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Ottavo ciclo

Anno liturgico A (2022-2023)

Tempo di Pasqua

II Domenica di Pasqua

(16 aprile 2023)

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At 2,42-47;  Sal 117 (118);  1Pt 1,3-9;  Gv 20,19-31

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Il ritornello del salmo 117 illustra bene il senso della letizia pasquale: “Il suo amore è per sempre”. È proprio la percezione di quell’amore, avvertita nell’incontro con il Signore risorto, che porta un’energia gioiosa al cuore credente. Partiamo dall’invito della lettera di Pietro: “Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove … Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui” (1Pt 1,6.8). La situazione dei cristiani a Roma è drammatica. È appena scoppiata la persecuzione di Nerone contro i cristiani. Siamo nell’anno 64. Forse è l’anno in cui trova la morte lo stesso Pietro (alcuni la datano all’anno 67). Nel 66 scoppia la ribellione a Gerusalemme e Nerone manda Vespasiano e Tito a ristabilire l’ordine in Palestina. Nel 70 è incendiato il tempio di Gerusalemme e nel 73 cade Masada, l’ultimo baluardo della resistenza. La comunità romana dei cristiani è violentemente perseguitata.

L’onda lunga della confessione di Tommaso “Mio Signore e mio Dio” perdura nella fede gioiosa dei cristiani in mezzo alle prove e alle afflizioni sopportate per il nome di Gesù. È caratteristico come Pietro descriva i credenti: “voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui”. Da intendere: senza averlo potuto vedere, voi l’amate; senza poterlo ancora vedere, voi credete gioiosi. Si realizza quello che Gesù dice a Tommaso: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. Qui ‘credere’ non ha il significato generale di prestar fede a qualche verità, ma comporta il significato intensivo di esperienza di incontro, incontro con il Crocifisso Risorto.

Se seguiamo nei dettagli il racconto del vangelo di Giovanni a proposito delle apparizioni del Risorto ce ne rendiamo conto subito. Sono collocate non nel primo giorno della settimana, ma nel Giorno Uno, giorno che apre un tempo nuovo, che dà senso al succedersi del tempo senza dipendere dal tempo. La sera di quel Giorno Uno si chiude con l’espressione decisa di Tommaso, che non era stato presente quando Gesù era apparso ai discepoli: “io non credo!”. Così il Giorno Uno ha il suo corrispondente nel Giorno Ottavo quando, presente Tommaso, Gesù riappare ai discepoli. La cosa straordinaria è l’annotazione della corrispondenza tra il vedere e il toccare. Per l’apostolo Giovanni, il discepolo dallo sguardo di aquila, dallo sguardo acuto che sa vedere oltre il visibile, il senso tipico della fede è il ‘vedere’: “vide e credette”. Tommaso, invece, arriva al vedere tramite il toccare, il senso forse più terra terra, ma anche quello che dà immediata certezza.

La liturgia bizantina canta: “O straordinario prodigio! Il fieno ha toccato il fuoco ed è rimasto indenne. Tommaso ha infatti messo la mano nel costato igneo di Gesù Cristo Dio, e non è stato bruciato da questo contatto; con ardore ha infatti mutato in bella fede l’incertezza dell’anima, e dal profondo dell’anima ha gridato: Tu sei il mio Sovrano e Dio, risorto dai morti. Gloria a te”. E ancora: “O straordinario prodigio! Giovanni ha riposato sul petto del Verbo, Tommaso ha ottenuto di toccare il suo costato: e l’uno ne ha tremendamente tratto l’abisso della teologia, mentre l’altro è stato reso degno di iniziarci all’economia [= manifestazione all’esterno del mistero di Dio nel suo amore per noi], perché chiaramente ci presenta le prove della sua risurrezione, esclamando: O mio Signore e mio Dio, gloria a te”.

La confessione di Tommaso è la confessione di fede più solenne (è l’unico passo in tutto il vangelo in cui Gesù è chiamato ‘mio Dio’) e più intima (dove il cuore di ciascuno è implicato nel modo più personale). Del resto, tutta la narrazione evangelica tende a portare il possibile lettore a quella medesima confessione. Per noi, che veniamo dopo l’era apostolica, è finito il tempo di una certa visione, ma perdura evidentemente il tempo della ‘fede’, della possibilità reale di incontro con il Signore risorto, a cui il dono della pace fa riferimento e di cui la gioia è il segnale per eccellenza.

Ne dà testimonianza il racconto degli Atti degli apostoli, dove la caratteristica dei credenti è quella di ‘perseverare’, ‘durare nella fede gioiosa nel tempo’: perseverare nell’annuncio della Parola, nella nuova fraternità, nell’unione con Cristo, nella costanza della preghiera.

Se osserviamo la successione dei comportamenti pasquali di Gesù, come sono narrati nel vangelo di Giovanni, intuiamo la natura della fede in lui. Quando appare la sera di Pasqua ai discepoli tutti riuniti Gesù, prima dona la sua pace, la pace messianica, quella capace di attraversare ogni afflizione possibile perché l’amore del Signore è invincibile; poi invia i discepoli nel mondo, a prosecuzione del suo invio al mondo perché tutti conoscano l’amore del Padre; poi soffia su di loro lo Spirito per il perdono dei peccati; poi, l’ottavo giorno, con Tommaso, si lascia toccare nelle sue ferite, in particolare nella sua ferita al costato, da dove scaturisce la conoscenza più profonda del mistero di Gesù. La pace è in rapporto al segno dei chiodi e alla ferita del costato (è la pace pasquale, che deriva dall’agnello immolato, che invita a far dono di sé perché quella pace tutti conquisti); l’invio nel mondo è in rapporto alla missione di Gesù (adombrata dal fatto che lo Spirito, di cui è ripieno al battesimo nel Giordano, lo spinge nel deserto e lo conduce a consegnarsi alla passione perché l’amore di Dio possa splendere su tutto); il dono dello Spirito è in rapporto alla adozione a figli con il perdono dei peccati (Dio non è mai stato separato da noi ma noi possiamo vivere separati da Dio e dai fratelli, cosa che costituisce la sostanza del peccato. Se veniamo perdonati, ritroviamo la possibilità della nostra dignità di figli, che vivono secondo i sentimenti del Padre, il quale vuole tutti alla mensa del suo amore). Se Gesù risorge, e Tommaso ce ne procura l’assicurazione, vuol dire che il peccato non ha più potere definitivo sul cuore dell’uomo, che può vivere della vita del Risorto, cioè di quell’amore che non può più essere mortificato da nulla. Credere in Gesù per avere la vita, questa è la confessione di fede nel Risorto, che ha patito per noi, a cui il vangelo di Giovanni vuole portare ogni lettore. La prima comunità cristiana di questo è testimone nel mondo.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  At 2,42-47

Dagli Atti degli Apostoli

[Quelli che erano stati battezzati] erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere.

Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.

Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno.

Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo.

Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 117 (118)

R. Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.

Dica Israele:

«Il suo amore è per sempre».

Dica la casa di Aronne:

«Il suo amore è per sempre».

Dicano quelli che temono il Signore:

«Il suo amore è per sempre».  R.

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,

ma il Signore è stato il mio aiuto.

Mia forza e mio canto è il Signore,

egli è stato la mia salvezza.

Grida di giubilo e di vittoria

nelle tende dei giusti:

la destra del Signore ha fatto prodezze.  R.

La pietra scartata dai costruttori

è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore:

una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno che ha fatto il Signore:

rallegriamoci in esso ed esultiamo!  R.

Seconda Lettura  1Pt 1,3-9

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo.

Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

Vangelo  Gv 20,19-31

Dal vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.