Sesto ciclo
Anno liturgico B (2017-2018)
Tempo di Quaresima
III Domenica
(4 marzo 2018)
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Es 20,1-17; Sal 18; 1 Cor 1,22-25; Gv 2,13-25
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Il mistero del Figlio di Dio, dato a noi, testimone dell’amore del Padre per noi, è colto oggi sotto l’immagine del tempio. La liturgia collega la santità della Legge alla santità del Luogo dove celebrarla, che non è più il tempio di pietra, ma il corpo del Signore Gesù, nel quale “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,8).
La prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo dove viene narrata la promulgazione delle dieci parole, dei dieci comandamenti, è particolarmente adatta a orientare i cuori all’intelligenza del brano evangelico. Per la tradizione ebraica il primo comandamento suona: “Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile” (Es 20,2). Dio non è designato come Creatore, ma è colto nella prospettiva del destino degli uomini tanto che la conoscenza di lui riguarda sempre la loro storia: Dio non può che essere il mio Dio, se no non può nemmeno essere conosciuto. La parola proclamata non dice che Dio esiste, ma chi è il mio Dio. Non solo, ma viene designato in rapporto all’evento della liberazione del popolo dalla schiavitù dell’Egitto. Il che significa che Dio è nominato come il Dio della libertà nella storia e ciò comporta che la storia sia una continua rivelazione della graduale crescita della libertà e della giustizia sulla terra.
Il racconto di Giovanni comporta invece molte allusioni all’attesa del Messia. Chiama la festa ‘pasqua dei giudei’ (e continuerà a chiamarla così fino a Gv 11,55) per distinguerla dalla ‘pasqua’ che Gesù stesso vivrà, come compimento della ‘pasqua del Signore’ descritta in Es 12,11. Gesù costruisce una frusta di cordicelle, che corrisponde al flagello messianico, secondo antichi racconti ebraici, nella sua opera di purificazione dal male e che riprende due tradizioni profetiche, quella di Zaccaria 14,21 (“In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti”) e di Malachia “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore”). Quando Gesù risponde ai capi che gli chiedono un segno di autenticazione della sua autorità, dice: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Il termine che usa, però, non è ‘tempio’ riferito al complesso degli edifici (Gesù scaccia i venditori dal recinto del tempio, luogo al quale anche i pagani potevano accedere) ma alla cappella interna, al ‘Santo dei santi’ dove era creduta sussistere la Presenza. Riprende l’immagine della tenda nel deserto, luogo della Presenza del Signore.
Se gli apostoli si ricordano del salmo 69,10: “mi divora lo zelo per la tua casa”, applicandolo a Gesù, non per questo riescono a cogliere il significato vero della sua azione. Lo potranno solo dopo la sua risurrezione, tanto che l’annotazione “Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù” (Gv 2,22) esprime la dinamica di intelligenza e delle Scritture e del Verbo di Dio: l’uno illumina le altre e queste ne definiscono le coordinate di comprensione. In quel momento, però, i discepoli non possono che interpretare la parola del salmo nell’ottica del Messia restauratore della santità del Tempio e della Legge, come del resto faranno gli altri di cui si dice che credono in Gesù ma di cui Gesù non si fida. Nessuno è ancora pronto a riconoscere la portata vera di ciò che intende Gesù. Solo con la sua Pasqua la santità della Legge si compirà in ‘grazia e verità’, secondo la grandezza dell’amore misericordioso del Signore che attira tutti a Sé. Solo allora risulterà fondante di ogni possibile santità la fede in quel Gesù che, come esprime il canto al vangelo riprendendo una sua espressione nel colloquio con Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”.
Il ritornello del salmo lo sottolinea con le parole di Pietro in risposta alla tristezza di Gesù per l’incomprensione del suo parlare: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68). E il salmo 18, soprattutto nella sua redazione greca della LXX, scolpisce a fuoco nel cuore il senso di quella fiducia nel Signore Gesù e nella sua parola di vita. Accogliendo quel Figlio, dato a noi nella sua morte e risurrezione, il suo comandamento ci riporta a integrità e armonia nel nostro essere (è immacolato), con la sua sapienza dall’alto ci fa bambini desiderosi del Padre e del suo Regno (è fedele), infonde gioia al cuore (è retto), ci ridà uno sguardo luminoso per tutto e per tutti (è splendente), in modo da farci vivere i giudizi del Signore nella nostra vita come espressione del suo amore misericordioso, di cui aneliamo l’esperienza. E siccome tutto questo lo viviamo in fragilità e precarietà, restiamo umili domandando di essere liberati dal male che non riusciamo a padroneggiare o a vedere, cercando di tenerci sempre alla sua presenza, nella verità della sua parola che sempre parla al nostro cuore.
Come canta l’antifona d’ingresso, confidando nella ‘stoltezza e debolezza’ di Dio (1Cor 1,25) che vediamo esprimersi nella passione e nella morte di Gesù, possiamo dire: “I miei occhi sono sempre rivolti al Signore…”. I nostri occhi sono rivolti al Signore per cercare in ogni evento la traccia del suo passaggio al fine di seguirlo e poterlo conoscere; per cercare in ogni pensiero la scintilla divina che attiri a lui e apra uno spazio di visione del suo volto. Il fatto che i nostri occhi siano rivolti al Signore esprime la tensione del cuore che non si perde nelle cose, ma delle cose cerca il senso; che non si confonde con i suoi pensieri, ma li apre al sogno che racchiudono per compierli in verità. Sarà la Pasqua del Signore per noi.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Es 20, 1-17
Dal libro dell’Esodo
[ In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me. ]
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
[ Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. ] Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
[ Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». ]
Salmo Responsoriale Dal Salmo 18
Signore, tu hai parole di vita eterna.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.
Seconda Lettura 1Cor 1,22-25
Dalla prima lettera di Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Vangelo Gv 2,13-25
Dal vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.