Quinto ciclo

Anno liturgico A (2013-2014)

Solennità e feste

 

Immacolata Concezione

(8 dicembre 2013)

 

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Gn 3,9-15.20;  Sal 97;  Ef 1,3-6.11-12;  Lc 1,26-38

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La solennità dell’Immacolata Concezione, già celebrata in oriente fin dal sec. VIII, si estese in occidente nel sec. XII, accolta prima dai francescani e poi iscritta nel calendario di Roma nel 1476. Pio IX, nel 1854, con la bolla Ineffabilis Deus definì come dogma di fede l’immacolato concepimento di Maria, che la cristianità ha visto confermata con le apparizioni di Lourdes del 1858.

Come sempre, e in modo assolutamente singolare in questo caso, i doni di Dio a una creatura rivelano la grandezza dell’amore di Dio per tutti i suoi figli. Noi tributiamo lodi e onori alla Vergine a doppio titolo: a) in ragione del compito per la quale è venuta al mondo: doveva dare alla luce Gesù; b) in ragione della sua umanità che, liberamente, accoglie il disegno di Dio su di lei. Il titolo di gloria che le compete nella sua umanità è 'serva del Signore', nel cui cuore si dà l'incontro tra l'amore di Dio e la libertà dell'uomo.

Tutti i titoli di onore che attribuiamo alla Vergine sono da ricondurre a questi due : madre di Dio e serva del Signore. Un titolo di gloria, segno del dono di grazia, va compreso con il suo corrispondente titolo riferito alla sua umanità. Così di lei si dice: madre e vergine insieme; regina e serva; signora degli angeli e madre dolorosa; porta del cielo e rifugio dei peccatori, e così via. In lei, perfettamente compiuti, si uniscono il progetto di Dio e la libertà dell'uomo, il dono di grazia e la risposta umana, il cielo e la terra. Per questo di se stessa può dire che Dio ha realizzato il suo disegno di misericordia: l'amore di Dio per lei tanto da ricolmarla di ogni dono di grazia si confonde con l'amore di Dio per l'umanità tanto da far nascere da lei il Salvatore.

La sua umanità, in tutte le sue fibre, è andata incontro al Signore in santità e purezza di spirito, come prega la colletta della festa ed è diventata degna dimora del Figlio. Della sua umanità siamo fatti anche noi, la stessa umanità condividiamo con il suo Figlio perché anche noi, come è nel disegno divino della creazione fin dall’inizio, possiamo tornare a far splendere e a far godere nel mondo la stessa benedizione, la dimora di Dio in mezzo a noi.

A differenza di noi, la Vergine non è caduta nell’inganno che tormenta i figli degli uomini, inganno che presenta il brano della Genesi. Anche lei è stata duramente provata nella sua umanità: con l’offerta della sua umanità ha permesso all’amore di Dio, nel suo Figlio, di svelarsi al mondo; ha conosciuto la sofferenza dell’amore con il suo Figlio e ora accompagna ogni sofferenza umana perché venga aperta all’esperienza dell’amore. In lei la sofferenza non ha generato ribellione, il dramma non ha velato la fede, il desiderio non ha compromesso l’amore, l’agire non ha macchiato la coscienza. La ‘benedizione’ che Paolo implora ed annuncia nell’esordio alla sua lettera agli Efesini l’ha ricoperta e intrisa in modo singolare. In lei quella benedizione si fa così concreta che prende addirittura corpo: da lei nasce il Salvatore, che costituisce la Benedizione di Dio sugli uomini, benedizione oltre la quale non c’è nulla da desiderare di più. E tutta la storia, pur nella sua drammaticità, non è abbandonata a se stessa perché da sempre, ‘prima della creazione del mondo’, quella benedizione la sovrasta, l’accompagna e la Vergine ne è la testimone più credibile.

