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Settimo ciclo

Anno liturgico A (2019-2020)

Tempo Ordinario

VI Domenica

(16 febbraio 2020)

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Sir 15,15-20;  Sal 118;  1Cor 2,6-10;  Mt 5,17-37

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Nella tradizione ebraica si trova questa affermazione: “La Torà che si impara in questo mondo non è nulla in confronto alla Torà del Messia” (Midrash Qohelet 11,8). Il vangelo di Matteo legge la Legge con gli occhi di Gesù perché Gesù è la Torà vivente. Non c’è antitesi tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Il vangelo dice: c’è compimento. Cosa significa? Gesù non contrappone il suo insegnamento all’insegnamento di prima. Il suo insegnamento consiste nello sviscerare quello antico, interpretandolo secondo l’autorità che aveva all’origine. Risale all’intenzione stessa di Dio nel dare la Torà. La novità non sta nel suo insegnamento, ma nel fatto che l’insegnamento compiuto è la sua persona, la sua umanità, è lui stesso. Per questo può proclamare: avete inteso che … ma io vi dico!

Il canto al vangelo, che nella liturgia costituisce come la finestra di luce per cogliere il vangelo nella sua portata di rivelazione, è costituito dalla lode che Gesù innalza al Padre vedendo i suoi discepoli tornare contenti dopo la predicazione: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno” (Mt 11,25). Come collegare la rivelazione ai piccoli con questo elenco di ingiunzioni che riguardano la vita adulta nelle sue specificazioni drammatiche: omicidi, adulteri, divorzi, tribunali? Mi sono ricordato dell’invito della prima lettera di Pietro alla comunità dei credenti: “Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza” (1Pt 2,2). Solo con un cuore luminoso da bambino si possono ascoltare queste parole di Gesù. Come dice, in modo inconsueto, il libro del Siracide: “A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare”.

Il principio di fondo è riconducibile all’eccedenza del vangelo rispetto alla legge: “se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 5,20). La frase non riguarda una categoria di persone. Riguarda l’umanità nel suo insieme, riguarda la nostra umanità. Cercare di arrampicarsi fino al cielo con l’esibizione delle proprie opere è fatica vana. In altri termini: cercare semplicemente di essere irreprensibili non porta alla gioia. E siccome il regno dei cieli è la condivisione della gioia di Dio che si appressa all’uomo attirandolo a sé, inondandolo del suo amore e indirizzandolo a vivere di quell’amore verso tutti, pensare alla propria irreprensibilità è fatica sprecata. Le parole del Signore, i suoi comandamenti, non sono semplici ingiunzioni o precetti alla cui osservanza è promessa la nostra beatitudine futura. Sono assai di più, sono rivelazione di Lui, modalità di partecipazione alla stessa vita divina, spazi di comunione con lui e con i fratelli, luoghi di intimità. Gesù allude sempre nel suo annuncio del Regno a una eccedenza, a una sovrabbondanza rispetto alla giustizia che cerchiamo con le nostre opere. In effetti, il senso della nostra vita si gioca non nel fare il bene, ma nel farlo per entrare nel segreto di Dio. È un’intimità, che fa vivere la vita dentro un’obbedienza e un’alleanza che sperimentiamo a nostro favore; un’intimità capace di riempire il cuore, di rendere la vita degna di essere vissuta.

In questa luce, la ‘giustizia superiore’ alla quale Gesù invita i suoi discepoli non si riferisce ad opere diverse da quelle comandate in precedenza, come esistesse un’opera maggiore rispetto a quelle di prima, ma alla capacità di percezione e alla fedeltà all’intenzione segreta di Dio a cui le opere richieste rimandano. Il ‘compimento’ di cui parla Gesù non allude all’aggiunta di qualcosa, ma alla radicalità dell’esperienza che rimanda direttamente a Dio e alla sua rivelazione. Il compimento di Gesù, che risalterà in tutto il suo splendore con la sua passione e morte, mostra la profondità di provenienza dei comandamenti e la bellezza della promessa di Dio racchiusa nei comandamenti perché l’uomo possa finalmente godere della comunione con il suo Dio, dentro un’umanità solidale, e non semplicemente ‘tenerlo buono’ con la propria giustizia, dal momento che la propria giustizia non fa splendere il cuore.

Così, gli esempi che Gesù porta dicono ciò che conta nell’osservanza dei comandamenti, cioè la tensione del cuore. Non basta non uccidere fisicamente per non essere condannati davanti a Dio. Se il cuore coltiva l’ira contro il proprio fratello, non sarà mai luminoso. I padri del deserto hanno ben interpretato il senso di questi versetti: hai offeso il tuo fratello? L’hai assassinato! È la radicalizzazione dell’amore ottenuto con la vigilanza sul cuore per custodirlo nella mitezza e rapportarsi al fratello nella benevolenza di Dio. La stessa cosa vale per la preghiera. Sarebbe vano cercare di tirare Dio dalla nostra parte facendo valere le nostre ragioni. Dio accorre in un cuore che splende della benevolenza verso il prossimo. D’altra parte, quella luminosità non si può ottenere se non si è in armonia con il proprio mondo interiore. È il detto sul mettersi d’accordo con il proprio avversario prima del giudizio. Detto, che i Padri hanno sempre interpretato nel senso di non fare mai nulla contro la propria coscienza, che agisce come il nostro accusatore. Fare armonia significa vivere unificati e solo a questo livello non si è passibili di giudizio.

Anche rispetto all’adulterio vale la stessa osservazione. Senza la purità dello sguardo, il cuore non può restare puro. Purità, che si ottiene con la rinuncia a un certo uso dei sensi esteriori per non atrofizzare il senso interiore. È l’esemplificazione paradossale dell’invito: rinnega te stesso! Ma siccome Gesù ha di mira la tensione del cuore, il valore dell’invito non può essere negativo. Gli atti negativi non hanno plausibilità per il cuore. L’invito significa invece: fai spazio a ciò che davvero conta, fai crescere ciò che risponde al desiderio profondo del cuore, sii creativo nel bene e non semplicemente negatore del male. Come l’antica colletta ben esprime: “O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora”.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Sir 15, 15-20

Dal libro del Siracide

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;

se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.

Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:

là dove vuoi tendi la tua mano.

Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male:

a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.

Grande infatti è la sapienza del Signore;

forte e potente, egli vede ogni cosa.

I suoi occhi sono su coloro che lo temono,

egli conosce ogni opera degli uomini.

A nessuno ha comandato di essere empio

e a nessuno ha dato il permesso di peccare.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 118

Beato chi cammina nella legge del Signore.

Beato chi è integro nella sua via

e cammina nella legge del Signore.

Beato chi custodisce i suoi insegnamenti

e lo cerca con tutto il cuore.

Tu hai promulgato i tuoi precetti

perché siano osservati interamente.

Siano stabili le mie vie

nel custodire i tuoi decreti.

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,

osserverò la tua parola.

Aprimi gli occhi perché io consideri

le meraviglie della tua legge.

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti

e la custodirò sino alla fine.

Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge

e la osservi con tutto il cuore.

Seconda Lettura  1 Cor 2,6-10

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.

Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.

Ma, come sta scritto:

«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,

né mai entrarono in cuore di uomo,

Dio le ha preparate per coloro che lo amano».

Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.

 

Vangelo  Mt 5, 17-37

Dal vangelo secondo Matteo

[In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:] «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto.

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli.

Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché [io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non uccidere”; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio.] Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.

Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.

Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!

[Avete inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.]

Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, càvalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tàgliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.

Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio”; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.

[Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto]: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. [Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».]