Ottavo ciclo
Anno liturgico C (2024-2025)
Tempo di Pasqua
II Domenica di Pasqua
(27 aprile 2025)
At 5,12-16; Sal 117 (118); Ap 1,9-19; Gv 20,19-31
Sono molti i passaggi significativi della liturgia dell’ottava di Pasqua, incentrata sulla testimonianza di Tommaso e consacrata al mistero della misericordia di Dio per l’uomo. La liturgia bizantina commenta con immagini singolari l’evento per trasmettercene tutta la potenza. Una domanda vi risuona insistente a proposito dell’audacia di Tommaso: come poté toccare e non restare bruciato? “O straordinario prodigio! Il fieno ha toccato il fuoco ed è rimasto indenne. Tommaso ha infatti messo la mano nel costato igneo di Gesù Cristo Dio e non è stato bruciato da questo contatto…”; “Chi impedì che la mano del discepolo si fondesse quando l’accostò al fianco infuocato del Signore? Chi le diede l’ardire e la forza di tastare ossa fiammeggianti? Fu il costato stesso che egli toccò. Se quel costato non avesse trasmesso il potere a una destra di fango, come avrebbe potuto toccare il segno dei patimenti che avevano scosso le regioni superiori e inferiori?”. La liturgia drammatizza l’evento per mostrarcene il mistero. Da parte di Tommaso non si tratta di un semplice ‘riconoscimento’, come da parte nostra non si tratta di un semplice riconoscere vera la risurrezione di Gesù. Il coinvolgimento è molto più profondo e misterioso.
La valenza simbolica del suo mettere la mano nel costato di Gesù è la medesima del reclinarsi di Giovanni sul petto di Gesù nell’ultima cena: “O straordinario prodigio! Giovanni ha riposato sul petto del Verbo, Tommaso ha ottenuto di toccare il suo costato: e l’uno ne ha tremendamente tratto l’abisso della teologia, mentre l’altro è stato reso degno di iniziarci all’economia, perché chiaramente ci presenta le prove della sua risurrezione … Attingendo ricchezza dal tesoro inesauribile, o Benefattore, del tuo divino fianco trafitto dalla lancia, Didimo ha riempito il mondo di sapienza e conoscenza”.
Il rifiuto di accettare la testimonianza dei compagni non procede da una chiusura, ma da un cuore che ha preso molto sul serio la vicenda di Gesù e vuole esserne coinvolto direttamente. Quando Gesù, ricomparendo, gli dice di mettere la mano nel costato e nelle cicatrici, non ha bisogno di ricredersi, di scusarsi: è tutto teso a quel Signore, che ha sempre voluto seguire e che ora riconosce per davvero “mio Signore e mio Dio”, la più solenne professione di fede del vangelo di Giovanni e, nello stesso tempo, la più intima delle professioni. In quel mio c’è tutto l’anelito del suo cuore, la sua appassionata esperienza di Lui; in quel Signore e Dio, c’è tutta la rivelazione di Gesù al suo cuore, l’intelligenza di tutte le Scritture, come tutti i racconti di risurrezione annotano: ‘aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture’. Se da parte di Gesù, il suo rivolgersi ai discepoli e poi a Tommaso con il mostrare le sue cicatrici significa: ‘sono proprio io, colui che per voi, per te, ha patito’, il riconoscimento da parte dei discepoli significa: ‘Dio ha proprio amato il mondo, le nostre vite hanno solo senso come risposta a quell’amore, che in Gesù ha svelato il vero volto di Dio pieno di accondiscendenza per gli uomini; solo l’amore che da Lui deriva e a Lui si volge sazia il cuore fino alla letizia di vedere che tutti i cuori si possano di Lui saziare’.
Ancora commenta la liturgia bizantina: “Non invano Tommaso dubitò e non accolse la tua risurrezione, o Cristo, ma si affrettò a renderla indiscutibile per tutte le genti. Così, dando certezza a tutti con la sua incredulità, insegnò a dire: Tu sei il Signore, il sovraesaltato Dio dei padri e Dio nostro, benedetto sei tu”. Il racconto si conclude annotando che i segni riportati nel vangelo “sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. L’affermazione richiama l’inizio del vangelo: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”, sulla base proprio della testimonianza di Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”.
