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Sesto ciclo

Anno liturgico A (2016-2017)

Tempo Ordinario

II Domenica

(15 gennaio 2017)

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Is 49, 3. 5-6;  Sal 39;  1 Cor 1, 1-3;  Gv 1, 29-34

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La chiesa, che ha lo sguardo fisso sul suo Signore, morto e risorto, introduce il tempo ordinario dell’anno liturgico con la proclamazione che l’Agnello è il Figlio di Dio, come viene riportata nel vangelo di Giovanni, il quale non riferisce direttamente né il battesimo di Gesù né le tentazioni nel deserto. La verità di Gesù è presentata sulla base della testimonianza del Battista, testimonianza che indurrà i suoi discepoli a seguire oramai il nuovo Maestro.

Per tre volte Giovanni Battista dà testimonianza: prima ai sacerdoti e ai leviti (vv. 19-23), poi ai farisei (vv. 24-28), poi a Israele (vv. 29-34). La forza della testimonianza deriva dall’aver ‘visto’ il mistero, il segreto di Dio svelato. Il Battista dice: “Ho contemplato [visto con ammirazione] lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui” (Gv 1,32). Si dice la stessa cosa degli apostoli, sulla testimonianza dei quali anche noi siamo invitati alla stessa esperienza: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).

Giovanni Battista riassume la sua testimonianza nella figura dell’Agnello, figura che si collega a quello del Servo e a quella del Figlio. Non va dimenticato che in aramaico servo e agnello sono espressi da un unico termine: talya’. La figura del Servo è annunciata dal profeta Isaia, nel suo secondo carme del servo, proclamata dalla prima lettura: “Il Signore mi ha detto: ‘Mio servo sei tu, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria’” (Is 49,3). Ma quel servo sarà indicato come il Servo sofferente: “Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti …” (Is 53,4-5). Quando l’evangelista Giovanni mette in bocca al Battista la sua testimonianza a Gesù con il denominarlo agnello, svela un doppio collegamento: si riferisce a Gesù come all’agnello pasquale immolato (Gv 19,36 descrive Gesù sulla croce in riferimento all’agnello al quale non viene spezzato alcun osso, secondo la prescrizione rituale dell’immolazione dell’agnello pasquale) e soprattutto rileva come Gesù non porta semplicemente il peccato del mondo, ma lo porta via, lo toglie: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!” (Gv 1,29).

E questo avviene perché Gesù è servo del volere di salvezza del Padre nei nostri confronti. L’aver accettato di prendere un corpo e di vivere nella natura di servo sottolinea l’obbedienza a questa volontà di salvezza del Padre per noi, come canta il salmo responsoriale oggi: “Allora ho detto: ‘Ecco, io vengo’. ‘Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo’” (Sal 39,8-9). Se Gesù prende un corpo, lo prende non solo per compiere il volere di salvezza di Dio per l’uomo, ma anche per mettersi in condizioni di compiere quella salvezza in termini di splendore di amore e di nient’altro. Non c’è ombra di ‘potenza’ nell’amore che Gesù manifesta nascendo come un bambino, vivendo da uomo, presentandosi al battesimo come un peccatore e morendo sulla croce; eppure, non c’è potenza più forte di quell’amore che non si fa vincere da nulla. È l’amore che magnifica il Signore davanti all’uomo e l’uomo davanti a Dio.

L’aspetto più straordinario poi è dato dal fatto che questa obbedienza fino all’immolazione in croce è vissuta in quanto Figlio, intimo del Padre. La sua intimità di sentire e di agire con il Padre è definita in rapporto all’amore per noi: tutti e due condividono lo stesso immenso amore per noi. E proprio la visione della discesa e permanenza su Gesù dello Spirito, dopo il battesimo al Giordano, rivela questa comunanza del Figlio con il Padre nell’opera della nostra salvezza. È lo Spirito che, colmando Gesù nella sua natura di servo, lo rende solidale con l’amore del Padre per noi da indurlo a fare sempre la volontà del Padre, cioè a cercare in ogni modo, senza alcuna riserva, con tutto lo splendore di amore che comporta, la nostra salvezza. In altre parole, Gesù tende a inglobare noi, per mezzo dello Spirito, nella stessa comunione di amore che lo lega al Padre e a noi. E sarà per questo che il segno dell’esperienza di salvezza per noi verrà individuato nell’amore a Dio e nella solidarietà piena con i nostri fratelli, in Cristo.

La proclamazione del Battista è tradotta con ‘Ecco l’agnello di Dio’, ma bisognerebbe tradurre: ‘Vedi l’agnello di Dio’. Secondo il vangelo di Giovanni, ‘vedi’ ha il valore di un presente perenne. Anche adesso vale quella proclamazione: ‘vedi’, vale per noi che ascoltiamo, varrà sempre per coloro che ascolteranno. Quell’agnello è ‘dato per noi’, non una volta per tutte, ma sempre, per tutto il tempo della nostra vita, per tutto il tempo della storia, fino a contemplarlo poi glorioso nella Gerusalemme celeste, come descrive l’Apocalisse, insieme a tutti i santi. Riusciremo allora a vedere tutto l’immenso amore che ha comportato quell’essere ‘dato per noi’!

L’itinerario che ha definito Gesù nella sua umanità per esprimere nel concreto della sua vita la realtà del suo essere servo-figlio-agnello diventa lo stesso nostro itinerario. Così si compiono i misteri di Dio, così l’uomo torna alle radici della sua gioia, nel suo Dio. Cose misteriose, certo, ma veritiere e fondanti il senso stesso del nostro vivere e del nostro desiderare.

Quando l’evangelista Giovanni deve indicare dove la passione di Dio per gli uomini condurrà il Figlio prediletto per raggiungere lo scopo che li ha guidati fin dalla fondazione del mondo nel loro agire verso gli uomini, dirà: “Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”. Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11,49-51). Qui stanno riuniti insieme i tre nomi: Figlio, Servo, Agnello.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Is 49, 3. 5-6

Dal libro del profeta Isaia

Il Signore mi ha detto:

«Mio servo tu sei, Israele,

sul quale manifesterò la mia gloria».

Ora ha parlato il Signore,

che mi ha plasmato suo servo dal seno materno

per ricondurre a lui Giacobbe

e a lui riunire Israele

– poiché ero stato onorato dal Signore

e Dio era stato la mia forza –

e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo

per restaurare le tribù di Giacobbe

e ricondurre i superstiti d’Israele.

Io ti renderò luce delle nazioni,

perché porti la mia salvezza

fino all’estremità della terra».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 39

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

Ho sperato, ho sperato nel Signore,

ed egli su di me si è chinato,

ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,

una lode al nostro Dio.

Sacrificio e offerta non gradisci,

gli orecchi mi hai aperto,

non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.

Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

«Nel rotolo del libro su di me è scritto

di fare la tua volontà:

mio Dio, questo io desidero;

la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia

nella grande assemblea;

vedi: non tengo chiuse le labbra,

Signore, tu lo sai.

Seconda Lettura  1 Cor 1, 1-3

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!

 

Vangelo  Gv 1, 29-34

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».