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Settimo ciclo

Anno liturgico C (2021-2022)

Tempo Ordinario

XXXIII Domenica

(13 novembre 2022)

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Ml 3,19-20a;  Sal 97 (98);  2Ts 3,7-12;  Lc 21,5-19

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Nella narrazione di Luca, queste parole di Gesù sono le ultime del suo ministero pubblico. Subito dopo inizia il racconto della passione. Si potrebbero leggere come l’ultimo, pressante avvertimento di Gesù ad alzare lo sguardo per riconoscere l’opera di Dio che in lui si compie. Il tono accorato, drammatico, che sembra preludere a una trasformazione del mondo inaspettata, invita però ad una fiducia incrollabile nell’amore di Dio che si sta manifestando nel suo splendore assoluto.

Il brano del profeta Malachia, l’ultimo libro dell’Antico Testamento nel canone cristiano, introduce direttamente al giorno del Signore che presto sorgerà. Sarà terribile, ma non per i terrori che invaderanno i cuori, ma per la straordinarietà degli eventi che lo caratterizzeranno: sarà vinta la morte con la morte del Figlio dell’uomo, lui, che è il sole di giustizia dai raggi benefici. È chiaro che, per cogliere quella straordinarietà, si dovrà fare quello che dice il canto al vangelo: “Risollevatevi e alzate il capo”. Come dice Gesù, alla fine del suo ultimo discorso pubblico: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”. Intendendo: se affinerete lo sguardo e il cuore sarà incollato all’amore di Dio che in Gesù si è manifestato, allora attraverserete tutte le afflizioni della vita in modo da rimanere in intimità con lui come lui rimarrà in intimità con voi. E proprio perché si è vegliato con la preghiera si sarà stati capaci di sfruttare le varie occasioni per dare testimonianza dell’amore di quel Figlio, nel cui nome si sarà stati capaci di sopportare afflizioni e prove, in modo da sentire vera la dichiarazione di Gesù: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

L’aspetto singolare del brano deriva dal contrasto tra i terrori annunciati e la fiducia inculcata, aspetto che la liturgia si premura di sottolineare. L’antifona d’ingresso canta con il profeta Geremia: “Io ho progetti di pace e non di sventura” (Ger 29,11); l’antica colletta: “Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura”; l’antifona alla comunione: “Il mio bene è stare vicino a Dio, nel Signore Dio riporre la mia speranza”.

Gesù mette in guardia contro il pericolo di seduzione sempre in agguato: “Badate di non lasciarvi ingannare”. Il riferimento è ai drammi e ai rivolgimenti che segneranno la storia. In che cosa si può essere ingannati? In almeno due cose. La prima, è di interpretare la situazione come il segnale della venuta imminente del regno di Dio che ristabilirà la giustizia premiando i buoni e castigando i cattivi. La seconda, è di cedere allo sconforto e alla disperazione per l’abbandono di Dio.

Il senso del brano evangelico è un’introduzione al mistero della fedeltà dei credenti, fedeltà che nasce da una sapienza ricercata e che si gioca in una vigilanza capace di attraversare le prove e i tormenti della storia. La storia è piena di tormenti, i tormenti però non sono per la morte, ma perché si svelino i segreti di Dio. Se il profeta Malachia parla del giorno rovente del Signore, lo fa nell’ottica della salvezza di coloro che hanno fatto memoria della parola del Signore, tanto che si realizza la promessa di Dio: ‘Essi diverranno la mia proprietà’ (Mal 3,17). È un’espressione tipica per definire l’elezione del popolo di Israele, da intendersi: finalmente potranno gustare l’alleanza di Dio in tutta intimità e riposo. Tale profezia i vangeli mostrano realizzata in Gesù, per cui la conversione a lui introduce negli eventi della fine, intendendo: in lui è sigillata l’alleanza di Dio godibile per l’uomo. E stando in lui (“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” Gv 15,9-11) ci si accorgerà di quello che significa essere ‘proprietà’ di Dio, secondo la definizione del profeta Malachia.

Allora il segreto da condividere non è che quell’immenso amore svelato nel Cristo che nulla e nessuno potrà rapire. Lo scenario delineato, l’unico possibile rispetto alla potenza dell’amore che dal Cristo deriva e che diventa la nostra ragione di vita finché tutto e tutti possano goderlo, non resta che quello del martirio, cioè della testimonianza. Fatto, che anche le cronache quotidiane di questi ultimi anni ci rammentano con evidenza a proposito dei nostri fratelli di fede in certe parti del mondo. D’altra parte, il dire ‘finché tutto e tutti possano goderlo’ significa accettare ogni forma di avversità e tormento nell’ottica di vivere la potenza di quell’amore comunque. Significa vivere quell’amore fino alla fine, vale a dire fino a che il segreto che comporta si sveli in tutta la sua potenza, per me come per tutti.

È chiaro allora che la perseveranza a cui Gesù ci invita (“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”) non allude a uno sforzo di tenacia ma a una verità di esperienza: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20), le parole conclusive del vangelo. Perseveranza, che in greco comporta la sfumatura della pazienza nel tempo, va coniugata con Presenza. In effetti, ciò che colpisce nel brano odierno non sono le predizioni dei tormenti, ma la fiducia che ci deriva dall’attraversarli in compagnia di Colui che abbiamo conosciuto essere l’Inviato di Dio, il Figlio di Dio, nato-morto-risorto per noi, come sottolinea all’evidenza l’espressione paradossale: “Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”.

In gioco, nella storia, è appunto la fedeltà a Colui che il nostro cuore ha scoperto essere il sigillo della misericordia di Dio per noi, a Colui che per noi è diventato radice di vita e di sentimenti a tal punto da farci conoscere contemporaneamente il riposo e l’angoscia dell’amore, non potendo tollerare che nessuno ne resti privo per causa nostra. Tanto che il modo più sicuro di vivere del riposo dell’amore è quello di non rifiutarlo a nessuno. La perseveranza ha a che fare con questa tensione dell’amore, che non è semplicemente la durata nel tempo, ma la tenuta di qualità dell’amore nel tempo e nelle prove. Così, perseveranza o pazienza hanno sempre a che vedere con la presenza del Signore, generatore di letizia, accanto a noi, nelle prove. È tale presenza che salva le nostre vite, che ci impedisce di intristire e di fallire nella realizzazione della nostra vocazione all’umanità. Se nemmeno un capello del nostro capo andrà perduto, non è per invitarci alla speranza, vanesia, che i tormenti non ci toccheranno, ma, al contrario, che nemmeno i tormenti ci ruberanno la confidenza ottenuta e non ci muoveranno ad agire contro il suo amore, come del resto è stato per lui, che non ha agito contro di noi, nella sua passione e morte.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Ml 3,19-20a

Dal libro del profeta Malachìa

Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.

Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.

Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 97 (98)

R. Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

Cantate inni al Signore con la cetra,

con la cetra e al suono di strumenti a corde;

con le trombe e al suono del corno

acclamate davanti al re, il Signore. R.

Risuoni il mare e quanto racchiude,

il mondo e i suoi abitanti.

I fiumi battano le mani,

esultino insieme le montagne

davanti al Signore che viene a giudicare la terra. R.

Giudicherà il mondo con giustizia

e i popoli con rettitudine. R.

Seconda Lettura  2 Ts 3,7-12

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.

Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.

Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

Vangelo  Lc 21,5-19

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.

Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.

Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».