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Settimo ciclo

Anno liturgico A (2019-2020)

Tempo Ordinario

XIV Domenica

(5 luglio 2020)

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Zc 9, 9-10;  Sal 144;  Rm 8, 9. 11-13;  Mt 11, 25-30

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Le letture di oggi proclamano la venuta godibile del regno impersonato dal re-messia che si presenta mite e umile, portatore di pace e di ristoro. Il profeta Zaccaria lo descrive così: “Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina” (Zac 9,9), passo che gli evangelisti riferiscono a Gesù che entra trionfalmente in Gerusalemme, ma per vivere la sua passione d’amore. Quello che la descrizione profetica delinea in immagini, Gesù lo svela nel movimento interiore del suo cuore: “Venite a me, voi tutti …imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,28-29).

Il vangelo di Matteo non rivela la circostanza della proclamazione di Gesù, ma il passo parallelo di Lc 10,17-22 lo dice chiaramente. Tornano dalla missione di predicazione i 72 discepoli che Gesù aveva inviato davanti a sé, tutti contenti per il successo registrato, tanto che Gesù prorompe in un grido di esultanza: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza”. È l’esultanza di fronte all’accondiscendenza di benevolenza del Padre per gli uomini, che possono godere del suo amore senza averne alcun titolo. L’uomo può godere del fatto che Dio si approssimi a lui in Gesù e tutto si risolve in una questione di sguardo. L’uomo non deve conquistare Dio, ma aprirsi alla sua rivelazione. Dio è già dalla sua parte. L’unica conquista è quella di acquisire quell’atteggiamento del cuore che consente di ricevere la rivelazione del suo amore. È proprio questo a caratterizzare i ‘piccoli’, adulti che imparano a guardare come i bambini. I pensieri degli uomini non corrispondono ai pensieri di Dio e chi preferisce quelli di Dio ai propri appartiene al numero dei ‘piccoli’. La condivisione da parte di Gesù del compiacimento di Dio non allude semplicemente al fatto che a Dio piace rivelarsi ai piccoli, ma alla condizione essenziale perché Dio possa rivelarsi, come a dire: appena ci si fa piccoli, nella misura in cui ci si fa piccoli, Dio si rivela a noi. Qui si cela il segreto dell’obbedienza al Padre di Gesù, dell’obbedienza del discepolo al suo Maestro, dell’obbedienza della fede. L’esultanza di Gesù come del credente deriva da qui.

Gesù, dopo aver esultato per la benevolenza del Padre, aggiunge una affermazione misteriosa. Nessuno può conoscere la bontà di Dio se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo (cfr. Mt 11,27). Cosa significa? Dal momento che ai piccoli vengono rivelati i misteri del Regno, quel ‘colui’ non può che alludere a chi è piccolo. La sfumatura di senso risulta essere questa: non si tratta semplicemente di accogliere la parola che dice Gesù (in altri termini, non è la spiegazione che Gesù dà a colpire) ma di godere della presenza che la sua parola benevola suscita. È la presenza in intimità a svelare i misteri del Regno. Così ‘piccolo’ è colui che gode del suo esserci, del suo stare con noi, in intimità, senza perdersi in nessun altro pensiero o pretesa, proprio come i bambini che dipendono in tutto dal bene voluto loro. In questo senso risuona potente l’affermazione di Giovanni: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10).

La celebrazione di una rivelazione siffatta intesse tutto il salmo 145 (144), una lode ininterrotta per la venuta del regno di Dio, come d’altronde invocherà la preghiera del Padre nostro: venga il tuo regno! Venga il tuo regno in noi, si manifesti in noi, diventi godibile da noi, conquisti i cuori di tutti, perché tutti si ritrovino nella medesima lode dell’amore di Dio. E come il salmo celebra la cosa? Dicendo: “appaga il desiderio di quelli che lo temono”, che l’antica versione greca e latina rende con “farà la volontà di quelli che lo temono”. Non è più l’abituale richiesta di compiere noi la volontà di Dio, ma la singolare constatazione che Dio fa la volontà di coloro che a lui si affidano.  Qui si esprime tutto l’amore di Dio, qui si mostra la verità del suo Nome, come il salmo riprende dalla rivelazione sul Sinai dopo il peccato del vitello d’oro: “Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore” [in latino: patiens et multum misericors]. Non sono qualità di Dio, insieme ad altre; no, è la verità di Dio, è Dio in se stesso. E Gesù è venuto a far conoscere proprio il volto di Dio, quel volto, il vero volto di Dio. Se si pensa che il salmo 145 è composto di 150 parole, non si può non vederlo come il salmo conclusivo di tutto il salterio (a parte la dossologia finale dei salmi 146-150) e così non si può non constatare che tutta la preghiera dell’uomo tende a far entrare l’uomo nella benedizione del regno: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo” (Mt 25,34). Quel regno che Gesù dice essere il ‘ristoro per la vostra vita’.

