Quinto ciclo

Anno liturgico B (2014-2015)

Tempo Ordinario

 

XXIV  Domenica

(13 settembre 2015)

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Is 50,5-9a;  Sal 114;  Gc 2,14-18;  Mc 8,27-35

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Con il brano di vangelo proclamato oggi siamo al centro della narrazione di Marco. Gesù incomincia a rivelare direttamente la sua passione, a cui seguirà subito dopo l’episodio della trasfigurazione. La liturgia indica come un percorso per arrivare a cogliere la realtà del mistero della persona di Gesù. Gesù aveva operato segni straordinari e il suo dire, il suo raccontare in parabole, aveva catturato il cuore di tanti. Era giunto il momento di traghettare i discepoli ad una comprensione più profonda e veritiera della sua persona.

La domanda a proposito della sua identità sottende la stessa problematica di Giovanni Battista: è lui o dobbiamo aspettare un altro? “La gente, chi dice che io sia?”; “Ma voi, chi dite che io sia?”. La gente pensa che lui sia stato mandato a preparare la via al Messia, mentre Pietro confessa invece che proprio lui è il Messia.  Gesù prende così sul serio la risposta di Pietro che apertamente svela il suo futuro di passione, annunciato dal terzo canto del Servo del Signore secondo il testo di Isaia della prima lettura.

Marco per tre volte riporta l’annuncio della passione di Gesù: 8,31/9,31/10,33. Tutte e tre le volte Gesù si trova per strada (qui per Cesarea, la seconda volta per Cafarnao e la terza per Gerusalemme) e sempre l’annuncio è accompagnato da una sua istruzione ai discepoli, tanto che l’annuncio va colto proprio a partire dalla rivelazione che comporta quell’istruzione.

Da notare subito: il testo sottolinea che Gesù insegnava che doveva soffrire molto. I due termini indicano che l’uomo non avrebbe mai potuto arrivare al mistero della persona di Gesù dal basso; vi si giunge per rivelazione, dall’alto. Non solo, ma che “dall’alto” corrisponde allo “star dietro” a Gesù. Pietro, che rifiuta quella rivelazione, in effetti non può comprendere perché, invece di star dietro a Gesù, vuole mettersi davanti, come a far da suggeritore al suo Maestro e si prende il rimprovero: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. In quel rimprovero però c’è tutta la pedagogia di Dio con l’uomo e Pietro ne farà tesoro. Gesù riprende la testimonianza di Es 33,20-23, là dove Dio dice a Mosè che potrà vederlo solo di spalle. Il che significa: solo accettando di camminare per dove Dio indica lo si potrà vedere in verità. E ancora: solo disponendoci a praticare la sua parola si può scoprire la verità della promessa di vita che la sua parola comporta. Solo camminando dietro il Maestro si potrà vederlo in verità fino alla visione della croce, là dove risplende l’amore di Dio per gli uomini, convincendo i cuori che solo da quell’amore scaturisce la vita per l’uomo e che solo in quell’amore la dignità della vita si fa godibile. La verità che vale per il Maestro non è diversa da quella che vale per il discepolo.

Quando Gesù invita i discepoli a rinnegare se stessi, prendere la croce e seguirlo, non fa che estendere a tutti il rimprovero rivolto a Pietro. Potremmo intendere le cose così. Pietro, nel rimproverare Gesù, aveva probabilmente temuto per sé. Se Gesù, il Messia, avesse dovuto subire tutti quei tormenti, certamente sarebbe svanito il prestigio dell’essere ‘compagno’ del Messia. E allora che ne sarebbe stato di lui? Il ‘rinnegare se stessi’ vale in rapporto al mistero di Dio che in Gesù si fa prossimo agli uomini per la potenza del suo amore tanto da far scaturire la vita proprio là dove gli uomini mai la cercherebbero. Se gli uomini pensano in prospettiva mondana come potranno vedere i segreti di Dio? La rinuncia a ogni prospettiva mondana è la condizione per accogliere il mistero di Gesù che sulla croce rivela lo splendore dell’amore, motivo di ogni rinuncia a qualsiasi cosa che non sia collegabile o derivante da quell’amore. D’altronde qui risiede tutta la dignità della vita. Ma, per quanto desiderabile, come resta velata ai nostri occhi! Siamo sempre nella condizione di dover essere istruiti dall’alto per afferrare la verità dell’umanità di Gesù consegnata agli uomini e scoprire vero per noi e per tutti lo splendore dell’amore. Così il portare la croce non si riferisce primariamente alla fatica del vivere, ma alla condizione perché la fatica del vivere risulti fruttuosa: la rinuncia a ogni prospettiva mondana ci apre alla rivelazione dell’amore di Dio nella nostra vita, amore che possiamo cogliere in tutto il suo splendore proprio nella croce di Gesù. Seguire Gesù significa essere partecipi di questa rivelazione fino a viverla nel concreto della propria vita per dare spazio alla stessa dinamica di amore.

Come sottolinea la bellissima preghiera dopo la comunione: ‘La potenza di questo sacramento, o Padre, ci pervada corpo e anima, perché non prevalga in noi il nostro sentimento, ma l’azione del tuo santo Spirito’. Nella consapevolezza che l’azione dello Spirito induce a vivere in pienezza quella vocazione all’umanità che resta inscritta nei nostri cuori. E sarà proprio la potenza della visione del Signore trafitto che diventerà fonte di vita perché apre alla conoscenza dell’amore.

È per quella visione e dentro quella potenza che san Paolo, nella sua lettera ai Galati, ripresa dal canto al vangelo, proclama: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14). Come a dire: rispetto a quell’amore, rivelato dall’alto e colto nel seguire il Signore Gesù, di cui ho avuto la visione nel guardarlo trafitto in croce, non c’è nulla nel mondo che meriti la preferenza e non c’è nulla in me che può trovare adeguato compimento a partire dal mondo. La preghiera della chiesa tende a rendere vivace per il nostro cuore tale verità.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

 

Prima Lettura  Is 50, 5-9a

Dal libro del profeta Isaia

 

Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.

Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me.

Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 114

Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Amo il Signore, perché ascolta

il grido della mia preghiera.

Verso di me ha teso l'orecchio

nel giorno in cui lo invocavo.

 

Mi stringevano funi di morte,

ero preso nei lacci degli inferi,

ero preso da tristezza e angoscia.

Allora ho invocato il nome del Signore:

«Ti prego, liberami, Signore».

 

Pietoso e giusto è il Signore,

il nostro Dio è misericordioso.

Il Signore protegge i piccoli:

ero misero ed egli mi ha salvato.

 

Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,

i miei occhi dalle lacrime,

i miei piedi dalla caduta.

Io camminerò alla presenza del Signore

nella terra dei viventi.

 

Seconda Lettura  Gc 2, 14-18

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprov­visti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.

Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».

 

Vangelo  Mc 8, 27-35

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».