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Sesto ciclo

Anno liturgico B (2017-2018)

Tempo di Quaresima

II Domenica

(25 febbraio 2018)

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Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18;  Sal 115;  Rm 8,31b-34;  Mc 9,2-10

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La liturgia, facendoci contemplare il volto di Gesù risplendente di luce luminosissima, un volto bellissimo, rende ragione del desiderio che abita il nostro cuore e canta con l’antifona di ingresso: “Di te dice il mio cuore: ‘Cercate il suo volto’. Il tuo volto io cerco o Signore. Non nascondermi il tuo volto” (Sal 26/27,8-9). Sono espressioni appassionate di un cuore che conosce l’anelito struggente dell’amore. Collocate nel salmo, queste parole seguono lo scioglimento del dramma dell’attacco dei nemici che non sono riusciti a piegarci, proprio per l’intervento del Signore. E l’attacco è vinto perché il cuore non si è allontanato dall’invito che ascolta dallo stesso Signore: “Cercate il mio volto”.

A differenza però di quello che ci attenderemmo, la liturgia non insiste sulla visione del volto di Gesù trasfigurato, ma sulla tensione che quella rivelazione comporta. La colletta sottolinea, ad esempio: “O Dio, Padre buono, che non hai risparmiato il tuo Figlio unigenito, ma lo hai dato per noi peccatori …”. Nel brano della Genesi, che riporta il dramma di Abramo per il sacrificio del figlio Isacco, leggiamo: “Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito …”. Stessa sottolineatura nel grido dell’apostolo: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?”.

Negli antichi racconti ebraici dell’obbedienza di Abramo alla voce del Signore che gli chiede di offrigli in olocausto il figlio della promessa, il figlio unico, l’amato, veniamo a sapere che la prova ha riguardato tanto Abramo quanto Isacco. Alla richiesta del padre di svelargli ciò che ha in cuore, il figlio risponde: “Per quanto è vivo il Signore, e per quanto è viva l’anima tua, giuro che nulla dentro di me mi induce a deviare a destra o a sinistra da quanto Egli ti ha ordinato. E dico: Benedetto sia il Signore che quest’oggi ha scelto me come Suo olocausto”. Davanti all’obbedienza di Abramo il Signore dice agli angeli: “Avete visto come il mio amato Abramo proclama nel mondo l’unicità del mio Nome? Se al momento della creazione, quando diceste: ‘Che è l’uomo da ricordarTi di lui, il figlio dell’uomo ché Tu ne debba aver cura’ (Sal 8,5), vi avessi prestato ascolto, chi Mi avrebbe più celebrato nel mondo?”. E davanti alle rimostranze di Abramo al Signore dopo aver superato la prova: “E allora, perché mi hai torturato in questo modo? Dio risponde: “Era Mio desiderio che il mondo ti conoscesse e si convincesse che non senza ragione avevo scelto te fra tutte le nazioni: ora il genere umano è testimone che tu temi Dio”.

Gesù riprende e unisce in se stesso la posizione di Abramo e di Isacco e per questo risplende della bellezza che vince ogni tenebra. Di una bellezza, però, che viene contemplata in un contesto drammatico. Dal vangelo di Luca conosciamo il contenuto del colloquio tra Gesù, Elia e Mosè, mentre il suo volto risplendeva e gli apostoli nemmeno potevano sostenerlo. Parlavano della sua dipartita. Parlavano del suo esodo pasquale. Nel vangelo di Marco il brano della trasfigurazione sul Tabor è posto al centro del suo tessuto narrativo. Gesù era appena stato riconosciuto da Pietro come Figlio di Dio, ma contemporaneamente aveva svelato il suo esito messianico, che cioè avrebbe dovuto soffrire molto, essere ucciso e risuscitare. Non solo, ma aveva ricordato ai discepoli che, se quella era la via del Maestro, non si immaginassero di seguire un’altra via: “Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce…”. I discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni sono gli stessi che vedranno di Gesù il volto sanguinante, teso e stravolto dalla sofferenza, al Getsemani.

I discepoli hanno visto il volto trasfigurato di Gesù sul Tabor perché imparassero a riconoscerlo nella sofferenza della passione, quando hanno dovuto rimirare non l’oltre, ma come l’al di qua della figura, non il volto trasfigurato, ma il volto sfigurato. I vangeli e la tradizione tengono collegate le due esperienze. Quale il senso?

Lo illustra assai bene Leone Magno nella sua omelia LI: “Una tale trasformazione tendeva principalmente a rimuovere dal cuore dei discepoli lo scandalo della croce, sicché l’umiliazione della passione, volontariamente accettata, non venisse a turbare la fede di chi aveva contemplato l’eminente dignità, seppur nascosta, del Cristo. Intanto, secondo un disegno altrettanto previdente, era dato fondamento alla speranza della santa Chiesa, nel senso che tutto il corpo di Cristo veniva a conoscere quale trasformazione avrebbe ricevuto in dono e le singole membra potevano scambiarsi la promessa di compartecipazione all’onore che risplendeva nel loro capo”.

L’aggiunta della voce celeste al Tabor, rispetto alla stessa voce al momento del battesimo al Giordano, cioè “Ascoltatelo!”, assume questa valenza. Lui ha ascoltato il Padre nell’obbedienza al suo essere inviato al mondo come testimone dell’amore del Padre per i suoi figli. Noi siamo invitati ad ascoltare il Figlio nel nostro essere inviati al mondo per testimoniare la grandezza del suo amore. Io leggerei: non allontanatevi dal mio amore, entrate e rimanete in questo movimento di amore che solo può salvare il mondo. Il cammino quaresimale punta proprio a renderci permeabili all’amore di Dio in Gesù che si fa radice di vita, misura di vita. Cercare di ascoltare Gesù, di seguirlo mettendo in pratica le sue parole, è come entrare anche noi nella stessa compiacenza che gode da parte del Padre, compiacenza che in altro non consiste se non nel godimento di una vita che è diventata espressione di amore, tanto che non si vuole altra vita se non quella che provenga e conduca ad un amore, capace di far risplendere il volto degli uomini. Ma se si vede risplendere quella luce, allora Dio è con noi, il mondo può risplendere della sua presenza. Qui si comprende perché il cammino quaresimale sia lotta, lotta perché sia superata ogni forma di egoismo e il cuore viva del desiderio del Cristo. Egoismo è tutto ciò che ci impedisce di essere toccati dall’amore di Dio, tutto ciò che si sovrappone al desiderio del Cristo rinnegandolo e, di conseguenza, rinnegando il nostro stesso cuore e dividendoci dai fratelli.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18

Dal libro della Gènesi

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».

Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».

Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 115

Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Ho creduto anche quando dicevo:

«Sono troppo infelice».

Agli occhi del Signore è preziosa

la morte dei suoi fedeli.

Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;

io sono tuo servo, figlio della tua schiava:

tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento

e invocherò il nome del Signore.

Adempirò i miei voti al Signore

davanti a tutto il suo popolo,

negli atri della casa del Signore,

in mezzo a te, Gerusalemme.

Seconda Lettura  Rm 8,31b-34

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?

Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

 

Vangelo  Mc 9,2-10

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.

Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.