Se non esiste via d’uscita alla fatica del vivere, è però possibile aprirsi alla grazia che la feconda. In effetti, se consideriamo il racconto della creazione nel libro della Genesi, scopriamo che Dio: “cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto” (Gn 2,2). L’espressione ‘cessare da ogni lavoro’ corrisponde a ‘riposare’. Ora, ‘riposare’, ‘riposo’, non sono concetti negativi, ma intrinsecamente positivi. Ciò che rende completa la creazione è quel ‘riposo’, sinonimo di pace, armonia, felicità, pienezza, vita eterna. Il termine greco usato nella Bibbia dei LXX per rendere ‘riposo’ è lo stesso che viene usato per le parole di Gesù: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita”. Il ‘ristoro’ che dà Gesù è quel ‘riposo’ che caratterizza la completezza della creazione. Ciò significa che Gesù costituisce davvero il compimento della nostra umanità; che in lui la nostra umanità si compie, si realizza e si ‘riposa’ (cfr. Mt 5,5). Non solo, ma che le caratteristiche del cuore di Gesù, mitezza e umiltà, costituiscono le coordinate di ogni possesso in pienezza, la cifra dello splendore dell’amore che ‘soddisfa’ il cuore dell’uomo. La dolcezza e leggerezza della legge evangelica derivano da qui, sebbene all’inizio e ad uno sguardo superficiale la legge evangelica appaia esigente e pesante, come del resto altri passi del vangelo dichiarano senza reticenze.

La colletta poi riassume in tre caratteristiche l’andare a Gesù: ‘rendici poveri, liberi ed esultanti’. Poveri di tutto ciò che ci allontana dalla rivelazione del volto di misericordia di Dio per noi, liberi da tutto ciò che si oppone a quella rivelazione ed esultanti per tutto ciò che la consente. Ma giustamente ‘a imitazione del Cristo tuo Figlio’ perché, per quanto si sia desiderosi dei segreti di Dio, non si è disposti a riconoscerli dove si trovano, ad accettarli per quello che sono, a goderli per quello che comportano. Stare con il Signore Gesù è il modo migliore per riconoscere le vie di Dio, accogliere i suoi segreti e non illudere il nostro cuore. Per questo, per quanto strana suoni l’espressione, viene aggiunto ‘per portare con lui il giogo soave della croce’. Nulla di più contrastante tra ‘soavità’ e ‘croce’. Ma quel ‘con lui’ cambia tutto.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Zc 9, 9-10

Dal libro del profeta Zaccaria.

«Esulta grandemente, figlia di Sion,

giubila, figlia di Gerusalemme!

Ecco, a te viene il tuo re.

Egli è giusto e vittorioso,

umile, cavalca un asino,

un puledro figlio d’asina.

Farà sparire il carro da guerra da Èfraim

e il cavallo da Gerusalemme,

l’arco di guerra sarà spezzato,

annuncerà la pace alle nazioni,

il suo dominio sarà da mare a mare

e dal Fiume fino ai confini della terra».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 144

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

O Dio, mio re, voglio esaltarti

e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.

Ti voglio benedire ogni giorno,

lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Buono è il Signore verso tutti,

la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere

e ti benedicano i tuoi fedeli.

Dicano la gloria del tuo regno

e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole

e buono in tutte le sue opere.

Il Signore sostiene quelli che vacillano

e rialza chiunque è caduto.

Seconda Lettura  Rm 8, 9. 11-13

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.

E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

Vangelo  Mt 11, 25-30

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».