Ottavo ciclo
Anno liturgico C (2024-2025)
Tempo di Quaresima
III Domenica di Quaresima
(23 marzo 2025)
Es 3,1-8a.13-15; Sal 102 (103); 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9
Il racconto evangelico di Luca, a parte i primi due capitoli sull’infanzia di Gesù e l’ultimo capitolo sui racconti della risurrezione, si era aperto con il forte richiamo alla conversione di Giovanni Battista e si concluderà con il racconto di due conversioni, quella del buon ladrone (“Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”, Lc 23,42) e del centurione (“Veramente quest’uomo era giusto”), alla quale si unisce la folla che se ne torna a casa ‘battendosi il petto’ (cfr. Lc 23,47-48).
Nel brano evangelico odierno risuona pressante l’esortazione di Gesù: convertitevi! Non si tratta solo di immaginare di tirarsi fuori dalle crudeltà della storia (vedi l’esempio dei Galilei uccisi da Pilato e degli altri periti in un incidente di vita quotidiana). Come se l’uomo potesse avere potere su Dio e cercasse di tirarlo dalla sua parte. È perciò assurdo pensare che, se io sono risparmiato dal dolore, significa che ho Dio dalla mia parte! Dio è già comunque dalla nostra parte, ma in un modo che non è scontato vedere e vivere. Ecco, la conversione ha a che fare con il segreto che Gesù è venuto a svelare, il segreto di Dio per noi. Quel segreto Gesù l’aveva adombrato, invitando i discepoli a fuggire l’ipocrisia, a confidare in Dio, a cercare il suo regno e a stare vigilanti indicandone, con un’immagine potente, la ragione di fondo. In Lc 12,37 Gesù rivela che sarà lui stesso che si metterà a servire i suoi discepoli quando li trovasse vigilanti. La domanda allora in vista della conversione è la seguente: perché il nostro cuore non coglie quasi mai questo servizio suo, questo suo accudire a noi, questa sua premura nei nostri confronti? L’urgenza e l’impegno della conversione derivano dalla percezione di questo suo servirci.
La liturgia risponde a questa domanda con l’abbinare il passo del vangelo al brano della rivelazione di Dio a Mosè nell’episodio del roveto ardente. Il brano dell’Esodo è introdotto dalla risposta di Dio al grido di lamento del suo popolo sotto la schiavitù: “Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero”. L’espressione, nella versione della LXX, suona: “Dio si fece conoscere da loro” e nel testo ebraico: “Dio guardò e conobbe”. Tre sono i passaggi: Dio ha visto, Dio ha sentito, Dio conosce. Quindi interviene. Quando gli antichi commentatori ebraici hanno meditato su questi passi, si sono dati questa spiegazione rispetto alla compassione di Dio per il suo popolo: Dio aveva previsto che il suo popolo l’avrebbe rigettato, ma lo volle liberare lo stesso per amore del suo nome; Dio aveva previsto la ribellione del suo popolo, ma anche visto che il suo popolo avrebbe proclamato: “Dio è il mio Dio” (Es 15,2) e “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto” (Es 24,7) commuovendosi davanti al popolo che avrebbe professato l’impegno incondizionato di obbedienza al proprio Dio prima ancora di udire i comandamenti che avrebbe ricevuto.
Il Nome di Dio, che viene rivelato a Mosè, è disarmante nella sua semplicità: ‘Io sono colui che sono’. È però il nome da scoprire, che emergerà dall’esperienza del fedele che lo invoca. Può voler dire: ‘Io sono colui che sarò’; ‘Io sono là con voi come voi vedrete’; ‘io sono colui che tu vedrai quando invocandomi io ci sarò’; ‘chi io sia voi lo saprete da quello che farò per voi’. Il nome di Dio non rinvia semplicemente all’essere di Dio, ma al suo essere per noi. Tanto che Dio è sempre Dio di: Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, Dio di Israele, Dio di Gesù Cristo, Dio di ciascuno di noi. Tanto che, secondo la bellissima espressione di Origene, possiamo interpretare: “Magari venisse concessa anche a me l’eredità di Abramo, Isacco, Giacobbe e divenisse mio il mio Dio allo stesso modo che è diventato Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, in Cristo Gesù, Signore nostro”.
Ora, la compassione che il nome di Dio rivela, è la medesima del contadino della parabola del fico sterile. L’allusione della parabola è proprio alla premura eterna di Dio, di cui Gesù si fa testimone diretto. Dante, nel canto XXVI del Paradiso, chiama Dio Padre ‘l’ortolano etterno’ che ha cura di tutte le sue piante, che sono i suoi figli. [Le fronde onde s’infronda tutto l’orto // de l’ortolano etterno, am’io cotanto // quanto da lui a lor di bene è porto]. Se la pianta di fico non dà il frutto sperato, il padrone prega il contadino di tagliarla. Questo dice la parabola, ma per svelare la volontà del contadino di curare ancora un anno la pianta. Secondo l’interpretazione antica possiamo intendere la parabola così: Gesù ha predicato tre anni, ma non si sono convertiti; intercede per un anno di grazia supplementare, che è il tempo della storia che durerà fino alla fine del mondo, nell’attesa che si manifestino i frutti della morte e risurrezione del Figlio. Per noi, sarà possibile convertirci proprio sulla base del buon volere del contadino (=Gesù) che lavora la terra del nostro cuore perché la pianta (=discepoli) fruttifichi per il Padre. Il buon volere corrisponde ai sentimenti di compassione e di amore che Dio svela a Mosè dal roveto ardente.
Se l’inno di rendimento di grazie del salmo responsoriale, il salmo 102, lo immaginiamo proferito da Mosè, quante sfumature di senso emergerebbero! Quando proclamiamo: “Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie… Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore”, noi intendiamo esprimere la scoperta del Nome di Dio rivelato a Mosè sul Sinai. Il contenuto del salmo 102 corrisponde alla preghiera dopo la comunione: “O Dio, che ci nutri in questa vita con il pane del cielo, pegno della tua gloria”. Vale a dire: quando ci attrai alla comunione con te e con i fratelli e noi gustiamo il tuo perdono nella capacità di condividerlo con tutti, allora scopriamo la dolcezza del tuo Nome, allora portiamo frutti degni di conversione e tutta la nostra vita risplende di un’altra luce. Proprio alla scoperta del Nome di Dio, che si rivela in Gesù, ci rimanda l’invito evangelico: “Convertitevi!”.
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura
Io-Sono mi ha mandato a voi.
Dal libro dell’Èsodo
Es 3,1-8a.13-15
In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 102 (103)
R. Il Signore ha pietà del suo popolo.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele. R.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono. R.
Seconda Lettura
La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1Cor 10,1-6.10-12
Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino. (Mt 4,17)
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Vangelo
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
Dal vangelo secondo Luca
Lc 13,1-9
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Parola del Signore.