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Quinto ciclo

Anno liturgico C (2015-2016)

Tempo di Pasqua

Pentecoste

(15 maggio 2016)

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At 2, 1-11;  Sal 103;  Rm 8, 8-17;  Gv 14, 15-16. 23-26

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L’antifona di ingresso della messa vigiliare di Pentecoste definisce la fede in Gesù come un’esperienza di amore nello Spirito: “L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ha stabilito in noi la sua dimora” (cfr. Rm 5,5; 8,11). E sempre riferendoci al capitolo 8 della lettera ai Romani, Paolo descrive la liberazione della creazione dalla schiavitù della corruzione in questi termini: ‘… per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio’ (Rm 8,21). Ciò significa che l’effetto caratteristico della fede in Gesù per coloro che si lasciano guidare dal suo Spirito è il ritrovare la libertà della dignità dei figli di Dio, come è Gesù. Per questo continua dicendo che ‘siamo stati salvati nella speranza’ (Rm 8,24) perché la dinamica dell’esercizio di questa libertà si attua man mano che procede la nostra vita fino a che tutta la nostra umanità possa splendere della gloria della comunione goduta.

Nella messa del giorno di Pentecoste l’azione dello Spirito viene espressa con tre verbi: guida, insegna, ricorda. Possiamo interpretare in questo modo.

Guida=fa scaturire quel principio di libertà del figlio, non più asservito a nulla se non all’amore del Padre che in Gesù si manifesta e che è rivolto a tutti. La caratteristica di fondo di tale guida è che non avviene su imposizione o costrizione, ma secondo un’intimità di volere e di comunione, come Gesù descrive dicendo che “verremo a lui, e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).

Insegna=allude alla dinamica della fede. Non semplicemente istruisce, ma fa scaturire la vita dalla parola che viene accolta nel cuore. Come Gesù dice: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva” (Gv 7,37-38). Ogni parola di Gesù, essendo parola di verità, è anche parola di vita. Lo Spirito Santo è colui che apre per il nostro cuore la verità e la vita di ogni parola di Gesù, inesauribile nel suo mistero, facendo sì che la nostra parola diventi a sua volta segno di quella verità e di quella vita.

Ricorda=allude al mistero della rivelazione di Gesù, che non si riferisce semplicemente al contenuto delle sue parole, ma all’esperienza della vita trinitaria di cui sono rivelative. In effetti, lo Spirito, ottenutoci dalla passione gloriosa di Gesù, svela al nostro cuore il colloquio eterno tra il Padre e il Figlio a proposito della salvezza dell’uomo, il colloquio tra il Padre e il Figlio che vive la sua umanità nell’amore per gli uomini. Tutto questo ‘colloquio’ lo Spirito ha udito e ce ne rende partecipi. Così conosceremo la verità, vale a dire la grandezza dell’amore di Dio per l’uomo, che in Gesù si è fatto evidente, a noi accessibile, per la fede in lui. Ci farà gustare la promessa di Gesù: “Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,15).

Delle due immagini caratteristiche della Pentecoste, le lingue che compaiono sul capo degli apostoli e il fuoco di cui si prega “Vieni, santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore”, il fuoco esprime appunto la cifra di quel colloquio, la condivisione di un segreto capace di far ardere il cuore. Collegare l’invio dello Spirito alla memoria di Gesù, che compie la volontà di bene per noi di Dio, significa ridare al cuore dell’uomo la percezione della verità del fuoco dell’amore di Dio che a lui arriva tramite Gesù. Se tale è la percezione del cuore, allora il cuore non potrà che vivere nell’onda di quell’amore e estenderlo a tutti, fino ai confini della terra. Qui si collega la responsabilità della testimonianza, che non sarà più vissuta tanto come impegno o dovere ma come sovrabbondanza: lo Spirito riempirà di Gesù i cuori fino a che tutta la sua verità risplenda e conquisti, me come tutti. La testimonianza è in funzione di uno splendore, non di un impegno!

