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Ottavo ciclo

Anno liturgico A (2022-2023)

Tempo Ordinario

V Domenica

(5 febbraio 2023)

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Is 58,7-10;  Sal 111 (112);  1Cor 2,1-5;  Mt 5,13-16

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Gesù proclama: “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo…”. Quel ‘voi’ si riferisce ai discepoli la cui vita esprime la potenza delle beatitudini che immediatamente prima Gesù aveva proclamato. Si tratta di quei discepoli che, insultati, perseguitati, sparlati, custodiscono la letizia dell’incontro con il Signore Gesù, che è diventato per loro ragione di vita e principio dell’agire. Non per nulla la liturgia fa leggere, abbinato al brano evangelico di Matteo, un passo del profeta Isaia dove si profetizza l’esistenza dell’Israele gradito a Dio come una esistenza ricca di misericordia per tutti, ricca del dono della fraternità a tutti perché segno della comunione realizzata con Dio, che si è reso presente in mezzo a loro. La luce di cui risplende l’umanità abitata da Dio è la luce della fraternità condivisa.

Fermiamoci un momento sul passo del profeta Isaia. Fa capire bene il senso della parola di Gesù ai discepoli. Certamente noi vorremmo percepirci luminosi, ma tutti facciamo i conti con la tenebra che oscura il nostro cuore in termini di chiusura, oppressione, angoscia. Il profeta proclama: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio … allora brillerà fra le tenebre la tua luce”. Siamo abituati a riferire la luce all’intelligenza. Ma la Scrittura suggerisce un riferimento diverso. La luce sorge se si spezza il pane con l’affamato, se si ha misericordia del prossimo. La luce viene per l’agire del cuore. All’esercizio dell’intelligenza va abbinato il calore del cuore,  perché è il cuore il luogo della presenza, dell’incontro. Solo in questo calore l’intelligenza è retta. Quando Matteo dirà: “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (5,48), lo dirà in seguito all’invito ad amare i propri nemici e Luca interpreta: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (6,36).

In pratica il profeta Isaia elenca le cinque condizioni, tre negative e due positive, per diventare luce. Occorre prima togliere l’oppressione, il puntare il dito, il parlare empio. Nella versione della LXX si specifica: togliere il laccio, lo stendere la mano, la parola di lamentela. Per dirla con le mie parole: va eliminato ogni tipo di inganno, accusa e parola malevola contro il prossimo. Le due condizioni positive sono: aprire il cuore all’affamato, saziare l’afflitto di cuore. Con la sfumatura della versione greca: dare a chi ha fame il pane di cuore, saziare una persona umiliata. Vale a dire: non basta sfamare il corpo, occorre saziare anche l’anima del prossimo quando è afflitto. E fare questo con tutto il cuore. È allora che sorge la luce, espressione della sensazione di Dio, sempre con noi, quando il cuore non si perde in altro, ritrovandosi saziato nei suoi desideri.

Quando Massimo Confessore spiega l’invocazione ‘non ci indurre in tentazione’ nella preghiera del Padre Nostro, ha l’ardire di precisare: “La Scrittura rivela infatti con questo come chi non ha perfettamente perdonato a chi cade e non ha presentato a Dio un cuore privo di tristezza, reso splendente dalla luce della riconciliazione con il prossimo, non otterrà la grazia dei beni per cui ha pregato, e, per giusto giudizio, sarà consegnato alla tentazione e al Maligno. Imparerà così a purificarsi dalle colpe, eliminando le sue lagnanze contro gli altri …”. Ci dice in sostanza che non subiremo tentazioni se avremo la capacità, da assimilare poco a poco, di non accusare nessuno perché allora – continua Isaia – “implorerai aiuto ed egli dirà: Eccomi!”. Quando il cuore non accusa nessuno, neanche se stesso, non può cedere all’oppressione, perché il Signore è con lui. Non c’è sventura o afflizione capace di ferirlo a tal punto da aver bisogno di cercare la sua giustizia o la sua rivalsa contro qualcuno, distogliendolo dall’intimità con il suo Signore.

