Quinto ciclo

Anno liturgico B (2014-2015)

Tempo Ordinario

 

XXIII  Domenica

(6 settembre 2015)

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Is 35,4-7a;  Sal 145;  Gc 2,1-5;  Mc 7,31-37

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Potremmo domandarci se sia significativo il fatto che la guarigione del sordomuto avvenga in territorio pagano. Non possiamo dimenticare che la confessione di fede in Gesù, Figlio di Dio, alla fine del vangelo di Marco, è pronunciata da un pagano, il centurione ai piedi della croce: “…avendolo visto spirare in quel modo, disse: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15,39).

I gesti e le parole di Gesù hanno un’alta valenza simbolica perché toccare gli orecchi e la lingua sono diventati gesti battesimali che ancora oggi sono ripetuti nel rito del battesimo. Parto proprio da qui per suggerire una porta di accesso al brano evangelico. Alla fine del rito del battesimo di un bambino, dopo che il battezzando è stato unto col sacro crisma, ha ricevuto la veste bianca e il cero acceso, il ministro compie il rito dell’effeta (dal brano evangelico odierno: effatà, àpriti) dicendo: “Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre”. E invita tutti a proclamare la preghiera del Padre nostro. Anticamente, anche quando i battezzandi erano adulti, la Chiesa si riferisce loro come a bambini piccoli che imparano a parlare. E quale parola si suggerisce loro di dire? “Padre nostro” e non: padre mio, rinunciando così ad ogni dipendenza nei confronti di qualsiasi altro padre terreno e carnale, cioè al diavolo. Proprio in questa rinuncia a una paternità terrena e carnale e nel riconoscimento di avere ormai un unico Padre celeste, si aprono gli orecchi per ascoltare la Parola di vita e si apre la bocca per proclamare la lode di Dio. Ecco delineato il passaggio dal paganesimo alla fede: ascoltare e proclamare parole vere, lodando l’unico Dio e Padre, in Gesù.

Tale passaggio, che avviene in verità con il battesimo, va poi vissuto concretamente nel cammino della vita finché la verità dell’essere figli di Dio possa splendere in tutta la sua concretezza. Nel cammino della vita il passaggio si rinnova con il pentimento rispetto ai peccati che ancora ci mantengono nell’orbita del padre terreno e carnale rinnegando quello celeste. L’espressione di Sal 51,16-17 è illuminante: “Liberami dal sangue, o Dio, mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode”. Davide è consapevole che, con il suo assassinio, è meritevole di morte. Ha pregato che il suo peccato gli venisse perdonato e nella gioia del perdono ritrovato promette di far conoscere la misericordia del Signore a tutti, testimoniandola davanti a tutti e chiede che il suo parlare costituisca appunto non solo una lode sua al suo Dio, ma che susciti la stessa lode a Dio in coloro che l’ascoltano e tutti conoscano la misericordia del Signore.

È per questo che la chiesa fa iniziare le preghiere del fedele ogni mattino con le parole del salmo: “Signore, apri le mie labbra. E la mia bocca proclami la tua lode”, consapevole che se tutte le altre parole, che si pronunceranno nella giornata, non pescano la loro verità e il loro vigore nella lode del Signore, feriranno. E nelle preghiere quaresimali, ad es. quella di s. Efrem, domandiamo di venir liberati dalla parola vana, dalla parola vuota. La preghiera del giusto è descritta: “Benedirò il Signore in ogni tempo. Sulla mia bocca sempre la tua lode”.

Due particolari del brano evangelico risultano significativi. La lode finale in bocca alla gente che aveva visto il miracolo suona: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti”. Quando, alla fine della creazione secondo il racconto della Genesi, Dio contempla ciò che ha fatto, viene sottolineato: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31). L’espressione della gente rivela che siamo in presenza ormai della nuova creazione, quella dei tempi messianici, quando Dio rinnova ogni cosa ridando a ciascuna cosa il suo splendore eterno perché tutto torni a proclamare la gloria del suo amore.

Il secondo particolare è dato dalla particolare espressione con cui viene designato il sordomuto: un sordo che parlava confusamente. E quando viene guarito si dice che parlava correttamente, distintamente. Ora la confusione del linguaggio è la conseguenza della stoltezza degli uomini che vogliono competere con Dio per il dominio della terra, come ben si vede nell’episodio della torre di Babele. Rinunciando alla gloria di Dio gli uomini si troveranno estranei tra di loro tanto da non capirsi più. La guarigione avviene il giorno di Pentecoste quando la comprensione è data nonostante la diversità delle lingue e la comprensione si baserà proprio sul fatto che tutti riconosceranno le meraviglie di Dio, ciascuno nella sua lingua. Una volta che gli orecchi possono ascoltare la Parola, la lingua sarà libera di glorificare Dio perché in quella parola, sanante, è riconosciuta la Presenza del Signore, presenza che non ci sarà mai più tolta e che unifica tutti.

Il salmo 45 che viene proclamato oggi può essere letto come la descrizione dell’umanità che attende la salvezza, il compimento cioè della promessa di vita, di bene, di felicità, inscritta nel suo intimo e la cui nostalgia è acuita dalle ferite e dalle oppressioni del peccato simboleggiato dalle varie malattie elencate. E la salvezza riguarda tutti, perché in Gesù, che ha tolto il muro di separazione (cf Ef 2,13-18), non c’è più giudeo e pagano, trovando tutti la stessa consolazione e la stessa lode nello stesso amore di Dio.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

 

Prima Lettura  Is 35, 4-7

Dal libro del profeta Isaia

 

Dite agli smarriti di cuore:

«Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio,

giunge la vendetta, la ricompensa divina.

Egli viene a salvarvi».

Allora si apriranno gli occhi dei ciechi

e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.

Allora lo zoppo salterà come un cervo,

griderà di gioia la lingua del muto,

perché scaturiranno acque nel deserto,

scorreranno torrenti nella steppa.

La terra bruciata diventerà una palude,

il suolo riarso sorgenti d'acqua.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 145

Loda il Signore, anima mia.

Il Signore rimane fedele per sempre

rende giustizia agli oppressi,

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri.

 

Il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri.

 

Egli sostiene l'orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre,

il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

 

Seconda Lettura  Gc 2, 1-5

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.

Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?

Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?

 

Vangelo  Mc 7, 31-37

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

 

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

 

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».