La comparsa delle lingue a Pentecoste proclama: l’opera di Dio unisce tutti gli uomini. E l’opera di Dio è la verità del suo amore per gli uomini che in Gesù si è fatto visibile e accessibile. Il miracolo che a Pentecoste acquista una rilevanza fisica tanto che ognuno sente proclamare l’opera di Dio nella sua lingua nativa (= ogni lingua, ogni uomo, nella sua diversità, è chiamato a proclamare la stessa ed unica cosa), è lo stesso miracolo che è operato nei cuori dallo Spirito quando li convince a muoversi nella carità, aprendo la diversità alla comunione e facendo esperienza che così viene proclamato l’amore di Dio che riempie i cuori. Riconoscere, assecondare, favorire tale dinamica, significa aver ricevuto e agire nella potenza dello Spirito Santo.

L’aspetto singolare per i credenti è dato dal fatto che l’impegno della testimonianza, di cui è fatto loro comando, consiste proprio in questa lingua di comunione. La verità che lo Spirito fa conoscere è prima di tutto la verità dello splendore dell’amore di Dio per gli uomini che in Gesù rifulge, ragione per la quale l’unione dei discepoli con il Cristo precede e fonda la carità che sono chiamati a usarsi vicendevolmente. Anzi, quella carità sarà segnale per il mondo perché testimonia la potenza della presenza del Signore nel mondo.

È caratteristico che la settima beatitudine suoni: ‘beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio’ (Mt 5,9), da comprendere insieme all’altra espressione: ‘tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio’ (Rm 8,14). Lo Spirito agisce nei discepoli di Gesù nel senso di renderli come lui, il Figlio di Dio, la cui testimonianza si risolve nel mostrare quanto è grande l’amore di Dio per gli uomini. E come per il Figlio la fonte della sua testimonianza sta nella comunione di vita con il Padre, così nei discepoli la potenza della loro azione deriva dalla intimità di comunione con il Figlio che non si stanca di trascinarli a cercare gli uomini perché godano anch’essi dell’amore del Padre. In questo i discepoli imparano a parlare la lingua della comunione, la lingua dello Spirito.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  At 2, 1-11

Dagli Atti degli Apostoli

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 103

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia!

Sei tanto grande, Signore, mio Dio!

Quante sono le tue opere, Signore!

Le hai fatte tutte con saggezza;

la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,

e ritornano nella loro polvere.

Mandi il tuo spirito, sono creati,

e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;

gioisca il Signore delle sue opere.

A lui sia gradito il mio canto,

io gioirò nel Signore.

Seconda Lettura  Rm 8, 8-17

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.

E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

Sequenza

Vieni, Santo Spirito,

manda a noi dal cielo

un raggio della tua luce.

Veni, Sancte Spíritus,

et emítte cǽlitus

lucis tuæ rádium.

Vieni, padre dei poveri,

vieni, datore dei doni,

vieni, luce dei cuori.

Veni, pater páuperum,

veni, dator múnerum,

veni, lumen córdium.

Consolatore perfetto,

ospite dolce dell’anima,

dolcissimo sollievo.

Consolátor óptime,

dulcis hospes ánimæ,

dulce refrigérium.

Nella fatica, riposo,

nella calura, riparo,

nel pianto, conforto.

In labóre réquies,

in æstu tempéries,

in fletu solácium.

O luce beatissima,

invadi nell’intimo

il cuore dei tuoi fedeli.

O lux beatíssima,

reple cordis íntima

tuórum fidélium.

Senza la tua forza,

nulla è nell’uomo,

nulla senza colpa.

Sine tuo númine,

nihil est in hómine

nihil est innóxium.

Lava ciò che è sordido,

bagna ciò che è arido,

sana ciò che sanguina.

Lava quod est sórdidum,

riga quod est áridum,

sana quod est sáucium.

Piega ciò che è rigido,

scalda ciò che è gelido,

drizza ciò ch’è sviato.

Flecte quod est rígidum,

fove quod est frígidum,

rege quod est dévium.

Dona ai tuoi fedeli

che solo in te confidano

i tuoi santi doni.

Da tuis fidélibus,

in te confidéntibus,

sacrum septenárium.

Dona virtù e premio,

dona morte santa,

dona gioia eterna.

Da virtútis méritum,

da salútis éxitum,

da perénne gáudium.

Vangelo  Gv 14, 15-16. 23-26

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».