di Zaccheo, ma Zaccheo che viene nella casa di Gesù. Avviene come per l’Eucaristia: ci avviciniamo all’altare per mangiare il Corpo del Signore, ma in realtà è lui che mangia noi, che ci assimila a sé. La decisione di Zaccheo di dare la metà dei suoi beni ai poveri e di restituire quattro volte tanto il maltolto, esprime la gioia di trovarsi ormai nella casa di Gesù, nel mistero cioè di quella fraternità che svela il Volto di Dio agli uomini.

XXX Domenica T.O.

Anno liturgico C (2021-2022) – Tempo Ordinario – XXX Domenica (23 ottobre 2022)

La verità del regno che Gesù fa conoscere sta nella riconciliazione tra Dio e l’uomo. Ecco, la riconciliazione, che fa accedere alla comunione con Dio, comporta il ritornare a essere luminosi in umanità perché Dio è il Padre delle misericordie, è il Padre misericordioso. La domanda, di conseguenza, suona: la preghiera del fariseo fa presagire questo ritorno alla luminosità in umanità? Non pare proprio. Primo, perché la sua preghiera non esalta la figura del Padre; secondo, perché non torna a stare solidale con i suoi fratelli, tutti figli dell’unico Padre. In lui, la persuasione del suo praticare la Legge, sicuramente suo merito, lavora nel senso della separazione, della distanza con il proprio fratello perché il suo agire non è teso ad esaltare la figura del Padre, ma più semplicemente e più perversamente ad esibire la sua propria giustizia. Ma l’uomo può esibire una sua giustizia davanti a Dio, per il quale, come dice il profeta: “Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia” (Is 64,5)? Non può che umilmente riconoscere, come celebra il salmo, che “il Signore è vicino a chi ha il cuore contrito, egli salva gli spiriti affranti” (Sal 34,19).