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Settimo ciclo

Anno liturgico A (2019-2020)

Tempo Ordinario

XXIII Domenica

(6 settembre 2020)

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Ez 33,7-9;  Sal 94;  Rm 13,8-10;  Mt 18,15-20

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Il brano evangelico di oggi e di domenica prossima è tratto dal capitolo 18 di Matteo, quello in cui viene delineata l’immagine realistica della comunità dei credenti, una comunità bisognosa sempre del perdono vicendevole. Il brano di oggi riguarda i peccati pubblici e quello di domenica prossima i peccati privati. Per meglio dire, oggi l’accento è sul peccato contro l’appartenenza alla chiesa e domenica prossima sul peccato che interessa le relazioni tra persone. In effetti, l’espressione che oggi si proclama: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te …”, nei codici più antichi, il Sinaitico e il Vaticano del IV secolo, non è riportato l’inciso ‘contro di te’, a indicare che si tratta di un peccato pubblico. Matteo delinea la linea da seguire in questi casi. Si può pensare che per peccato pubblico si intenda una posizione eretica rispetto alla fede della Chiesa, una rivendicazione di liceità in contrasto con l’insegnamento comune quanto al comportamento. L’invito è: non abbiate fretta di condannare! Cercate in ogni modo di far emergere le intenzioni del cuore, date spazio all’ascolto, lasciate che le cose si possano giudicare con calma, prima a tu per tu, poi con qualche persona e infine pubblicamente. Lasciate che i cuori si possano spiegare. Solo dopo aver tentato tutte le vie, allora la chiesa può ricorrere alla sua autorità di ‘legare e sciogliere’, vale a dire di scomunicare e accogliere. Evidentemente, la presa d’atto che la persona in accusa sia riconosciuta fuori dalla chiesa non è un principio di autorità. L’autorità è solo quella di accogliere, di perdonare, di sostenere la conversione dei cuori. E quando tutto risultasse inutile rispetto alla pervicacia dei cuori, vale sempre il ricorso alla preghiera, vale a dire al mistero della benevolenza dei cuori che affidano a Dio altri cuori che solo Lui conosce.

Il richiamo al fatto che dove due o tre sono riuniti nel nome di Gesù, lì c’è lui, assume un valore molto più estensivo. Come a dire: la preghiera pura può scaturire da un cuore solo quando è pienamente riconciliato con i suoi fratelli. E la preghiera pura sempre ottiene. La frase non è tanto un invito alla preghiera, ma un invito a cercare sempre e comunque la riconciliazione, a dare sempre e comunque il perdono, realizzando in questo l’angolo di paradiso sulla terra: dove c’è comunione, Dio è glorificato come Padre di tutti. Come aveva potentemente intuito san Francesco chiamando ‘Porziuncola’, particella di paradiso, il primitivo luogo di abitazione con i suoi fratelli perché l’unica regola era il perdonarsi scambievolmente in tutto e in ogni cosa.

Solo così la preghiera che la chiesa innalza a Dio con la colletta risulta efficace: “ … guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna”. Dove si respira vera libertà? Là dove il perdono vicendevole è il principio supremo del movimento interiore. La libertà è correlata alla eredità eterna nel senso che solo nella condivisione totale ai fratelli del perdono che si riceve da Dio è dato di gustare la dolcezza del regno. Quello che la sentenza del re esprimerà a coloro che si sono chinati sui loro fratelli: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo”. Perché coloro che si chinano sui loro fratelli realizzano quello che Paolo dice ai credenti di Corinto: “Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro [‘altro’ non si riferisce solo al fratello credente, ma anche al pagano e al peccatore] ha adempiuto la legge” (Rm 13,8).

Il canto al vangelo: “Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione” (2Cor 5,19) rimanda alla radice per cui si può vivere senza debiti con nessuno se non dell’amore. Se Dio affida all’uomo il ministero della riconciliazione, vuol dire che ritiene l’uomo suo compagno. Con la rivelazione di Gesù, che svela, mentre compie, questo supremo desiderio di Dio, possiamo scorgere all’opera nel mondo le segrete intenzioni di Dio nei confronti delle sue creature. Per questo ci è affidata la parola della riconciliazione. È la parola come forza d’attrazione, come rivelazione del segreto di quel ‘far grazia di sé’ di Dio a noi, di noi a tutti. È il mistero della carità condiviso. Paolo riferisce di sé: “l’amore di Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti”. Se quell’amore ci possiede, allora non si può non essere inglobati nel movimento di riconciliazione che Gesù vive nel suo essere inviato al mondo perché il mondo si apra allo splendore dell’amore del Padre. Se la chiesa, nel suo insieme, come comunità di credenti stretta attorno al suo Signore, ha un mistero da esprimere, un compito da vivere, una responsabilità da onorare, non può che essere quello della riconciliazione. Questo perché ciò che fa splendere la presenza di Dio nel mondo è la misericordia, la compassione, la solidarietà nei sentimenti di umanità, solidarietà che nella fatica quotidiana del vivere e del vivere le relazioni è testimoniata dal perdono vicendevole. Più è sincero, più è profondo, più è radicale, più si vive il comandamento: ama il prossimo tuo come te stesso. Vale a dire: fài esperienza che l’umanità dell’altro vale precisamente come la tua, allo stesso titolo; che la tua umanità non ha nulla da essere preferita all’umanità dell’altro. Solo così si testimonia la presenza del regno di Dio che è splendore di comunione.

Una delle espressioni più belle che definiscono la comunità dei credenti la ravviso nell’ultima strofa dell’inno delle Lodi del Comune degli Apostoli, inno che così canta: “L’annuncio che udiste nell’ombra gridatelo alto nel sole: è questa l’estrema consegna del Dio crocifisso e risorto. E voi dite, ridite sui tetti la voce che parla nel cuore: apostoli siate alle genti di Cristo, salvezza e vittoria. Il nuovo messaggio di vita vi ha spinti ai confini del mondo, su lunghi sentieri di croce, araldi del giorno che viene. Su voi, resi saldi in eterno, s’edifica e innalza la Chiesa che eterna, riversa sul mondo da Dio, come un fiume, la pace”. La storia della chiesa, la nostra piccola storia quotidiana rivela la verità di questa espressione: “che eterna, riversa sul mondo da Dio, come un fiume, la pace”? Chi ci avvicina, chi vive con noi, sente anzitutto questo? Perché questo è il segno dell’apertura di credito al vangelo nella nostra vita.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Ez 33, 7-9

Dal libro del profeta Ezechiele

Mi fu rivolta questa parola del Signore:

«O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia.

Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te.

Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 94

Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,

acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,

in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

È lui il nostro Dio

e noi il popolo del suo pascolo,

il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!

«Non indurite il cuore come a Merìba,

come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri:

mi misero alla prova

pur avendo visto le mie opere».

Seconda Lettura  Rm 13, 8-10

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge.

Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso».

La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.

Vangelo  Mt 18, 15-20

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.

In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».