Quinto ciclo

Anno liturgico B (2014-2015)

Tempo Ordinario

 

II  Domenica

(18 gennaio 2015)

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1Sam 3,3b-10.19;  Sal 39;  1Cor 6,13c-15a.17-20;  Gv 1,35-42

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La liturgia del tempo ordinario, in tutti e tre i cicli, comporta la lettura dei sinottici, ma l’inizio è sempre riservato a brani del capitolo primo di Giovanni con il riconoscimento di Gesù da parte del Battista al Giordano, la scoperta del Messia da parte dei discepoli e la manifestazione di Gesù a Cana. Tutti i testi evangelici che si leggeranno nell’anno non faranno che dare storia a quella rivelazione degli inizi perché chiunque ascolti si ritrovi nella stessa dinamica vissuta dai discepoli.

Oggi viene letto il brano della scoperta del Messia da parte di Andrea e dell’altro discepolo, non nominato, che da sempre è stato riconosciuto in Giovanni, autore del vangelo. In effetti, si tratta di ricordi personali dell’evangelista a proposito di un’esperienza che l’ha segnato per tutta la vita, come quando uno si innamora per davvero. Giovanni racconta l’incontro che l’ha trasformato completamente, con una precisione di particolari che sono direttamente proporzionali all’intensità dell’esperienza. Se, all’inizio del suo vangelo, Giovanni dichiara: “e noi abbiamo contemplato la sua gloria” (Gv 1,14), ebbene, ha cominciato a essere afferrato da quella gloria proprio in quel giorno, alle quattro del pomeriggio, quando, su invito del suo maestro, il Battista, va da Gesù con Andrea.

La domanda che rivolgono a Gesù: “Rabbì, dove dimori?” attraversa tutto il racconto del vangelo per concludersi con l’affermazione/risposta di Gesù all’ultima cena: “rimanete nel mio amore” (cfr Gv 15). In greco viene usato lo stesso verbo. É come se Gesù, ancora rispondendo alla domanda iniziale dei suoi discepoli: “dove dimori?”, alla fine dicesse: siete venuti da me, avete visto che dimoro nell’amore del Padre per voi e così voi, ora, dimorate in questo stesso amore. É a questa esperienza che Giovanni allude quando annota: “andarono dunque e videro dove egli dimorava”. Il racconto ha il sapore di un’intera vita; ha la potenza, non di un ricordo, ma di una radice, di un principio, di una fonte che continua a sgorgare e che ha sconvolto tutta la sua vita. La carica emotiva di quella scoperta, infatti, è rivelata in tutta la sua forza nell’ultima cena allorquando Gesù, con il paragone della vite e dei tralci, innesta i suoi discepoli nel segreto del Padre, coinvolti nella stessa intimità sua con il Padre. In quel contesto Gesù non chiamerà più servi i suoi discepoli, ma amici, partecipi dei suoi segreti. Sarà l’esito della sequela di Gesù, come dell’ascolto, attento e orante, della Parola.

Le condizioni che permettono al cuore di condividere quei segreti sono indicate dalla prima lettura e dal salmo responsoriale. La prontezza di Samuele a rispondere rivela la libertà di cuore nell’obbedienza, che è la porta di accesso alla visione. Dio non si sottrae mai alla mediazione umana: Giovanni Battista media per Giovanni ed Andrea, Eli per Samuele. Accogliere il mistero di questa mediazione significa custodire una libertà e una purità di cuore nei confronti di Dio. Detto con le parole del salmo 39 : non vengo a fare una certa cosa, di cui ho ascoltato l’invito e che condivido, ma vengo perché sono con te e poi farò quello che mi si chiederà. É l’apertura di cuore che conta, non la disponibilità a un certo progetto. Il brano però fa intravedere la drammaticità che comporta l’apertura di cuore. La prima rivelazione che il giovane Samuele riceve riguarda la condanna della casa di Eli, suo maestro e padre nella fede. Non vorrebbe rivelarla ma non è nemmeno disposto a mentire. La prontezza di obbedienza che gli ha ottenuto la visita di Dio gli ottiene anche la sincerità con Eli e la pace del cuore, nella totale fiducia in Dio.