Quando Gesù chiede ai discepoli di essere luce del mondo non possiamo non riferirci al fatto che di se stesso Gesù dice che è la luce del mondo. È detto in due passi del vangelo di Giovanni: “veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9; “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12). Gesù non chiede ai discepoli di essere ciascuno una luce, ma rivela che tutti insieme, innestati in lui, sono luce perché partecipano della sua luce. Un’antica glossa bizantina spiega il passo di Matteo così: “Non dice: voi siete luci, ma voi siete luce, perché essi [discepoli] tutti insieme sono il corpo del Messia che è la luce del mondo” (cfr. Gv 3,19; 8,12). Diventano luce del mondo nel senso che la presenza di Dio, resa come visibile nel mondo attraverso il loro agire secondo le beatitudini, costituisce l’orizzonte di senso della vita. Le beatitudini non sono se non le vie per le quali si può partecipare alla effusione nell’universo della carità pura di Dio. È la carità a custodire i cuori preservandoli dalla corruzione e facendo gustare il sapore genuino della vita (ecco l’azione del sale) e li illumina aprendoli alla verità e riscaldandoli (ecco l’azione della luce).

Quanto al sale, la potenza dell’immagine risiede nel fatto che il sale dà sapore alle cose ma le cose non possono dare il sapore al sale. Il che significa: i discepoli sono chiamati a permeare il mondo con la sapienza del vangelo, ma non servono a nulla se il mondo permea loro con la sua sapienza. I discepoli, mantenendo il mondo degli uomini nell’alleanza con il loro Dio, che li vuole in comunione con lui e tra di loro, tornano a far splendere la Sua presenza tra di loro e rendono la vita desiderabile e amabile.

Se Gesù chiede ai discepoli di essere la luce del mondo, vuol dire che chiede loro di essere il segno della misericordia di Dio tra gli uomini, come lo è lui stesso. Non si tratta di una possibilità, ma di una grazia: è la grazia di un incontro, che si è tradotto in comunione di vita. La testimonianza di Gesù si risolve nel far vedere quanto è grande l’amore del Padre per gli uomini, che vuole riuniti nella comunione con lui e fra di essi. La forza che realizza tale comunione è lo Spirito donato da Gesù, Spirito la cui opera precipua è proprio quella di realizzare un’umanità solidale, in Cristo Gesù. Quando i discepoli, che hanno condiviso con Gesù il segreto del Padre, si lasciano travolgere dalla stessa dinamica di rivelazione dell’amore di Dio per gli uomini, diventano sale della terra e luce del mondo.

In questo senso l’invito e il comando ad essere sale e luce si riferisce all’attuazione di quello che Gesù dirà ai suoi discepoli alla fine del vangelo: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli … insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). Se le nostre opere buone devono risplendere davanti agli uomini, secondo il comando di Gesù, ciò significa che le nostre opere buone devono essere a vantaggio, per profitto degli uomini [così si dovrebbe tradurre il ‘davanti agli’ uomini] permettendo loro di sperimentare l’amore di Dio per loro.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Is 58,7-10

Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore:

«Non consiste forse [il digiuno che voglio]

 nel dividere il pane con l’affamato,

 nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,

 nel vestire uno che vedi nudo,

 senza trascurare i tuoi parenti?

 Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,

 la tua ferita si rimarginerà presto.

 Davanti a te camminerà la tua giustizia,

 la gloria del Signore ti seguirà.

 Allora invocherai e il Signore ti risponderà,

 implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.

Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,

 il puntare il dito e il parlare empio,

 se aprirai il tuo cuore all’affamato,

 se sazierai l’afflitto di cuore,

 allora brillerà fra le tenebre la tua luce,

 la tua tenebra sarà come il meriggio».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 111 (112)

R. Il giusto risplende come luce.

Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:

 misericordioso, pietoso e giusto.

 Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,

 amministra i suoi beni con giustizia. R.

 Egli non vacillerà in eterno:

 eterno sarà il ricordo del giusto.

 Cattive notizie non avrà da temere,

 saldo è il suo cuore, confida nel Signore. R.

 Sicuro è il suo cuore, non teme,

 egli dona largamente ai poveri,

 la sua giustizia rimane per sempre,

 la sua fronte s’innalza nella gloria. R.

Seconda Lettura  1 Cor 2,1-5

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.

 Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

Vangelo  Mt 5,13-16

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».