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Settimo ciclo

Anno liturgico A (2019-2020)

Tempo di Pasqua

V Domenica

(10 maggio 2020)

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At 6, 1-7;  Sal 32;  1Pt 2,4-9;  Gv 14,1-12

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Gesù sta introducendo i suoi discepoli al mistero della sua persona e della sua morte-risurrezione. Per comprendere le parole del brano di oggi dobbiamo fare un passo indietro. Quando Giuda è uscito dal cenacolo, Gesù commenta: “ora è glorificato il Figlio dell’uomo”. E rivela che dove va lui i discepoli non possono venire. È a questo punto che Gesù inserisce il comandamento nuovo dell’amore vicendevole. Spesso la rivelazione evangelica non scaturisce dal contenuto delle affermazioni fatte ma dal collegamento sotterraneo che ci offre il fondale di luce necessario per comprenderle.  L’amore vicendevole è collegato alla sua dipartita. Vale a dire: l’amore vicendevole perpetuerà la presenza del Cristo tra di noi, sarà il suo volto visibile tra di noi. Questo, Pietro non lo poteva ancora comprendere e quindi lui non segue questo discorso di Gesù; segue il precedente: perché lui non può andare dove va Gesù? È pronto a dare la vita per lui! Qui si innesta il secondo passaggio nevralgico: Gesù non rifiuta la sua offerta, ma lo avverte dell’illusione che vive. Di lì a poco lo rinnegherà.

Attenzione però. Gesù non gli predice semplicemente il suo rinnegamento. Lo vuole portare più in profondità. Come gli dicesse: se non prenderai la vita da me, ti illudi di potermi dare la tua. Se prima io, che sono il maestro, non avrò dato la vita per voi, come potete pensare che io chieda a voi una cosa che ancora non vi ho dato? E poi, non ho bisogno io della vostra vita, ma voi della mia. A voi verrà richiesto di dare la vostra vita ai vostri fratelli perché tutti possano credere all’amore di Dio. I discepoli non sono ancora pronti a entrare in questa prospettiva e restano bloccati sul timore della predizione. Gesù allora li esorta: “non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1). Ed è per sciogliere in loro questo turbamento che promette loro di tornare indietro da dove andrà perché “dove sono io siate anche voi” (Gv 14,3). Il mistero è dato da quel ‘dove’. Dove è Gesù? Quel ‘dove’ esprime il punto in cui rimanere con lui. Ma qual è? Se ritorniamo al principio del racconto evangelico di Giovanni noteremo che la prima domanda che i discepoli fanno a Gesù è: “maestro, dove rimani” (abiti, dimori, stai, vivi)? In greco, il verbo è sempre il medesimo: rimanere. Lo stesso verbo, che ricorre nell’ultima cena quando Gesù dice: ‘rimanete in me e io in voi’. Rimanere in lui dove? È questa la sfumatura di senso da cogliere.

Ecco il terzo passaggio nevralgico. Il ‘dove’ è definito dalla risposta di Gesù a Tommaso, l’uomo ardente e con i piedi per terra: ma se non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via? L’impossibilità per i discepoli di capire è proprio data dal fatto di non collegare luogo e movimento. Il dove è una via, non è un posto. La via ha una valenza dinamica potente perché corrisponde alla direzione del movimento di riportare tutto al Padre. Il dove è il movimento in cui essere trascinati con Gesù nel dare testimonianza al mondo della grandezza dell’amore del Padre perché tutto torni a splendere proprio nel suo amore. Ecco perché Gesù non ha bisogno di chiedere ai suoi discepoli di dare la vita per lui. Lui trascina i suoi discepoli perché, in lui, diano la loro vita ai fratelli perché tutti conoscano l’amore di Dio. Ora, questo movimento non è che il movimento dell’emergere della verità dell’amore che prevale su tutto e l’amore non è che vita eterna, vita cioè non più soggetta ad alcuna mortificazione o confinamento o restrizione. È la descrizione della stessa vita divina, della vita della Trinità che, in Gesù, ci viene partecipata.

Quando il salmo responsoriale annuncia: “dell’amore del Signore è piena la terra”, allude proprio al mistero dell’invio di Gesù al mondo perché torni a vivere della comunione con il suo Dio, che fa la sua bellezza e il suo compimento. Quell’invio aveva come obiettivo la passione-morte-risurrezione del Figlio dell’uomo a sigillo di questo movimento dell’amore di Dio che tutto trascina a sé. La fede in Gesù non è che la visione e la condivisione di questo movimento a favore del mondo. È da dentro questa prospettiva che prende risalto il comandamento nuovo, l’amore vicendevole, consegnato da Gesù ai suoi discepoli quando ancora non ne potevano capire la portata.

Di tutto questo Pietro mostra la gloria per l’uomo dicendo: “Onore dunque a voi che credete” (1Pt 2,7). Quando la Parola è riconosciuta vera vuol dire che l’uomo ha ritrovato, ha scoperto, si è lasciato toccare dalla dignità dell’amore, non l’amore suo che indirizza verso Dio, del resto, sempre fallibile e fragile, ma dell’amore di Dio che su di lui viene riversato.

Così la fede dei discepoli non può non avere una tensione ‘apostolica’: per credere al Cristo occorre ritrovarsi nel suo stesso ‘essere inviati’ perché il mondo conosca che amiamo il Padre e facciamo quello che il Padre ha comandato, cioè di amare tutti. Solo a mistero pasquale compiuto gli apostoli si rendono conto della reale posta in gioco del loro seguire il Signore e della grazia concessa al mondo. Tanto che possiamo dire: noi siamo il luogo della gloria di Dio (cfr. Gv 1,14)! Grazia e responsabilità tremenda per i discepoli.

Se Filippo incalza: “Signore, mostraci il Padre e ci basta” e Gesù risponde: “Io sono nel Padre e il Padre è in me”, vuol dire che si ripresenta l’antica richiesta di Mosè: “Mostrami la tua Gloria” (Es 33,18).  Filippo non si rende conto che chiedere di ‘mostrare il Padre’ significa voler vedere il Dio che salva e il Regno di Dio venire con potenza; significa cioè voler vedere risplendere in Gesù l’amore di Dio per gli uomini dall’alto della croce.

L’ultimo sigillo sarà posto con l’intervento Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?” (Gv 14,22). La rivelazione di Dio non atterra nessuno, non si impone a nessuno, non costringe nessuno. Dio si svela nell’amore per lui, scoperto in Gesù e quello che è avvenuto per i suoi discepoli, così avverrà per tutti e i discepoli si presenteranno a tutti come l’invito a entrare nella stessa via, per vedere la stessa verità e avere la stessa vita. Il luogo del Padre, nel Figlio e grazie al Figlio, sono i credenti!

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  At 6, 1-7

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.

Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola».

Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.

E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 32

Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo.

Esultate, o giusti, nel Signore;

per gli uomini retti è bella la lode.

Lodate il Signore con la cetra,

con l’arpa a dieci corde a lui cantate.

Perché retta è la parola del Signore

e fedele ogni sua opera.

Egli ama la giustizia e il diritto;

dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,

su chi spera nel suo amore,

per liberarlo dalla morte

e nutrirlo in tempo di fame.

Seconda Lettura  1 Pt 2, 4-9

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso».

Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo.

Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.

Vangelo  Gv 14, 1-12

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».

Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.

Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».