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Sesto ciclo

Anno liturgico A (2016-2017)

Tempo Ordinario

XIII Domenica

(2 luglio 2017)

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2 Re 4,8-11.14-16a;  Sal 88;  Rm 6,3-4,8-11;  Mt 10,37-42

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In due occasioni Gesù invita a prendere la propria croce e a seguirlo. La prima, che viene proclamata oggi, allorquando Gesù istruisce i discepoli che manda in missione. Dopo aver ricordato loro che saranno perseguitati, che lui non è venuto a portare pace sulla terra ma spada e che la fede in lui sopravanza l’amore per i propri cari (l’amore per i propri cari non può essere ragione sufficiente per separarsi da lui), Gesù invita: “chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me” (Mt 10,38). La seconda, in occasione della confessione di Pietro a Cesarea, quando Gesù decide di rivelare la sua prossima passione e redarguisce l’apostolo per aver pensato in termini mondani: “Va’ dietro a me, Satana!” e allarga a tutti l’ammonizione: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,23-24). L’evangelista Luca, invece, nel capitolo 14, ricorda l’ingiunzione di Gesù a portare la croce come la firma alla parabola del saper calcolare se si hanno i mezzi sufficienti a costruire una torre (la sequela di Gesù comporta una prospettiva di vita, non semplicemente un’emozione o un entusiasmo del momento) e alla ricerca dell’ultimo posto come espressione di sapienza evangelica. In ogni caso, il prendere la croce ha a che fare con il voler essere discepolo di Gesù, con il voler stare dove lui sta, con l’andare dove lui va. Non si tratta di pazientare con la propria croce, ma di cogliere il segreto che regge questo invito: cosa cerchi? Dove vuoi arrivare? Per quale tesoro ti angosci? Si tratta di cogliere la promessa che sta racchiusa in ogni parola di Gesù: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25,34). Il prendere la croce vuol dire portare ogni cosa in vista di godere di quel regno, non nell’attesa del regno che verrà, ma del regno che è davanti a noi, che è alla nostra portata, perché Gesù ce lo apre. Così il discepolo rinuncia a tutti i beni, non nel senso che non ne gode, ma nel senso che non li preferisce all’amore di Gesù, nel senso che non ne fa motivo di ira e tristezza se gli vengono tolti pur di custodire la sequela di Gesù. Senza percepire però la verità e l’emozione interiore della promessa del regno non sarà possibile prendere la propria croce e andar dietro Gesù.

Proprio per questo risulta particolarmente consolante l’applicazione che Gesù fa delle sue parole: “Chi accoglie voi accoglie me …. Chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto … chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua … non perderà la propria ricompensa” (Mt 10,40-42). La prima applicazione è per coloro che non credono ancora a lui e ricevono con benevolenza chi parla loro bene di lui. Avranno la stessa ricompensa dei credenti in lui, tanto lui ritiene fatto a sé ogni gesto in favore dei suoi inviati. Ma c’è un significato ancora più misterioso e consolante, che si potrebbe spiegare così. Se si guarda a un uomo come a un giusto (vale a dire, non lo si giudica mai a partire da un’accusa o da un sospetto) si ha la possibilità di avere la ricompensa del giusto. Anche in questo caso Gesù si identifica con ogni uomo, suo fratello. Ogni benevolenza usata nei confronti di quell’uomo egli la ritiene fatta a sé. E la ricompensa del giusto è quella di godere dell’intimità col proprio Signore. Così, quando un uomo si pone con benevolenza verso un altro uomo, si trattasse pure di un semplice bicchier d’acqua offerto gentilmente, si ottengono due effetti straordinari: primo, io sarò trattato da giusto dal Signore (i miei peccati saranno perdonati); due, quell’uomo, fosse cattivo, nel tempo del giudizio, avrà una voce in suo favore e Dio ne terrà conto. È il principio di solidarietà con l’umanità che i santi hanno sempre insegnato. Non ci si salva da soli né ci si salva sulla base di propri exploit, ma sulla base della benevolenza usata ai nostri fratelli, perché quella benevolenza onora la paternità di Dio.

San Paolo, per riassumere questa sapienza evangelica, non troverà di meglio che definirla così: “La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio … Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,18.25). Di modo che: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14). Da intendere: nel mondo non c’è nulla da preferire all’amore di Gesù e in me non c’è nulla che può essere portato a compimento se non con Gesù.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  2 Re 4,8-11.14-16a

Dal secondo libro del Re

Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era una donna facoltosa, che l’invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. Essa disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare».

Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e vi si coricò.

Eliseo chiese a Giezi suo servo: «Che cosa si può fare per questa donna?». Il servo disse: «Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; essa si fermò sulla porta. Allora disse: «L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 88

Canterò per sempre la tua misericordia.

Canterò senza fine le grazie del Signore,

con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,

perché hai detto: «La mia grazia rimane per sempre» ;

la tua fedeltà è fondata nei cieli.

Beato il popolo che ti sa acclamare

e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:

esulta tutto il giorno nel tuo nome,

nella tua giustizia trova la sua gloria.

Perché tu sei il vanto della sua forza

e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.

Perché del Signore è il nostro scudo,

il nostro re, del Santo d’Israele.

Seconda Lettura  Rm 6, 3-4. 8-11

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.

Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui.

Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio.

Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

 

Vangelo  Mt 10, 37-42

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.

Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.

Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.

E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».