Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
di Pasqua
Pasqua di
Risurrezione del Signore
(31 marzo
2013)
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At 10, 34a.
37-43; Sal 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9
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Aveva
introdotto le celebrazioni del triduo sacro la messa del crisma, che sottolinea
l’unità della chiesa attorno al suo vescovo che consacra il sacro crisma con
cui i candidati al battesimo e alla cresima verranno unti, per essere testimoni
nel mondo dello splendore del nome di Cristo.
La cena del
Signore del giovedì santo, incastonando l’istituzione dell’eucaristia e del
sacerdozio con il sacramento del servizio attraverso il rito della lavanda dei
piedi, ha celebrato il mistero della comunione con Dio e tra gli uomini, scopo
supremo dell’agire del cuore, profumo della conoscenza del Cristo. La
proclamazione della passione del Signore e l’adorazione della croce il venerdì
santo hanno rivelato l’intimità e la tenacia dell’amore di Gesù per gli uomini,
colte nel mistero della sua obbedienza fino alla morte di croce. Con la
conseguenza: se il Figlio di Dio non ha preferito nulla a noi, come possiamo
noi preferire qualcosa a Lui?
Il sabato
santo trascorre nel silenzio liturgico in attesa della solenne veglia pasquale
che annuncia la restituzione ai discepoli del loro Signore, il Vivente, con i
segni indelebili nel corpo della sua passione salvatrice. Il senso specifico di
tutte le letture della grande veglia pasquale mi sembra quello di collocare e
leggere la nostra storia personale dentro la grande storia d’amore di Dio per i
suoi figli di cui sentiamo narrare le gesta, storia che in Gesù, annunciato dai
profeti, si fa esperibile per noi. Tutta la veglia pasquale è imperniata sulla
‘luce’, la luce del Signore risorto che arriva ad accendere i nostri cuori.
Abbiamo così bisogno di una luce calda, amica, tenera, per vedere la vita e le
sue angosce! La liturgia tende proprio a infondere nei cuori la sovrabbondanza
della luce amica, calda, del Signore Gesù che è il Dono di Dio per la nostra
umanità.
Se viva è
stata la compassione per l’Uomo dei dolori, prorompente sarà la gioia per la
notizia della risurrezione del Signore. È una notizia certa, ma non evidente. È
una notizia vera, ma non apodittica. Quella notizia ha bisogno di tempo per
apparire in tutta la sua potenza, per convincere i nostri cuori e scoprir loro
la sorgente di gioia inesauribile che costituisce. Ha bisogno di spazi per
espandersi, ha bisogno di condivisione per rafforzarsi, ha bisogno di
testimonianze per risplendere. Sono i tempi della chiesa, gli spazi
dell’umanità, la condivisione e le testimonianze dei credenti, perché i nostri
cuori finalmente si convincano a vedere
e a riconoscere il Signore Gesù in
tutta la sua bellezza, morto e risorto per noi.
Così esulta
la chiesa nell’inno pasquale: “Irradia
sulla tua Chiesa la gioia pasquale, o Signore, unisci alla tua vittoria i
rinati nel battesimo”. La gioia, quella vera, stabile, agognata, non può
che essere pasquale; non solo nel senso che ci deriva dall’evento della Pasqua
del Signore, che rende nota al cuore dell’uomo la motivazione inconfutabile
della possibilità ritrovata di essere nella gioia, ma anche nel senso che la
gioia è strettamente correlata al dramma, alla fatica, alla fedeltà di un amore
che svela il mistero stesso della vita e che si esprime nel suo rivelare la
potenza d’intimità con il Padre, autore della vita. Gioia che per noi si
risolve nel dolce perdono che Gesù ci riversa: “Tu, o Cristo, sei il nostro
dolce perdono. Fa’ che di Te in ogni istante io mi sappia rivestire e non abbia
potere su di me la miseria con cui mi vedo e mi sento. Con le tue ferite
risanami, che io respiri e viva del tuo sguardo verso il Padre. Nelle tue
piaghe nascondimi, che il sentimento della mia malinconia non si erga a
obiezione della tua grandezza. Lasciami entrare nel tuo cuore, che io mi
avvolga della sua benevolenza e mi faccia rinascere, finiti i terrori della
notte, al mattino della tua presenza”.