Quando la colletta prega: “O Dio … fa’ che non lasciamo cadere a vuoto nessuna tua parola” sull’esempio del giovane Samuele, non si riferisce in generale alle parole che ascoltiamo quotidianamente leggendo le Scritture, ma a quelle parole che parlano al nostro cuore, capaci di imprimere una direzione alla nostra vita, fonte di lotta e di gioia per la nostra vita, dandoci orizzonti di senso e di esperienza significativi. Proprio quello che il salmo commenta, in riferimento al Messia: “Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo” (Sal 39,8-9). Quando Gesù, invitandoci a rimanere in lui, a dimorare in lui, ci associa alla sua esperienza nel fare la volontà del Padre, vuole indurci a vivere la vita in modo da mostrare quanto è grande l’amore di Dio per i suoi figli. Avere la sua legge nell’intimo significa preferire la comunione con i suoi figli a qualsiasi altra cosa. Ed è quello che la liturgia eucaristica vuole ottenere quando ci fa invocare lo Spirito Santo dopo la consacrazione: formare un cuor solo e un’anima sola. Stessa cosa che viene chiesta con la preghiera dopo la comunione: “Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore, perché nutriti con l’unico pane di vita formiamo un cuor solo e un’anima sola”.

Per i discepoli di Gesù, seguire il Signore significa andare con il Signore, semplicemente stando con lui, in tutte le vicende della vita. Seguire Gesù comporta il desiderio di vivere con lui e come lui, così come Gesù stesso dichiarerà poco prima di subire la passione: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria” (Gv 17,24). Essere dove è lui significa rimanere ad ogni costo nell’amore del Padre per noi perché tutti sono invitati alla stessa mensa. Quando Gesù sceglierà i dodici, secondo il racconto di Mc 3,14, la motivazione sarà: “perché stessero con lui e per mandarli a predicare”. Sarà lo stare con Gesù che permetterà di vedere la sua gloria, vale a dire lo splendore dell’amore che Dio riversa sugli uomini. E non è senza ragione che i discepoli sono presentati in coppia: Gesù non sarà maestro di individui isolati, ma costituirà una nuova comunità. Non si potrà conoscere Gesù che a partire da una fraternità condivisa perché il suo compito è proprio quello di “riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11,53).

Così, dall’esperienza del vivere con Gesù scaturisce immediatamente il desiderio di aprire la stessa possibilità ad altri che con noi condividono la ricerca della vita. Quando Andrea comunica a suo fratello Simon Pietro la scoperta: “Abbiamo trovato il Messia”, è come se dicesse: quello che i nostri cuori desiderano, quello che abbiamo sempre sognato, che abbiamo aspettato, è proprio lui; vieni anche tu! É l’inizio dell’apostolato: trasmettere a qualcuno il fascino della gloria del Signore e fare in modo che questo stesso fascino e questa stessa gloria risplendano anche per lui.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  1 Sam 3, 3b-10. 19

Dal primo libro di Samuèle

 

In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio.

Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire.

Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.

Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuèle andò a dormire al suo posto.

Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».

Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 39

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

Ho sperato, ho sperato nel Signore,

ed egli su di me si è chinato,

ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,

una lode al nostro Dio.

 

Sacrificio e offerta non gradisci,

gli orecchi mi hai aperto,

non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.

Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

 

«Nel rotolo del libro su di me è scritto

di fare la tua volontà:

mio Dio, questo io desidero;

la tua legge è nel mio intimo».

 

Ho annunciato la tua giustizia

nella grande assemblea;

vedi: non tengo chiuse le labbra,

Signore, tu lo sai.

 

Seconda Lettura  1 Cor 6, 13c-15, 17-20

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signo­re, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.

Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impu­rità, pecca contro il proprio corpo.

Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

 

Vangelo  Gv 1,35-42

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.

Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbi - che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui: erano circa le quattro del pomeriggio.

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa», che significa Pietro.