Quinto ciclo

Anno liturgico A (2013-2014)

Tempo Ordinario

 

XXI  Domenica

(24 agosto 2014)

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Is 22,19-23; Sal 137; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20

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I brani evangelici di oggi e di domenica prossima andrebbero letti insieme.

Il mistero della persona di Gesù non viene mai meno. Nonostante tutte le sue spiegazioni e nonostante la confessione, pur sincera, degli apostoli, quel mistero permane, come permane ancora per noi sia nel suo fascino sia nella sua insondabilità. Gesù si avvicina gradualmente al cuore dei suoi apostoli. Prima chiede: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?” e poi: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Matteo colloca l’episodio a Cesarea di Filippo, città costruita da Erode Filippo presso le sorgenti del Giordano, in una zona rocciosa, alle pendici del monte Hermon; Marco nel viaggio di Gesù a Gerusalemme, Luca è il solo ad annotare: “Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui…”. Come a sottolineare: è da dentro la preghiera che scaturiscono domanda e risposta, perché le domande e le risposte vere non sono curiosità intellettuali ma riguardano la verità di cui ha bisogno il cuore per vivere e solo nella preghiera il cuore può lambire quella verità. Per Gesù, le domande nascono dalla volontà di fedeltà al Padre e nascono nella preghiera perché qui si esprime tutto il contenuto di intimità che quella volontà di fedeltà comporta. Così è per i discepoli, con la differenza che per loro, che non conoscono ancora quella intimità con il Padre, c’è bisogno prima di vedere come prega Gesù, di restare affascinati dalla intensità della sua preghiera, per desiderare a loro volta la stessa cosa. E anche per loro, la risposta scaturisce da quel contesto di preghiera partecipato: tu sei “il Cristo di Dio”, come a dire: tu sei Colui che viene da Dio, che ci sveli il volto di Dio, tu sei il Messia. Ma Gesù sa fin troppo bene che dietro allo slancio del cuore, non c’è ancora tutta la loro mente, non ci sono ancora tutte le loro energie interiori perché i misteri di Dio hanno bisogno di tempo per conquistare l’uomo, che non si rassegna mai a perdere le sue ‘idee’ di Dio.

Quando i discepoli rispondono a nome della gente alludono alla grande attesa che abita i cuori: verrà il messia e ci libererà. Non era importante definire la persona del messia, era sufficiente che fosse definito il ruolo del messia. La gente si ferma qui. Ma a Gesù preme altro e insiste con i discepoli: "Ma voi, chi dite che io sia?”. La risposta di Pietro fa un passo avanti rispetto alla gente; cerca di cogliere la persona del messia senza fermarsi semplicemente al ruolo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Nella sua professione di fede c’è la confessione di Gesù come l’Eletto, l’Unico, il Figlio Unico, l’Unigenito, nella sua unicità di relazione con Dio; ma anche nella sua unicità di relazione con gli uomini, per i quali è l’Inviato, il Figlio prediletto che rivela l’amore del Padre, l’Unico che può rivelare il vero volto di Dio. Tutto questo esprime la sua confessione di fede ed è per questo che Gesù lo proclama beato in quanto quella percezione non può derivare dalla carne e dal sangue, dalla sua esperienza umana, ma deriva dall’iniziativa stessa di Dio che al suo cuore si è mostrato.

La beatitudine richiama la benedizione proferita in precedenza da Gesù per i discepoli: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11,25-26). È la benedizione/beatitudine per i ‘piccoli’, per coloro che stanno aperti al pensiero e all’azione di Dio in tutta confidenza, capaci perciò di ricevere senza filtri l’atto di rivelazione di Dio. Ma - il solito ‘ma’ che tanto valore ha nelle cose di Dio - questa rivelazione, che pure è veritiera, vivida, coinvolgente, non ha ancora plasmato la carne e il sangue. In effetti, appena Gesù rivela a fondo il suo mistero, che cioè dovrà soffrire e morire, Pietro si rifiuta di accoglierlo, segno nello stesso tempo del suo amore e del suo essere semplicemente ancora carne e sangue e segno anche della sua paura, paura che nel pericolo della sua vita lo porterà a rinnegare il suo Maestro. Ma quando la paura sarà tolta, quando l’amore del Signore lo farà testimone in mezzo ai suoi fratelli nel senso che l’amore per loro deriverà principalmente dal partecipare all’amore del suo Maestro, allora sarà capace anche lui di dare la vita. La rivelazione avrà plasmato completamente il suo essere carne e sangue. Questo tragitto è il tragitto di ogni discepolo del Signore: dall’essere carne e sangue, giungere alla rivelazione fin tanto che questa avrà plasmato tutto il proprio essere carne e sangue. Dove è in gioco la nostra vita, a qualsiasi livello si intenda, finiamo sempre per riscegliere noi stessi, rifiutando il Signore fino a rinnegarlo, per poi pentirci, piangere, vederlo, sentirci amati, seguirlo finalmente e poter dare la vita per lui.

