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Ottavo ciclo

Anno liturgico A (2022-2023)

Tempo di Pasqua

IV Domenica di Pasqua

(30 aprile 2023)

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At 2,14a.36-41;  Sal 22 (23);  1Pt 2,20b-25;  Gv 10,1-10

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Gesù si presenta come il Buon Pastore, ma il brano di oggi si limita all’affermazione che lui è la porta delle pecore. La porta per entrare dove? Sembra che l’immagine si riferisca alla porta delle pecore come ingresso per il tempio di Gerusalemme e quindi l’affermazione si riferisca al fatto che lui è il vero tempio, il luogo della Presenza. È proprio questo che si stenta a comprendere, ma proprio qui Gesù vuole portare i suoi ascoltatori.

I brani di oggi potrebbero essere ascoltati in questa ottica. Con l’invito di Pietro alla conversione, riportato dagli Atti degli apostoli, ci si chiede di riconoscerci non solo seguaci di Gesù, ma di entrare nel segreto della sua rivelazione e così essere da lui guidati a condividere la stessa vita divina. Il salmo 22 lo proclama: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla …”. Non manco di nulla perché ricevo dal mio pastore vita e vita in abbondanza. Da intendere, come spiega lo stesso Pietro nella sua lettera: il tornare a Dio (=conversione) comporta l’essere seppellito con Gesù rispetto a tutto ciò che questo mondo esalta sotto l’azione del principe di questo mondo (potere, prestigio, supremazia, gloria), in modo da essere guidato dallo Spirito a vivere ogni situazione unicamente nell’esperienza dell’amore di Dio. Questo significa appunto essere ricondotto al pastore e custode delle anime nostre.

Quando Pietro descrive Gesù, nel suo essere pastore delle nostre anime, lo descrive così: “soffrendo non minacciava vendetta”. A questo io collego l’espressione forte di Gesù rispetto a noi che lo vogliamo seguire: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore” (Gv 10,14-15). Il conoscere è in rapporto alla disponibilità a porre in gioco la propria vita. Gesù si definisce ‘buon pastore’ perché pone la sua vita a favore delle pecore.  La particolarità dell’espressione di Gesù sta nel fatto che, non solo dà la sua vita per le pecore, ma che dà la vita alle pecore. Fa in modo cioè che la vita sua passi a noi, perché anche noi viviamo di quella stessa vita, che è splendore di amore. È l’azione dello Spirito Santo nei nostri cuori.  Per questo possiamo dire che il Signore è il nostro pastore e non manchiamo di nulla, perché, una volta che si sia entrati nella prospettiva di una vita vissuta nell’amore, non c’è nulla che ci potrà distogliere, non ci sarà nulla capace di rapircela, nulla sarà superiore all’amore. Non è però una conquista puntuale, ma un vero e proprio processo di vita, il vero processo di conversione.

La conversione potrebbe essere definita come un tornare a dar credito alla potenza salvatrice di Dio che, per mezzo di quel pastore buono, ha realizzato la sua promessa di vita, la quale non è che l’offerta incondizionata della sua comunione perché tutto e tutti possano godere del suo amore. Proprio come chiediamo nella colletta: “O Dio, nostro Padre, che nel tuo Figlio ci hai riaperto la porta della salvezza, infondi in noi la sapienza dello Spirito, perché fra le insidie del mondo sappiamo riconoscere la voce di Cristo, buon pastore, che ci dona l’abbondanza della vita”. ‘Infondi in noi la sapienza del tuo Spirito’ allude alla possibilità di accogliere la comunione con Gesù perché il suo amore sia reso noto in questo mondo.

Nel seguito del discorso di Gesù riportato nel capitolo 10 di Giovanni, Gesù pungola la nostra fede vacillante con due affermazioni. “Vi ho parlato e non credete!” (Gv 10,25). Deduzione: avevano sentito con gli orecchi, ma non con il cuore. Se il cuore resta chiuso, la parola non comunica vita. Eppure, l’evangelista aveva fatto notare che proprio la sua parola aveva ridato la vista ai ciechi. Se la sua parola è stata potente per alcuni, perché per me non è potente? E se è vero che noi abbiamo creduto in Dio, perché non possiamo credere a Colui che Dio ha inviato? Sarebbe il contenuto dell’affermazione con cui Gesù sigilla l’intero suo discorso: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30). Quell’affermazione risalterà in tutto il suo splendore di rivelazione proprio nella passione di Gesù, dove lui e il Padre sono totalmente intimi nel loro amore per noi a volere la comunione con noi. Allora, la conversione sarà compresa nel perdono di Dio che sopravanza tutte le colpe e ogni genere di colpa.

L’estensione e la profondità del processo di conversione sono segnalate dall’equiparazione tra l’intimità del Padre con il Figlio e tra quella del Figlio con i suoi discepoli. La corrispondenza è giocata sulla disponibilità a dare la vita: il Padre ama il Figlio perché lui pone la vita a favore di, così il Figlio ama i suoi discepoli nell’attrarli dentro lo stesso movimento del dare la vita a favore di. Lo scopo è il medesimo: perché su tutto splenda l’amore di Dio e tutti ne restino conquistati.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  At 2,14a.36-41

Dagli Atti degli Apostoli

[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso».

All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?».

E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro».

Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 22 (23)

R. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla.

Su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia. R.

Mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome.

Anche se vado per una valle oscura,

non temo alcun male, perché tu sei con me.

Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. R.

Davanti a me tu prepari una mensa

sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca. R.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne

tutti i giorni della mia vita,

abiterò ancora nella casa del Signore

per lunghi giorni. R.

Seconda Lettura  1Pt 2,20b-25

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché

anche Cristo patì per voi,

lasciandovi un esempio,

perché ne seguiate le orme:

egli non commise peccato

e non si trovò inganno sulla sua bocca;

insultato, non rispondeva con insulti,

maltrattato, non minacciava vendetta,

ma si affidava a colui che giudica con giustizia.

Egli portò i nostri peccati nel suo corpo

sul legno della croce, perché,

non vivendo più per il peccato,

vivessimo per la giustizia;

dalle sue piaghe siete stati guariti.

Eravate erranti come pecore,

ma ora siete stati ricondotti al pastore

e custode delle vostre anime.

Vangelo  Gv 10,1-10

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.

Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».