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Settimo ciclo

Anno liturgico A (2019-2020)

Tempo Ordinario

XVIII Domenica

(2 agosto 2020)

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Is 55,1-3;  Sal 144;  Rm 8,33.37-39;  Mt 14,13-21

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Il brano evangelico incastona l’episodio della moltiplicazione dei pani nel movimento di compassione di Dio per l’uomo: “e sentì compassione per loro”. Dietro ogni parola di Gesù, dietro ogni gesto sta la sua compassione, che rimanda direttamente all’amore sconfinato di Dio per i suoi figli, per i quali non ha esitato a mandare il suo Figlio. Proprio come annotava Origene in un suo splendido commento a Ezechiele: “Egli è disceso sulla terra mosso a pietà del genere umano, ha sofferto i nostri dolori prima ancora di patire la croce e degnarsi di assumere la nostra carne; se egli non avesse patito, non sarebbe venuto a trovarsi nella condizione della nostra vita di uomini. Prima ha patito, poi è disceso e si è mostrato. Qual è questa passione che per noi ha sofferto? È la passione dell’amore”. Proprio come proclama il salmo 144 riportando la rivelazione di Dio a Mosè sul Sinai dopo il peccato del vitello d’oro: “Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”. È a partire da quella ‘passione’ che Gesù si ‘muove nelle viscere’ davanti allo smarrimento, alla sofferenza, alla fatica degli uomini.

Ed è per aver percepito quella ‘passione’ che san Paolo dirà con la convinzione dell’esperienza di una vita: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione …? … Io sono infatti persuaso che né morte né vita … né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore”.

Quando il profeta Isaia, sempre percependo quella passione di Dio per il suo popolo, riassumerà l’invito di Dio per gli uomini alla comunione con lui e dirà: “Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete”. Il desiderio di Dio e dell’uomo si richiamano. Come Dio invita l’uomo a venire a lui, così l’uomo grida a Dio perché venga a lui. Tutta la Scrittura è modulata sul grido del desiderio di Dio e dell’uomo perché tornino in comunione e tornino a godersi a vicenda. Dio dà la vita e l’uomo, che vi anela angosciosamente, da lui la può accogliere. L’ascoltare riguarda sempre l’ascoltare una ‘parola viva’ per avere la vita. L’ascoltare comporta così l’immagine corrispondente del mangiare perché allusivi di un’unica realtà: avere la vita. Il Signore sa saziare la fame dei suoi figli! Eppure, non risulta sempre evidente questa capacità di Dio per noi tanto che ha bisogno di invitarci insistentemente al suo banchetto, ha bisogno di sollecitarci a venire al suo banchetto. Le letture di oggi si intersecano per illustrare appunto il pressante invito di Dio. Si mangia per vivere.

Nello stesso capitolo 55, Isaia riporta la parola di Dio: “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (v. 8). Il punto è esattamente questo. Quando Dio fa rilevare che il suo pensiero non è come il nostro vuol sottolineare che Lui è paziente e misericordioso con gli uomini, mentre gli uomini, con se stessi e con i loro simili, non lo sono; Lui è buono verso tutti, comunque, mentre gli uomini sono buoni ogni tanto e verso qualcuno piuttosto che verso altri. Se applichiamo la cosa al nostro cuore ne deriva che, se anche si ritrova cattivo, può sempre sperare nella bontà di Dio che non lo respinge; se anche si condanna, Dio può salvarlo, basta che abbandoni la sua iniquità. Tenendo conto di come sono fatti i nostri cuori, che si confondono con le loro azioni passate, proprie e altrui, incapaci di aprirsi al futuro come allo spazio di verità e di bene offerto loro da Dio, questa verità è estremamente consolante, è vivificante per i cuori. Proprio come dice s. Giovanni nella sua lettera: “Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,20). La parola del Signore, ascoltata nel cuore, porta a gustare l’alleanza di Dio nella fioritura della propria umanità e l’alleanza di Dio è compiutamente rivelata nel Signore Gesù Cristo, colui che moltiplica i nostri pani condividendoli con tutti.

Se Gesù dice agli apostoli “date voi loro da mangiare” intende cooptare i discepoli nella sua stessa ‘compassione’. La cosa è stata interpretata dai Padri come un affidare loro il compito di spiegare le Scritture come un pane spezzato per nutrire l’intelligenza dei fedeli. E l’intelligenza dei fedeli resta nutrita appena il cuore si apre a quella rivelazione: i pensieri di Dio sono diversi dai nostri, il suo amore ci raggiunge comunque, il suo perdono, cioè la comunione con Lui, ci è sempre offerto. E questo è il banchetto a cui siamo invitati. Non per nulla tutto il brano evangelico ha una forte coloritura eucaristica. I verbi che introducono il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci sono i verbi tipici della celebrazione eucaristica: prese i pani, li benedisse, li spezzò, li diede. E l’Eucaristia costituisce il momento culminante dell’offerta di comunione da parte del Signore all’uomo tanto da renderlo un tutt’uno con Sé. È questa comunione che sazia il cuore dell’uomo.

Sapremo dal seguito del racconto, tenendo conto soprattutto della narrazione di Gv 6, che i discepoli non hanno compreso. Non è così agevole entrare nei segreti di Dio, pur intuendo che quei segreti rispondono alle attese dei nostri cuori. Il miracolo avviene nella sua materialità, vale a dire Gesù ha la capacità di compierlo, l’effetto però non è ancora quello sperato da Gesù. La gente non interpreta secondo i pensieri di Dio, ma secondo i propri e non s’avvede che quel pane distribuito è segnale della consegna di Dio agli uomini perché gli uomini vivano da figli di Dio. Gesù, dopo il miracolo, si ritrova solo. Quando allora tale mistero diventerà accessibile? Lo riferisce s. Paolo: “Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?”. Quando, nell’amore del Signore per noi, che ci ha rigenerati nel perdono, sapremo accogliere con gratitudine la vita; quando non permetteremo a nulla, nemmeno ai nostri nobili sensi di colpa, di sopraffare il nostro cuore al di sopra dell’amore del nostro amato Signore, che a noi si è consegnato.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Is 55, 1-3

Dal libro del profeta Isaia

Così dice il Signore:

«O voi tutti assetati, venite all’acqua,

voi che non avete denaro, venite;

comprate e mangiate; venite, comprate

senza denaro, senza pagare, vino e latte.

Perché spendete denaro per ciò che non è pane,

il vostro guadagno per ciò che non sazia?

Su, ascoltatemi e mangerete cose buone

e gusterete cibi succulenti.

Porgete l’orecchio e venite a me,

ascoltate e vivrete.

Io stabilirò per voi un’alleanza eterna,

i favori assicurati a Davide».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 144

Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Buono è il Signore verso tutti,

la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa

e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.

Tu apri la tua mano

e sazi il desiderio di ogni vivente.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie

e buono in tutte le sue opere.

Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,

a quanti lo invocano con sincerità.

Seconda Lettura  Rm 8, 35. 37-39

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?

Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati.

Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

Vangelo  Mt 14, 13-21

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.

Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».

E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.