Sesto ciclo
Anno liturgico B (2017-2018)
Tempo Ordinario
XXXIV Domenica
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo
(25 novembre 2018)
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Dn 7,13-14; Sal 92; Ap 1,5-8; Gv 18,33b-37
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Il ciclo liturgico si chiude fissando lo sguardo su due immagini che si sovrappongono: l’immagine dell’Agnello, ritto in piedi, in mezzo al trono, di cui ci parla l’Apocalisse e quella del Re, di cui ci parla il vangelo, nell’ottica della Pasqua terrena ed eterna che le due immagini richiamano. Sebbene l’immagine del re richiami la signoria universale di Gesù e il suo ruolo di Giudice alla fine dei tempi, la liturgia sceglie come icona della regalità il brano del processo davanti a Ponzio Pilato e ai capi dei giudei, dove il potere religioso e il potere politico rivelano la loro inconsistenza rispetto alla verità. Nell’arte italiana, il quadro della flagellazione di Gesù di Piero della Francesca è il più espressivo rispetto a tale sottolineatura.
Il vangelo di Giovanni non parla della predicazione del regno da parte di Gesù, tema centrale invece nella narrazione dei sinottici. In Giovanni, Gesù non predica il regno, è egli stesso il re. Ma la verità della sua regalità è descritta su due piani contrapposti: sul piano della cronaca, Gesù passa come re per burla (i soldati che lo deridono), come re per dispregio (l’accusa dei giudei di fronte a Ponzio Pilato), come re per finta ma finta atroce (Pilato lo consegna per essere crocifisso), come re perdente e impotente (è innalzato ma sulla croce e lì vi muore); sul piano della verità della storia, Gesù è il re vittorioso, ma non per un regno di questo mondo, è il re che attira tutti all’amore di Dio, è il re che rivela lo splendore dell’amore del Padre. La narrazione della passione di Gesù in Giovanni va letta sempre in contrappunto con questo piano della verità delle cose.
Il re messianico, colui che avrebbe inaugurato l’era messianica, era designato con l’espressione ‘colui che viene’, espressione che era risuonata festosa, pochi giorni prima, sulla bocca dei discepoli all’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, ripresa dal canto al vangelo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!” (Mc 11,9-10). Per mettere maggiormente in risalto il valore dell’espressione sarebbe bene tradurre: ‘Benedetto nel nome del Signore colui che viene!’. Se teniamo presente che quell’espressione risuona come definizione di Dio: “Io sono l’Alfa e l’Omega, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Ap 1,8) e che l’ultima parola della Bibbia si raccoglie in un doppio grido da e per Colui che viene: “Sì, vengo presto! Amen. Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20), allora se ne può intuire la densità di significato. Colui che da sempre è stato atteso, colui che da sempre si attende, Colui che riassume tutte le nostre attese è proprio Lui, il re dei giudei, sotto processo, condannato, giustiziato. Perché a questo è destinato colui che proclama la verità, colui il cui regno non è e non appartiene a questo mondo, ma di cui il senso è noto e svelato soltanto da Lui.
Quando dice che il suo regno non è di questo mondo, non vuol dire che non riguarda questo mondo, ma più semplicemente e più potentemente che proprio perché non è di questo mondo, può essere in questo mondo, può riprenderne le minime cose senza sciuparle, può riprendere ciò che è rotto e farne un canale. Lo proclamerà dall’alto della croce quando si svelerà la profezia messianica: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). È la verità dell’amore del Padre per tutti i suoi figli che in lui splende.
È d’altronde caratteristico che il re promesso sia crocifisso: crocifisso in quanto re, re in quanto crocifisso. Non vale più alcun titolo di prestigio o potere, solo lo splendore dell’amore! Mi sembra che nel corso del processo si richiamino a vicenda, nella loro profondità di verità, le due espressioni sarcastiche, una proferita e l’altra pensata: ‘Ecco l’uomo’; ‘Ecco il vostro Dio’. Fin sotto la croce arriva l’eco di questo sarcasmo. Ma il sarcasmo non toglie la verità: Gesù è davvero l’uomo pieno, libero, sovrano nell’amore e nella dedizione ed è davvero il vero volto di Dio, il volto di compassione e misericordia, capace di salvare.
Credo sia questo il senso per cui Gesù abbina il titolo di re alla verità: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. La regalità di Gesù ha a che fare con la verità, che è amore. È la proclamazione ferma, sovrana, del brano dell’Apocalisse: “A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre…”. A Lui, all’Agnello immolato fin dalla fondazione del mondo, a colui che costituisce l’inizio e la fine, a lui tutti volgeranno gli sguardi perché tutti vanno in cerca della verità che acquieta solo quando si rivela come amore, amore per noi.
Così l’espressione ‘chiunque è dalla verità ascolta la mia voce’ acquista il significato: chiunque vuol compiere in verità i desideri del suo cuore ascolta la mia voce, vale a dire regna con me, serve come me. Servire e regnare si richiamano a vicenda perché ambedue sono in funzione dell’amore che risplende in verità: nel servire è allusa la fedeltà all’alleanza con Dio, mentre nel regnare è allusa la libertà dei cuori liberata da odio e tristezza e perciò sovrana. L’alleanza si traduce in desiderio di fraternità, dove ormai non si tratta più di attirare a me le simpatie del Re, che è già tutto dalla mia parte, ma di condividere con lui i suoi sentimenti verso l’umanità intera. Posso così chiamare mio il mio Re, quando rispetto a tutti sono soltanto servo perché condivido ormai il suo segreto, che è il suo desiderio di comunione con gli uomini che diventa lo scopo supremo dell’agire umano.
Quando, nell’orazione dopo la comunione, preghiamo: “Fa’ che obbediamo con gioia a Cristo, Re dell’universo, per vivere senza fine con lui, nel suo regno glorioso”, domandiamo di imparare ad assumere il servizio all’umanità come condivisione del segreto di Dio perché si manifesti lo splendore di verità del suo amore per noi, in mezzo a noi. E come viverlo senza che i nostri sguardi si volgano con tenerezza a quel ‘re, schernito, vilipeso, crocifisso’ per tutti?
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Dn 7, 13-14
Dal libro del profeta Danièle
Guardando nelle visioni notturne,
ecco venire con le nubi del cielo
uno simile a un figlio d’uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui.
Gli furono dati potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano:
il suo potere è un potere eterno,
che non finirà mai,
e il suo regno non sarà mai distrutto.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 92
Il Signore regna, si riveste di splendore.
Il Signore regna, si riveste di maestà:
si riveste il Signore, si cinge di forza.
È stabile il mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il tuo trono da sempre, dall’eternità tu sei.
Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore.
Seconda Lettura Ap 1, 5-8
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.
A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen!
Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!
Vangelo Gv 18, 33b-37
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».