Accenno solo
a un particolare del brano evangelico che viene proclamato nella messa del
giorno di Pasqua. Giovanni parla della pietra tolta via dal sepolcro per
sottolineare, in questo Giorno della Risurrezione, che viene tolto l’ultimo
impedimento alla vista, alla visione, come poi il brano dirà a proposito del
discepolo entrato nel sepolcro. L’episodio dei due discepoli che corrono al
sepolcro lo conferma in una tensione crescente per giungere, alla fine, alle
straordinarie parole: “Allora entrò anche
l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette”. È come una richiesta che viene sussurrata al
cuore dei possibili lettori del vangelo, la richiesta di avanzare nella
conoscenza del mistero, di salire fino all’intelligenza della risurrezione che
viene svelata poco a poco: “Vide e credette”. La tensione del racconto punta qui. Un
invito per noi alla gioia della sua conoscenza perché profumi la nostra vita e
ne manifesti lo splendore. Possiamo tutti essere custoditi e accompagnati dalla
tenacia dell’amore del Signore per noi, che, come ha promesso: “ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino
alla fine del mondo”.
Il Signore è
risorto! È davvero risorto!
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
10, 34a. 37-43
Dagli Atti degli Apostoli
In quei
giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta
la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni;
cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret,
il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere
del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo
testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in
Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato
al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a
testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la
sua risurrezione dai morti.
E ci ha
ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei
vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa
testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo
del suo nome».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 117
Questo è il giorno che ha fatto il
Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Rendete
grazie al Signore perché è buono,
perché il
suo amore è per sempre.
Dica
Israele:
«Il suo
amore è per sempre».
La destra
del Signore si è innalzata,
la destra
del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò,
ma resterò in vita
e annuncerò
le opere del Signore.
La pietra
scartata dai costruttori
è divenuta
la pietra d’angolo.
Questo è
stato fatto dal Signore:
una
meraviglia ai nostri occhi.
Seconda Lettura
Col 3, 1-4
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Colossési
Fratelli, se
siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla
destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della
terra.
Voi infatti
siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo,
vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella
gloria.
SEQUENZA
Alla vittima
pasquale, s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
L'agnello ha
redento il suo gregge,
l'Innocente
ha riconciliato noi peccatori col Padre.
Morte e Vita
si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore
della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci,
Maria: che hai visto sulla via?».
«La tomba
del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli
suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia
speranza, è risorto; e vi precede in Galilea».
Sì, ne siamo
certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re
vittorioso, portaci la tua salvezza.
Víctmæ pascháli láudes: ímmolent
Christiáni.
Agnus redémit oves: Christus
ínnocens Patri reconciliávit
peccatóres.
Mors et vita
duéllo conflixére miràndo:
dux vitæ mórtuus, regnat vívus.
Dic nobis, María, quid vidísti in via?
Sepúlcrum Christi vivéntis: et glóriam
vidi resurgéntis.
Angélicos testes, sudárium, et vestes.
Surréxit Christus spes mea: præcédit
vos in Galilǽam.
Scímus Christum surrexísse a mórtuis
vere: tu nobis, victor Rex, miserére.
Vangelo Gv 20,1-9 (opp. Lc 24,1-12)
Dal vangelo secondo Giovanni
Il primo
giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al
sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata
tolta dal sepolcro.
Corse allora
e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse
loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno
posto!».
Pietro
allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano
insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse
per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse
intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i
teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i
teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò
anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura,
che cioè egli doveva risorgere dai morti.