Per tutta l’ottava la liturgia aveva introdotto la proclamazione del vangelo con i racconti delle apparizioni del Risorto: “Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo”. Ora si aggiunge: “eterna è la sua misericordia”. Ciò significa che con la risurrezione di Gesù, non soltanto si dichiara che Dio sarà eternamente fedele alla sua misericordia, che la sua misericordia durerà per sempre, ma soprattutto che, essendo la sua misericordia dall’eternità, si trova alle origini del nostro mondo, ne racchiude il senso e il mistero fino alla fine, finché il mondo sussisterà. Gesù rivela la verità di questa realtà e Tommaso si situa in quella verità con la sua sussurrata e potentissima confessione di fede: mio Signore e mio Dio.
Da questo punto di vista, collegare la testimonianza di Tommaso al giorno ottavo comporta un altro mistero. Lo spiega Basilio Magno: “Inoltre, la si può chiamare ‘ottava’, in quanto ‘icona’ di quel giorno eterno del secolo futuro, che sarà primo e uno, mai interrotto dalla notte …. La Scrittura conosce infatti quel giorno senza sera, senza successione e senza fine, giorno che il salmista ha chiamato ottavo, perché si trova al di fuori di questo tempo settenario… È per ricondurre il pensiero alla vita futura che ha chiamato ‘uno’ il giorno immagine dell’eternità, primizia dei giorni, coetaneo della luce, il santo giorno del Signore, glorificato dalla sua risurrezione”.
Tenendo conto di queste allusioni, il dono della pace e dello Spirito Santo in vista della missione dei discepoli nel mondo assume contorni assai più luminosi. La pace è collegata al vedere il Maestro con tutti i segni della passione, segni di quell’amore che fa riposare il nostro cuore, gli fa trovare casa. Non si tratta di un dono supplementare; è semplicemente la conseguenza dell’esperienza dello stare di Gesù con noi in atto di mostrarsi a noi, dello schiudersi del nostro cuore alla visione di Lui. È quanto ogni amore desidera e da qui, da questa profonda intimità che ne deriva, proviene tutta la forza ai discepoli. I discepoli sono arrivati gradualmente alla conoscenza di questa verità. All’inizio li hanno aiutati dei segni: la tomba vuota, il racconto delle donne, dei compagni; poi hanno potuto vedere loro stessi Gesù il quale si è fermato con loro, ha mangiato con loro, li ha istruiti, ma senza ancora poter avere la forza di testimoniare con la loro vita questa sconvolgente verità. Per ultimo, con l’invio dello Spirito Santo, hanno sentito che la verità di tutta la loro vita e la verità della vita degli uomini fosse tutta in quel Figlio di Dio, morto e risorto, ‘nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza’ (Col 2,3) per il quale solo valeva la pena di buttare la propria vita, nel desiderio che tutti finalmente potessero godere di quei tesori di sapienza e di scienza, fino alla fine del mondo. Sarà l’esito della missione: che il mondo intero risplenda dell’amore di Dio, rivelato in Cristo, in tutti i cuori. Come Gesù amorevolmente rimprovera Tommaso: “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Che io intendo: beati coloro i cui orecchi hanno guidato i loro occhi, beati coloro che ascoltano la parola di Dio fino a veder realizzato il segreto che essa cela, nella solidarietà con l’umanità di tutti perché per tutti il Signore è morto e risorto.
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura
Venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne.
Dagli Atti degli Apostoli
At 5,12-16
Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.
Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro.
Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 117 (118)
R. Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre». R.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo! R.
Ti preghiamo, Signore: Dona la salvezza!
Ti preghiamo, Signore: Dona la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci illumina. R.
Seconda Lettura
Ero morto, ma ora vivo per sempre.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 1,9-11a.12-13.17-19
Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.
Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese».
Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro.
Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito».
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! (Gv 20,29)
Alleluia.
Vangelo
Otto giorni dopo venne Gesù.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 20,19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Parola del Signore.