Gesù fa una promessa a Pietro: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. Pietro è la traduzione greca del nome aramaico Kepha (roccia). Nell’ambiente di allora non veniva usato come nome proprio di persona. L’attribuzione a Simone, figlio di Giovanni, del nome ‘Kepha’, ‘Roccia’, Pietro, indica il fondamento sul quale si regge la fede: la persona del Figlio del Dio vivente, sul quale l’apostolo e tutti i discepoli con lui possono giocare la loro vita, perché Dio non viene meno alla sua alleanza con gli uomini e perché Gesù costituisce il sigillo ultimativo e definitivo della volontà di salvezza di Dio per l’uomo. Dio in effetti è la Roccia, colui che non viene mai meno, che non manca di adempiere le sue promesse, che è sufficientemente potente per adempierle; se l’uomo lo accoglie, lo riconosce, ne avverte il Bene e gli fa spazio, partecipa anche lui di quella ‘saldezza di fondamento’ e può gustarne la dolcezza incorruttibile.

Il potere delle chiavi, nel giudaismo, si riferisce all’esercizio di un’autorità fondata sull’interpretazione della Legge. Qui invece si riferisce al potere della confessione di fede nel Signore Gesù che apre al perdono dei peccati e dà l’accesso al regno di Dio. È il mistero della ‘conversione’ che ci ottiene la riconciliazione con Dio, nel Signore Gesù, garantita dalla chiesa. Come se la chiesa ci ripetesse sempre: il regno dei cieli è davanti a voi; Colui che Dio ha designato per mostrarvelo, per aprirvelo, per introdurvici, è qui davanti a voi. Lo potete toccare, è finalmente alla vostra portata. Del resto, è esattamente la stessa testimonianza dei discepoli, come riporta Giovanni: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo” (1Gv 1,1-3). In quell’annunzio, efficace, con l’esperienza di vita alla quale apre, c’è tutto il potere delle chiavi della chiesa.

Niente e nessuno può rapirci al Signore: questo significa che le porte degli inferi non prevarranno contro la chiesa. Se siamo suoi, di lui che è il più forte, allora nessuno può rapirci; se prendiamo la vita da lui, che è il Vivente, Colui sul quale la morte non ha più potere, allora la vita che ci attraversa non cederà davanti a nulla perché non è più soggetta alla morte. Quella promessa è da raccordare con l’altra, alla fine del vangelo: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, parole con cui si chiude il vangelo di Matteo (Mt 28,20). E nelle parole di Gesù è adombrata la promessa che non mancheranno mai uomini e donne che faranno risplendere in mezzo a noi quella Presenza.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Is 22, 19-23

Dal libro del profeta Isaia

 

Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo:

«Ti toglierò la carica,

ti rovescerò dal tuo posto.

In quel giorno avverrà

che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa;

lo rivestirò con la tua tunica,

lo cingerò della tua cintura

e metterò il tuo potere nelle sue mani.

Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme

e per il casato di Giuda.

Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide:

se egli apre, nessuno chiuderà;

se egli chiude, nessuno potrà aprire.

Lo conficcherò come un piolo in luogo solido

e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 137

Signore, il tuo amore è per sempre.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:

hai ascoltato le parole della mia bocca.

Non agli dèi, ma a te voglio cantare,

mi prostro verso il tuo tempio santo.

 

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:

hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.

Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,

hai accresciuto in me la forza.

 

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;

il superbo invece lo riconosce da lontano.

Signore, il tuo amore è per sempre:

non abbandonare l’opera delle tue mani.

 

Seconda Lettura  Rm 11, 33-36

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

Infatti,

chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?

O chi mai è stato suo consigliere?

O chi gli ha dato qualcosa per primo

tanto da riceverne il contraccambio?

Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

 

Vangelo  Mt 16, 13-20

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.