Secondo il racconto della Genesi, Dio proclama l’inimicizia tra il serpente e la donna, simbolo contemporaneamente di Maria e dell’umanità: la possibilità dell’inganno è sempre reale, ma quell’inimicizia dichiarata da Dio salvaguarda la nostra umanità, che non può trovare beatitudine nell’inganno e quindi non potrà compiersi stando dalla parte dell’avversario. Perciò, quando l’uomo cede all’inganno, nell’illusione di vivere una sapienza altra rispetto alla verità del suo Dio e trasgredendo la parola del Signore rivolta al suo cuore, si perde, va in frantumi dentro e non può vivere che in contraddizione, da antagonista, da avversario a sua volta, sia dentro di sé che fuori di sé, sia con gli uomini che con gli eventi. Quale sofferenza! Ma la causa è una sola: l’uomo ha ormai paura di Dio, perché ha vergogna della sua ‘nudità’, della sua perdita di innocenza.

La Chiesa, chiamando la madre di Dio ‘nostra Signora’, indica la via del riscatto da quella paura: “La Vergine è Signora non solo perché è libera dalla schiavitù del peccato e partecipe del dominio divino, ma anche perché è diventata causa e radice della libertà del genere umano” (Gregorio Palamas, Omelia 14,8). Così, se l’uomo vuole accedere al regno della libertà, non ha che da guardare a questa sua sorella, al suo mistero, alla sua storia, alle sue emozioni, ai suoi dolori, al suo amore perché in lei ritrova tutto il mistero dell’amore di Dio per l’uomo. Nella sua grandezza non cessa di essere sorella nostra, come nella nostra miseria non cessiamo di essere oggetto dell’amore di Dio. Il suo ‘avere’ il Signore con lei è motivo di fiducia per noi di trovarlo, di essere accompagnati a lui, di stare in sua compagnia. ‘Il Signore è con te’ diventa, nella nostra preghiera: ‘tu che hai il Signore supplicalo perché sia anche con noi, ora e sempre’.

Nel vangelo lei proclama: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Come a dire: Dio solo sia benedetto; si realizzi la sua promessa; si manifesti in me, finalmente e compiutamente, il suo Bene all’umanità! Proclamandosi serva del Signore esprime il suo desiderio della dimora di Dio in mezzo agli uomini, di cui tutto il suo essere è testimonianza e intercessione per l’umanità intera. Ma esprime anche la preghiera di ogni credente, di ogni discepolo del Signore: avvenga per me secondo quello che hai stabilito fin dall’eternità, si compia in me quello che dalla fondazione del mondo hai promesso all’umanità, si veda realizzato in me quel Regno che nel tuo Figlio hai fatto venire.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Gn 3,9-15.20

Dal libro della Gènesi

 

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

Allora il Signore Dio disse al serpente:

«Poiché hai fatto questo,

maledetto tu fra tutto il bestiame

e fra tutti gli animali selvatici!

Sul tuo ventre camminerai

e polvere mangerai

per tutti i giorni della tua vita.

Io porrò inimicizia fra te e la donna,

fra la tua stirpe e la sua stirpe:

questa ti schiaccerà la testa

e tu le insidierai il calcagno».

L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 97

Cantate al Signore un canto nuovo, perchè ha compiuto meraviglie.

Cantate al Signore un canto nuovo,

perché ha compiuto meraviglie.

Gli ha dato vittoria la sua destra

e il suo braccio santo.

 

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,

agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.

Egli si è ricordato del suo amore,

della sua fedeltà alla casa d’Israele.

 

Tutti i confini della terra hanno veduto

la vittoria del nostro Dio.

Acclami il Signore tutta la terra,

gridate, esultate, cantate inni!

 

Seconda Lettura  Ef 1,3-6.11-12

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,

che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo

per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,

predestinandoci a essere per lui figli adottivi

mediante Gesù Cristo,

secondo il disegno d’amore della sua volontà,

a lode dello splendore della sua grazia,

di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.

In lui siamo stati fatti anche eredi,

predestinati – secondo il progetto di colui

che tutto opera secondo la sua volontà –

a essere lode della sua gloria,

noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.

 

Vangelo  Lc 1,26-38

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.