Quinto ciclo

Anno liturgico A (2013-2014)

Tempo di Pasqua

 

Pasqua di Risurrezione del Signore

(20 aprile 2014)

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At 10, 34a. 37-43; Sal 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9

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Beato colui che nell’Uomo sofferente, di cui i riti della settimana santa hanno commemorato la passione gloriosa, ha visto il Figlio di Dio, il Testimone dell'amore del Padre. Beato colui che lo scandalo della croce non spezza, non deturpa, non divide da Dio e dagli uomini. Beato colui che ha l'intelligenza spirituale allenata per cogliere nella passione gloriosa di Gesù il mistero dell'amore di Dio per gli uomini e la dinamica di vita eterna di cui ci rende partecipi con il dono del suo Spirito.

Nell’annuncio al mondo della risurrezione di Gesù la Chiesa proclama che vivere nel Signore risorto ormai significa vivere in Colui che ci partecipa il suo Amore tanto da farlo diventare in noi radice di vita, scopo supremo dell'essere e dell'agire. Per avvicinare i cuori degli uomini Dio ha messo da parte la sua potenza preferendo la debolezza (cfr Fil 2,8). Questa debolezza di Dio non svela solo l'immensità dell'amore di Dio per l'uomo, ma anche il bisogno dell'uomo per essere tale, compiuto nella sua umanità. Ed il mistero scaturisce proprio qui: l'uomo, per scoprire la sua umanità, non può non guardare a questa debolezza di Dio. Tutto ciò che è fuori da tale debolezza, risulterà illusione e causerà ulteriore sofferenza, ma sorda, tragica, insensata, che porterà divisione e non comunione, che porterà rabbia e non riposo. La gioia pasquale lo proclama.

Lungo la settimana santa più volte era risuonata la profezia di Isaia: “Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli” (Is 53,11-12). Espressioni che nella traduzione letterale del testo ebraico sono ancora più potenti: “ … poiché ha versato la sua vita nella morte …”. Questo ha fatto Gesù: non ha trionfato sulla morte eliminandola o scartandola ma entrandoci con la sua vita. La veglia pasquale ce ne ha dato l’esperienza: se la morte è l'ultimo nemico che deve essere annientato, allora vuol dire che non c'è nemico che abbia potere su Colui che l'ha vinta. E se l'ha vinta come primogenito di tanti fratelli, allora vuol dire che la sua stessa vita, non più segnata dalla morte, diventa la nostra vita, quella che può segnare e vivificare il nostro vivere quotidiano, sempre tallonato e ferito dalla morte e spirituale e fisica.

Nella lettera agli Ebrei si legge: "Avendogli assoggettato ogni cosa, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso ... Però quel Gesù ... lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli sperimentasse la morte a vantaggio di tutti. Ed era ben giusto che colui, per il quale e dal quale sono tutte le cose, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto [=portasse a compimento, facesse raggiungere lo scopo per il quale è venuto] mediante la sofferenza il capo che guida alla salvezza" (Eb 2,8-10). E che cosa Gesù ha portato a compimento se non la pace tra Dio e gli uomini, tra gli uomini ed i loro simili? E quando la Chiesa esulta nell’inno pasquale (“Irradia sulla tua Chiesa la gioia pasquale, o Signore, unisci alla tua vittoria i rinati nel battesimo”) allude alla gioia che per noi si risolve nell’esperienza del suo dolce perdono: “Tu, o Cristo, sei il nostro dolce perdono. Fa’ che di Te in ogni istante io mi sappia rivestire e non abbia potere su di me la miseria con cui mi vedo e mi sento. Con le tue ferite risanami, che io respiri e viva del tuo sguardo verso il Padre. Nelle tue piaghe nascondimi, che il sentimento della mia malinconia non si erga a obiezione della tua grandezza. Lasciami entrare nel tuo cuore, che io mi avvolga della sua benevolenza e mi faccia rinascere, finiti i terrori della notte, al mattino della tua presenza”.

