XXVII Domenica T.O.

Anno liturgico C (2021-2022) – Tempo Ordinario – XXVII Domenica (2 ottobre 2022)

In effetti, tutta la liturgia di oggi mira a svelare la struttura del cuore dell’uomo che si gioca nella fede. Il profeta Abacuc proclama: “Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede”, nel contesto della prova che il giusto subisce e del ritardo di Dio a rispondere, ma fiducioso nella promessa del suo Dio. Il profeta si sta lamentando con il suo Dio della violenza che imperversa e non comprende perché Dio taccia e resti lontano. È l’epoca della conquista di Gerusalemme da parte dei babilonesi. Poi riflette, rivà alla storia di Israele e riscopre la fedeltà di Dio nel tempo, per cui si apre alla fiducia. L’animo retto si riferisce alla fede nelle promesse di Dio proprio quando imperversa la prova.

L’Apocalisse nel mondo russo

Seconda puntata di approfondimento dell’ideologia del mondo Russo. p. Elia Citterio intervista p. Stefano Caprio La guerra in Ucraina è entrata in una nuova fase: l’esercito di Kiev sta riconquistando territori perduti, il potere di Putin sembra vacillare,...

XXVI Domenica T.O.

Anno liturgico C (2021-2022) – Tempo Ordinario – XXVI Domenica (25 settembre 2022)

[…] una colletta della messa nel rito ambrosiano: “… conferma in noi la grazia della tua libertà”. Vedere nei comandamenti la possibilità di sperimentare l’amore di Dio per noi e la fraternità con gli uomini comporta il dono di una grande libertà, quella che ci deriva dal Signore Gesù Cristo che, rivelandoci il suo Volto dà anche a noi un volto in cui specchiarsi, riconoscersi e ritrovarsi. È la libertà che il cuore respira quando i suoi pensieri si accostano ai pensieri di Dio, quando i suoi pensieri si intessono con i pensieri di Dio e cade l’illusione di potenza, di sufficienza, di dominio per aprirci orizzonti nuovi e lucidità di visione e calore di rapporti.

XXV Domenica T.O.

Anno liturgico C (2021-2022) – Tempo Ordinario – XXV Domenica (18 settembre 2022)

Il padrone della parabola è Dio che affida i suoi beni a noi come amministratori, ai quali a suo tempo chiederà conto. Se nessuno di noi è proprietario a titolo assoluto dei beni che usa temporaneamente, la prima conseguenza sarà quella di possederli senza che essi possiedano noi. L’avido, che consacra la sua vita ai beni, scava un fossato incolmabile tra lui e la felicità. Dato però che l’uomo vuole la felicità, l’accortezza consisterà nell’invertire la dinamica perversa che si era instaurata: invece di consacrare la vita ai beni, consacrerà i beni alla vita e ciò avverrà nella disponibilità a condividerli. In particolare, la solerzia si giocherà sul fatto che, non potendo rabbonire direttamente il padrone perché l’ammanco sarà risultato insolubile, si cercherà di carpire la sua lode con il condonare i debiti ai compagni. La parabola può essere letta come un’illustrazione della richiesta del Padre Nostro: ‘rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori’. La solerzia della santità sta non nel fatto di rispondere davanti alle proprie mancanze con il tentativo, impossibile, data l’ampiezza dell’ammanco, di saldare i propri debiti, bensì nel fatto di condonare i debiti altrui per trovare ancora il favore del padrone.