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Settimo ciclo

Anno liturgico C (2021-2022)

Solennità e feste

Sacratissimo Cuore di Gesù

(24 giugno 2022)

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Ez 34,11-16;  Sal 22 (23);  Rm 5,5b-11;  Lc 15,3-7

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L’immagine profetica che la liturgia di oggi sfrutta per illustrare il mistero dell’amore di Dio per l’uomo è quella del pastore: un pastore che raccoglie le sue pecore, che le conduce in ottime pasture, che le fa riposare, che riconduce la pecora smarrita, che cura quella malata, che non trascura quella forte. Così il profeta Ezechiele descrive Dio alla guida del suo gregge. Ed anche il vangelo di Luca, nella parabola della pecora smarrita, descrive Gesù come il pastore che lascia le novantanove pecore al sicuro per andare in cerca di quella che si era persa e del cui ritrovamento si rallegra tanto da rendere tutti partecipi della sua gioia.

Il mistero della parabola evangelica riguarda non semplicemente l’amore di Dio, ma l’esperienza che fa il nostro cuore dell’amore di Dio. Con le sue parabole Gesù vuol rispondere alle mormorazioni del cuore dell’uomo che non è più capace di onorare i suoi fratelli perché non sa più riconoscere il mistero di Dio; non riesce più a percepire il cuore di Dio. Per noi, in effetti, si tratta appunto di riconoscere e credere a questo amore di Dio che viene a cercarci, ad usarci premura, a fare dono di Sé a noi, a perdonarci! Ma il nostro cuore, irretito nelle illusioni del peccato, è stranamente più aspro di quello di Dio; crede di salvare una specie di nobiltà teorica condannandosi, rinchiudendosi in una condanna sfiduciata. Non è che manchino nella vita motivi di sfiducia, ma la vita dell’uomo si gioca invece nella fiducia a Qualcuno, che è riconosciuto come Colui che ‘si perde’ per noi e ci ridà dignità. È vero che Dio può far nascere altri figli perfino dalle pietre, ma è ancora più vero che, per quanto indegni e ribelli, i figli che Dio preferisce sono quelli in carne ed ossa, quelli che siamo, che rimprovera ma di cui continua ad avere premura. Gesù, morto e risorto per noi, è il sigillo ultimativo di quella volontà assoluta di bene e il suo cuore trafitto è l’emblema più suggestivo di quella Volontà di Bene per noi.

Solitamente spieghiamo la parabola nella contrapposizione tra il peccatore, che si perde e i 99 giusti, che se ne stanno ben custoditi e interpretiamo la gioia di Dio per la conversione del peccatore come lo preferisse ai giusti che non hanno bisogno di conversione. Il risalto dato all’amore di Dio per il peccatore è invece assai più misterioso. La distinzione non è operata a livello semplicemente degli uomini, ma tra gli uomini e gli angeli. Chi si perde è l’uomo, non gli angeli; Dio va alla ricerca dell’uomo, non degli angeli che già lo adorano e che sono gli invitati alla sua festa quando un uomo si converte e torna a godere dell’amore di Dio. Così non esiste un uomo che sia giusto perché tutti sono peccatori e tutti, ciascuno singolarmente, è cercato e portato in spalla dal Signore, che per salvarlo si è messo sulle sue tracce. Il mistero a cui si allude con la parabola è l’eterno amore di Dio per l’uomo, amore che non può non essere amore di misericordia, proprio perché l’uomo si è perso, si perde e se Dio non venisse alla sua ricerca non troverebbe più la via di casa. Su quell’amore è costruito l’universo e tutto il creato parla di quell’amore. In quell’amore consiste la gioia di Dio e non in altro. Ora, il simbolo più eloquente di quell’amore è proprio quel ‘sacratissimo cuore di Gesù’ che la lancia del soldato, che gli trafigge il costato, apre sul mondo spalancando sull’universo il segreto di Dio. Come dice il prefazio della liturgia di oggi: “Innalzato sulla croce, nel suo amore senza limiti donò la vita per noi e dalla ferita del suo fianco effuse sangue e acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingessero con gioia alla fonte perenne della salvezza”.

L’antifona d’ingresso riprende l’espressione del salmo 32/33: “Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli. Ma il disegno del Signore sussiste per sempre, i progetti del suo cuore per tutte le generazioni”. Il disegno del Signore è la determinazione all’amore per l’uomo senza lasciarsi vincere dalla nostra diffidenza e cattiveria. Il Cuore di Gesù svela questo ‘disegno’ e lo rende noto a tutti i cuori, perché è da sempre, ancor prima della fondazione del mondo, anzi, motivo della stessa fondazione del mondo, perché è perenne, definitivo, sempre nuovo, perché risponde al desiderio e alla gioia di Dio e perché risponde al desiderio e al riposo dell’uomo. Se questa è la verità di Dio per l’uomo, come non proferire insieme al salmista: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla” (Sal 22/23,1)? E di che cosa potrei mancare quando si affoga in quella tenerezza che risana le radici del cuore?

Si comprendono allora le espressioni di certi santi che così descrivono l’amore di Dio: “Un grano di sabbia non fa peso davanti a una grande quantità d’oro. L’uso che Dio fa della sua giustizia non fa peso davanti alla sua misericordia. I peccati della carne sono come un pugno di sabbia gettato nell’oceano dello Spirito di Dio e come una sorgente che sgorga impetuosa non può essere ostacolata da una manciata di polvere, così la misericordia del Creatore non è arrestata dai vizi delle sue creature” (Isacco Siro). E come non bere la speranza dall’esperienza di quell’amore che ti dischiude il senso delle cose, e come non custodirla per tutti, se tutti aneliamo al riposo di quell’amore, sebbene l’arrivare alla coscienza di questo sia così differente l’uno dall’altro?

Quando recitiamo il Padre Nostro, preghiamo proprio perché quel ‘disegno’ eterno di Dio per l’uomo, in ciascuno e in tutti, si renda evidente, vero, diventi vera esperienza di vita del nostro cuore.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Ez 34,11-16

Dal libro del profeta Ezechièle

Così dice il Signore Dio:

«Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine.

Le farò uscire dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione.

Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d’Israele. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio.

Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 22 (23)

R. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla.

Su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia. R.

Mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome.

Anche se vado per una valle oscura,

non temo alcun male, perché tu sei con me.

Il tuo bastone e il tuo vincàstro

mi danno sicurezza. R.

Davanti a me tu prepari una mensa

sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca. R.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne

tutti i giorni della mia vita,

abiterò ancora nella casa del Signore

per lunghi giorni. R.

Seconda Lettura  Rm 5,5b-11

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Vangelo  Lc 15,3-7

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei e agli scribi questa parabola:

«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?

Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”.

Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione».