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PREFAZIONE DI P. ELIA CITTERIO AL LIBRO:

Renato D’Antiga, I Padri della Filocalia. Storia di un libro, Edizioni San Lorenzo, Reggio Emilia 2022, pp. 7-10.

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            Se è vero che la spiritualità delle Chiese d’Oriente, almeno negli ultimi tre secoli, in quello che ha prodotto di più caratteristico e vivace, si ricollega in qualche modo alla Filocalia, cercare di conoscere più da vicino questo testo è sempre stimolante. La prospettiva, nella quale si muove il nostro autore, tiene presenti due obiettivi: 1) far conoscere il contesto veneziano, nel quale aveva visto la luce la pubblicazione, con il retroterra culturale e spirituale di una florida comunità greca in Venezia; 2) inquadrare gli autori dei testi che sono entrati a far parte di questa silloge e presentarne la personalità, la sensibilità, la dottrina. Siccome si tratta di una silloge, dei vari autori sono stati scelti solo certi testi oppure ci si è limitati a un florilegio. Perciò, poter ricollocare i vari autori nel loro contesto temporale, nella loro produzione letteraria integrale e nella recezione della tradizione che via via si è formata nei secoli risulta particolarmente prezioso. Gli autori riportati sono trentina e qualche testo anonimo, presentati per lo più in ordine cronologico, secondo la suddivisione: Padri del deserto (IV-VI secolo), teologi e autori tra i secoli VII-XII, autori esicasti (XIII-XIV secolo), testi vari in greco moderno, di cui uno di Marco Eugenicos del sec. XV e un altro di Teodoro di Edessa probabilmente del sec. XVIII.  

            La Filocalia, però, prima che essere un libro, costituisce una tradizione. Si tratta fondamentalmente dell’antica abitudine monastica di basare sui Padri, ritenuti i veri maestri della via dello spirito, la conduzione della propria battaglia interiore, assemblando a proprio ammaestramento testi ascetici e mistici attorno a temi particolari. Il tema specifico, anche se non unico, della silloge filocalica è la preghiera del cuore e l’unione della mente con Dio, tema ripreso da un filone patristico ben definito. Il filone si sviluppa a partire dai Padri dei deserti d’Egitto e di Palestina, continua nei cosiddetti Padri Sinaiti, vissuti o ricollegantisi idealmente alla spiritualità fiorita sul Sinai, per arrivare infine alla tipica tradizione del Monte Athos con il movimento esicasta. È appunto questa tradizione, non tanto quella di creare sillogi tematiche, bensì quella di individuare un continuum patristico attorno a certi temi fondamentali della vita spirituale del credente, secondo il filo rosso che li tiene uniti, a risaltare dal minuzioso lavoro del prof. D’Antiga.

Non va dimenticato, poi, che la vasta risonanza della Filocalia nel mondo ortodosso, non è dovuta all’edizione veneziana del 1782 ma alla versione slavonica di Paisij Veličkovskij e della sua scuola di Neamţ, in Romania, dove ben prima del 1782 ferveva il lavoro di traduzione dei testi filocalici. Il suo Dobrotoljubie, conosciuto in occidente tramite i famosi “Racconti di un pellegrino russo”,è alla base della rinascita spirituale russa del sec. XIX, specie con gli starcy di Optina Pustyn’, gli ispiratori dei filosofi slavofili e di scrittori come Dostoevskij. L’Occidente viene a conoscere la fecondità, e della Filocalia come libro e della tradizione che la supporta, dall’ambiente slavo, che ha come iniziatore un Basilio di Poiana Mărului (1692-1767) e un Paisij Veličkovskij (1722-1794), i quali avevano trovato l’humus ideale per lo sviluppo della loro esperienza spirituale nelle terre romene. Gli autori, però, che sono entrati a costituire la silloge filocalica sono per lo più di lingua greca, per cui soffermarsi a considerare la loro produzione e la loro fortuna lungo una tradizione millenaria è di grande interesse.

Questo lavoro fa risaltare la necessità per il credente di farsi guidare all’esperienza dell’unione con Dio, che costituisce l’anelito di fondo dei cuori, come su di una strada tracciata. Quando si accende il desiderio di Dio, si scopre che una lunga schiera di credenti ha già vissuto di quel desiderio, ne ha percorso le vie di realizzazione e lasciato indicazioni e insegnamenti perché anche noi si possa procedere in quel cammino come in sicurezza, senza illusioni, e arrivare così a fare esperienza diretta di quel Dio che ci viene incontro con tutto il suo amore nel Figlio fatto uomo. Perché di questo si tratta nella Filocalia. S. Simeone il Nuovo Teologo parlava della catena dei santi, dove ognuno rappresenta un anello e tutti insieme a formare la catena di santità ininterrotta, nella quale anche noi ci inseriamo. Ebbene, ogni testo, ogni padre della Filocalia, costituisce un anello di questa catena aurea perché arrivi anche a noi tutto lo splendore della santità di Dio come illuminazione dello Spirito Santo che trasfigura con la sua luce.