La domenica di Pasqua, il giorno uno della settimana, dischiude un tempo completamente diverso, un tempo nel quale tutto ciò che è stato compiuto fino ad ora si rivela come novità. Il primo personaggio che ci conduce alla soglia di questa novità è Maria Maddalena. A differenza dei sinottici, Giovanni non aveva menzionato per la circostanza della sepoltura la presenza delle donne. La mistura di mirra e aloe era stata portata da Nicodemo e Giuseppe di Arimatea. I sinottici narrano dell’arrivo al sepolcro, all’alba, delle donne con gli oli per completare l’unzione del corpo di Gesù. Giovanni sorvola su tutto questo. Parla solo di Maria Maddalena e l’accento è posto sulla motivazione profonda, interiore, della sua presenza al sepolcro. Essa vive un’angoscia personale, un sentimento di assenza irrimediabile; per lei oramai il Signore è l’Assente; non può che sentirlo che così. Per prima vede la pietra del sepolcro tolta via e corre ad avvertire i discepoli: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto”. Dall’angoscia dell’assenza passa all’angoscia dell’incertezza. Ma Giovanni parla della pietra tolta via dal sepolcro per sottolineare, in questo Giorno della Risurrezione, che viene tolto l’ultimo impedimento alla ‘vista’, alla ‘visione’, come poi il brano dirà a proposito di Giovanni entrato nel sepolcro.

L’episodio dei due discepoli che corrono al sepolcro lo conferma in una tensione crescente per giungere, alla fine, alle straordinarie parole: “Allora entrò anche l’altro discepolo …e vide e credette”. È come una richiesta che viene sussurrata al cuore dei possibili lettori del vangelo, la richiesta di avanzare nella conoscenza del mistero, di salire fino all’intelligenza della risurrezione che viene svelata poco a poco: “Vide e credette”.

La letizia pasquale che, poco a poco, invade e conquista i discepoli e che scaturisce dall’esperienza dell’incontro con lui, vivo, capace di far vincere ogni paura, ha anche a che fare con i tre doni che Gesù conferisce: la gioia, la pace e la libertà. Ma se andiamo a vedere, quei tre doni, tipicamente pasquali, uniti all’esperienza dell’incontro con lui, il Vivente, ci partecipano la sua stessa vita e ci consentono di vivere come lui, vale a dire ci porteranno a poter dire di noi: “e lo amarono sino alla fine’, ‘amarono i loro fratelli sino alla fine’. L’augurio pasquale più bello!

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  At 10, 34a. 37-43

Dagli Atti degli Apostoli

 

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.

E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.

E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 117

Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,

perché il suo amore è per sempre.

Dica Israele:

«Il suo amore è per sempre».

 

La destra del Signore si è innalzata,

la destra del Signore ha fatto prodezze.

Non morirò, ma resterò in vita

e annuncerò le opere del Signore.

 

La pietra scartata dai costruttori

è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore:

una meraviglia ai nostri occhi.

 

Seconda Lettura  Col 3, 1-4

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.

Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

 

SEQUENZA

 

Alla vittima pasquale, s'innalzi oggi il sacrificio di lode.

L'agnello ha redento il suo gregge,

l'Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre.

 

Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.

Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.

 

«Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?».

«La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,

e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.

Cristo, mia speranza, è risorto; e vi precede in Galilea».

 

Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.

Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.

 

Víctmæ pascháli láudes: ímmolent

Christiáni.

Agnus redémit oves: Christus

ínnocens Patri reconciliávit

peccatóres.

 

Mors et vita duéllo conflixére miràndo:

dux vitæ mórtuus, regnat vívus.

Dic nobis, María, quid vidísti in via?

Sepúlcrum Christi vivéntis: et glóriam

vidi resurgéntis.

 

Angélicos testes, sudárium, et vestes.

Surréxit Christus spes mea: præcédit

vos in Galilǽam.

Scímus Christum surrexísse a mórtuis

vere: tu nobis, victor Rex, miserére.

 

Vangelo  Gv 20, 1-9

Dal vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.