Quinto ciclo

Anno liturgico A (2013-2014)

Tempo Ordinario

 

VI  Domenica

(16 febbraio 2014)

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Sir 15,15-20; Sal 118; 1 Cor 2,6-10; Mt 5,17-37

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Il senso delle letture di oggi è ben descritto dall’antica colletta: “O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora”.

Le parole del Signore, i suoi comandamenti, non sono semplici ingiunzioni o precetti alla cui osservanza è promessa la nostra beatitudine futura. Sono assai di più, sono rivelazione di Sé, modalità di partecipazione alla stessa vita divina, spazi di comunione con lui e con i fratelli, luoghi di intimità. Gesù allude sempre nel suo annuncio del Regno a una eccedenza, a una sovrabbondanza rispetto alla giustizia che cerchiamo con le nostre opere. In effetti, il senso della nostra vita si gioca non nel fare il bene, ma nel farlo per entrare nel segreto di Dio. È un'intimità che fa vivere la vita dentro un'obbedienza e un'alleanza che sperimentiamo a nostro favore; un'intimità capace di riempire il cuore, di rendere la vita degna di essere vissuta.

Lo possiamo percepire nell’affermazione di Gesù che commenta la proclamazione delle sue beatitudini: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento ... Avete inteso che fu detto agli antichi ... Ma io vi dico ...”. Negli esempi che porta, Gesù mostra la reale intenzione di Dio per l’uomo quanto all’esigenza della santità della vita perché noi non ci si chiuda nella menzogna. Non basta evitare di uccidere; Gesù svela la natura omicida dell’ira, del disprezzo, della ribellione contro il proprio fratello. La preghiera è gradita a Dio, ma solo a condizione che il cuore l’innalzi dallo spazio di riconciliazione voluto e cercato con i propri fratelli. Il cuore si sporca non solo con gli atti compiuti, per esempio, l’adulterio consumato, ma anche con i desideri cattivi che lo attraversano quando sono trattenuti e fomentati. L’uomo purtroppo è anche capace di snaturarsi: l’occhio, che dovrebbe aiutarlo a percepire l’inciampo per non cadere, è esso stesso occasione di caduta quando serve il desiderio cattivo.

Gesù fa vedere la forza della proclamazione del Siracide: “Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai”. Quando la Parola è la nostra dimora, allora anche la promessa di vita che racchiude ci apparterrà, diventerà il nostro segreto. Con l’umiltà e la gioia di chi, come dice san Paolo: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano”. Proprio come la colletta pregava: ‘rendici degni di diventare tua stabile dimora’. E si diventa dimora con il custodire le parole (comandamenti) di Gesù, finché siano loro a custodire il nostro cuore nella gioia che rilasciano. Come ancora il Siracide proclama: “I suoi occhi sono su coloro che lo temono”. È il senso della compagnia di Dio che custodisce, ristora, infonde coraggio, consola.

Saldi nella fiducia che questo è il dono di Dio per noi, senza alcun merito da parte nostra, come proclama il canto al vangelo: “Ti rendo lode, Padre, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno”. Gesù formula questa preghiera di lode vedendo i discepoli ritornare tutti contenti dalla loro missione di predicazione e li avverte che la gioia che provano non dipende dalla grandezza delle opere compiute, ma dal vivere la comunione con Dio che vuole la salvezza di tutti. Tale principio di comunione non tiene in alcun conto la grandezza degli uomini, tanto che quando Gesù dovrà svelare il suo destino di Messia annunciando la sua passione si premurerà di tenere i suoi discepoli al riparo da quella meschina grandezza, così ambita dagli uomini. La cosa è ribadita nel brano evangelico di oggi dicendo che gli uomini, davanti a Dio, non saranno grandi se faranno cose grandi, ma se terranno aperte le cose piccole, ogni cosa più piccola, al mistero del Regno, alla percezione del Regno. Quello che vale per le Scritture, vale anche per la nostra vita.

In questa luce, la ‘giustizia superiore’ alla quale Gesù invita i suoi discepoli non si riferisce ad opere diverse da quelle comandate in precedenza, come esistesse un’opera maggiore rispetto a quelle di prima, ma alla capacità di percezione e alla fedeltà all’intenzione segreta di Dio a cui le opere richieste rimandano. Il ‘compimento’ di cui parla Gesù non allude all’aggiunta di qualcosa, ma alla radicalità dell’esperienza che rimanda direttamente a Dio e alla sua rivelazione. Il compimento di Gesù, che risalterà in tutto il suo splendore con la sua passione e morte, mostra la profondità di provenienza dei comandamenti e la bellezza della promessa di Dio racchiusa nei comandamenti perché l’uomo possa finalmente godere della comunione con il suo Dio, dentro un’umanità solidale, e non semplicemente ‘tenerlo buono’ con la propria giustizia, perché la propria giustizia non fa splendere il cuore.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Sir 15, 15-20

Dal libro del Siràcide

 

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;

se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.

Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:

là dove vuoi tendi la tua mano.

Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male:

a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.

Grande infatti è la sapienza del Signore;

forte e potente, egli vede ogni cosa.

I suoi occhi sono su coloro che lo temono,

egli conosce ogni opera degli uomini.

A nessuno ha comandato di essere empio

e a nessuno ha dato il permesso di peccare.

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 118

Beato chi cammina nella legge del Signore.

Beato chi è integro nella sua via

e cammina nella legge del Signore.

Beato chi custodisce i suoi insegnamenti

e lo cerca con tutto il cuore.

 

Tu hai promulgato i tuoi precetti

perché siano osservati interamente.

Siano stabili le mie vie

nel custodire i tuoi decreti.

 

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,

osserverò la tua parola.

Aprimi gli occhi perché io consideri

le meraviglie della tua legge.

 

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti

e la custodirò sino alla fine.

Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge

e la osservi con tutto il cuore.

 

Seconda Lettura  1 Cor 2, 6-10

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.

Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.

Ma, come sta scritto:

«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,

né mai entrarono in cuore di uomo,

Dio le ha preparate per coloro che lo amano».

Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.

 

Vangelo  Mt 5, 17-37

Dal vangelo secondo Matteo

[In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:] «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto.

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli.

Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché [io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere"; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio.] Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.

Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.

Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!

[Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.]

Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, càvalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tàgliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.

Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio"; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.

[Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto]: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. [Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».]