In una pagina singolare della edizione della Filocalia, denominata ‘Filocalia de la Prodromul’, che raccoglie le antiche versioni romene dei testi filocalici con aggiunte di testi più recenti, si legge un aneddoto di padre Varsanufie su Optina: “Tra i problemi essenziali della vita monastica c’è anche lo studio spirituale. Senza ricercare i libri spirituali e senza preghiera non si fa progresso spirituale, dice san Nilo Asceta. Il monaco non legge per acquisire conoscenze, ma per utilità spirituale. Ma cosa è necessario studiare? Quali libri? … Sfruttate ogni occasione che avete per leggere. Non date retta all’avversario che vi suggerisce di leggere quando avrete tanto tempo a disposizione. Ora invece è il tempo adatto; ora potete farvi una cultura. Leggete il più possibile. Arricchite la vostra mente con conoscenze taciturne e il cuore con un’umiltà profonda, reputandovi più cattivi degli altri. Arriverà il tempo in cui non potrete più leggere i libri. Tenetelo a mente!”.[1] È come se ad ogni pagina di questo lavoro si potesse avvertire l’eco di questo invito.  

Certo. Non va nemmeno scordato che i testi della Filocalia sono scritti per lo più da monaci per monaci. Ma non esclusivamente per monaci. È nota la divergenza di opinione tra Nicodemo Aghiorita e Macario di Corinto, i due ‘organizzatori’ della Filocalia così come è stata edita a Venezia e quel Paisij Veličkovskij, a cui si deve la versione slavonica della Filocalia greca, il Dobrololjubie, sebbene non compaia mai il suo nome in nessuna delle edizioni pubblicate. A differenza di Nicodemo l’Aghiorita, il quale voleva che tutti leggessero i testi della Filocalia nel tentativo di mettere a disposizione di tutti i tesori della tradizione, Paisij era molto più cauto. Si rendeva conto che per camminare nella via spirituale, in particolare nella preghiera, e in specie nella pratica della preghiera di Gesù, era necessaria una sperimentata guida spirituale, un regime di vita adeguato, una disciplina spirituale sperimentata. Anche se, alla fine, prevalse la convinzione del metropolita di Novgorod e San Pietroburgo, Gabriele Petrov, patrocinatore della pubblicazione, che la riteneva utile per tutti i cristiani, come del resto pensava Nicodemo Aghiorita.

È chiaro che la fecondità spirituale di una silloge del genere dipende dal fatto di voler ancorare la pratica ascetica all’intelligenza spirituale, concependo il fare in funzione del contemplare, l’agire, esteriore e interiore, in funzione del vedere spirituale. È la trama di fondo che sostiene l’intuizione filocalica. E noi potremmo riassumere il senso generale di questa opera in queste semplici domande.

Perché la lettura? Insieme alle fatiche ascetiche è necessario coinvolgere anche la mente, la capacità di giudizio, la riflessione attenta, perché tutta la nostra vita, l’insieme della nostra condotta proceda secondo la potenza delle S. Scritture interpretate dai Padri. La lettura illumina la mente e accende il desiderio di camminare nella via di Dio.

E perché proprio i Padri? Dal momento che noi, uomini passionali, non riusciamo a vedere la luce delle Scritture, cioè la luce della santità di Dio, che è splendore di amore per noi, come era stata creata il primo giorno della creazione ma poi nascosta, seguiamo i Padri ai quali, per aver avuto un cuore puro, illuminato dallo Spirito Santo, sono stati aperti i segreti del regno dei cieli, ossia le profondità della S. Scrittura.

E come leggere? Non c’è alcun vantaggio se uno legge solamente nero su bianco e non si dà cura di conoscere anche la potenza di quel che legge: una lettura per la vita, insomma e non solo per esigenze o curiosità intellettuali, come partecipazione al mistero di Cristo.

L’augurio è che questo lavoro susciti l’interesse di prendere in mano e di percorrere in lungo e in largo questo libro singolare, che può accompagnare il lettore a sperimentare quello che dice Isacco Siro: “Sforzati di entrare nella stanza del tesoro che è dentro di te, e vedrai quella che è in cielo. L’una e l’altra sono una medesima realtà, e per una sola porta le vedrai entrambe. La scala che conduce al Regno è nascosta dentro di te e nella tua anima. Tu immergiti in te stesso, lontano dal peccato, e lì troverai i gradini per i quali potrai salire”.[2]

p. ELIA CITTERIO


[1] Filocalia de la Prodromul, New York-Bucarest 2001, vol. II, p. 531.

[2] Isacco di Ninive, Discorsi ascetici. Prima collezione. Introduzione, traduzione e note a cura di Sabino Chialà, Qiqajon, Bose 2021, Discorso II,8, p. 60-61.