Quarto ciclo

Anno liturgico C (2012-2013)

Tempo Ordinario

 

XV  Domenica

(14 luglio 2013)

 

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Dt 30, 10-14;  Sal 18;  Col 1, 15-20;  Lc 10, 25-37

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L’incontro dello scriba con Gesù è presentato nei tre sinottici con queste rispettive domande: “qual è il grande comandamento?” (Mt 22,34-40); “qual è il primo di tutti i comandamenti” (Mc 12,28-34); “Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (Lc). Noi potremmo riformulare le loro domande pressappoco così: qual è il comandamento che dà vita mentre si eseguono tutti gli altri? Chi devo amare?

In questo modo risalta meglio la posta in gioco e la risposta di Gesù con la parabola del buon samaritano acquista tutta un’altra risonanza. La conclusione della parabola restituisce in effetti allo scriba l’ottica giusta, quella di Dio: non si tratta di sapere chi sia o non sia il prossimo meritevole del mio amore, ma di agire da prossimo con chiunque, anche con i nemici o gli avversari. “Va’, e anche tu fa’ così”, come il buon samaritano che si è mosso a compassione vedendo un uomo ferito sulla strada.

Il mistero della parabola però va oltre, perché le parabole parlano di Dio e non semplicemente dell’uomo. Il buon samaritano è Gesù, che ha lasciato le 99 pecore (gli angeli) al sicuro ed è venuto a cercare la pecora (l’uomo) perduta. Così, l’agire in compassione fa ereditare la vita eterna perché assimila a Dio, rende simili al Cristo. È la solidarietà con i sentimenti di Dio che la parabola proclama, solidarietà per la quale l’uomo davvero è attirato dall’amore di Dio che è chiamato a far risplendere. Facendosi prossimo di chiunque il discepolo di Gesù annuncia che Dio è Padre e ama tutti i suoi figli.

È il mistero di ogni parola di Dio che il brano del Deuteronomio illustra così: “Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. ... Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”. Cosa significa che la parola del Signore, il suo comandamento, è vicino a noi? Almeno due cose: 1) non è qualcosa di complicato o assurdo o inarrivabile, ma accessibile a noi; 2) è adatto a noi, corrisponde al nostro cuore, nel senso che fa vivere il cuore, ne compie gli aneliti profondi. La difficoltà per noi deriva dal fatto che il comandamento non è evidente e la promessa di vita che racchiude si rivela solo a chi lo pratica, come dice sempre il brano appena citato: la parola del Signore ti è vicina perché tu la metta in pratica. Davanti alla parola dovremmo domandarci: qual è il mistero che nasconde, di cui diventare partecipi, mettendola in pratica? Vale a dire: il comandamento non rivela il suo segreto se non praticandolo. Non lo puoi praticare se non lo accogli da dentro un’alleanza col tuo Dio, ma non lo puoi comprendere se non praticandolo e così cogliere il gusto di quell’alleanza con Dio che si era prima appena percepita. L’amore di Israele per il suo Dio è un tema tipico del libro del Deuteronomio, assente negli altri libri del Pentateuco. Il brano di oggi chiude praticamente il libro del Deuteronomio e tutto il Pentateuco. Se il vangelo lo riprende è come se riprendesse in sintesi tutta la Legge mostrandone il compimento, come giustamente dimostra di conoscere lo scriba che interroga Gesù.

Ad avvalorare la percezione della verità della parabola la seconda lettura della lettera ai Colossesi ci ricorda che tutte le cose sono state create e tutte le cose sono state riconciliate ‘per mezzo di lui e in vista di lui’. Creazione e redenzione si corrispondono. Il che significa che la struttura intima del nostro cuore è misurata sui sentimenti di Dio che Gesù svela e ci consente di vivere stando uniti a lui. Se Dio in Gesù si è fatto nostro prossimo, possiamo anche noi in Gesù farci prossimo di chiunque in modo che l’amore di Dio per tutti splenda. Significa ancora conferire alla parola evangelica non tanto la natura di ideale ma quella di radice. In altri termini: se vogliamo conoscere cosa davvero vuole il nostro cuore in profondità non abbiamo che da riferirci a Gesù e alla parola di Gesù; se vogliamo realizzare i desideri profondi che portiamo, la dinamica da seguire per ottenere soddisfazione è quella mostrata dalla parola evangelica. Non sembra affatto scontato riconoscere la cosa, ma beato colui al quale è concesso vedere il mondo sotto questa angolatura.

Lo rivela anche il salmo 18 con il proclamare: “La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi”. Come dicessimo: ho scoperto che la legge del Signore è perfetta perché rende noi perfetti rendendoci pieni di vigore; che è salda perché rende noi veri e saggi; che è retta perché ci fa giusti in letizia; che è limpida perché rende puro il cuore e gli occhi luminosi, ecc. La parola del Signore ristora l’anima, dà gusto all’intelligenza, gioia al cuore e luminosità agli occhi. Come a dire: è la parola del Signore, cioè la vita che deriva da lui, a costituire la fonte del ristoro (pace), del gusto (sapienza, senso), della gioia e della luminosità per i nostri cuori. E tutto questo si sperimenta accettando di condividere l’agire di Dio per gli uomini: farsi prossimo a tutti.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Dt 30, 10-14

Dal libro del Deuteronòmio

 

Mosè parlò al popolo dicendo:

«Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.

Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 18

I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

La legge del Signore è perfetta,

rinfranca l’anima;

la testimonianza del Signore è stabile,

rende saggio il semplice.

 

I precetti del Signore sono retti,

fanno gioire il cuore;

il comando del Signore è limpido,

illumina gli occhi.

 

Il timore del Signore è puro,

rimane per sempre;

i giudizi del Signore sono fedeli,

sono tutti giusti.

 

Più preziosi dell’oro,

di molto oro fino,

più dolci del miele

e di un favo stillante.

 

Seconda Lettura  Col 1, 15-20

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi

Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,

primogenito di tutta la creazione,

perché in lui furono create tutte le cose

nei cieli e sulla terra,

quelle visibili e quelle invisibili:

Troni, Dominazioni,

Principati e Potenze.

Tutte le cose sono state create

per mezzo di lui e in vista di lui.

Egli è prima di tutte le cose

e tutte in lui sussistono.

Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.

Egli è principio,

primogenito di quelli che risorgono dai morti,

perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.

È piaciuto infatti a Dio

che abiti in lui tutta la pienezza

e che per mezzo di lui e in vista di lui

siano riconciliate tutte le cose,

avendo pacificato con il sangue della sua croce

sia le cose che stanno sulla terra,

sia quelle che stanno nei cieli.

 

Vangelo  Lc 10, 25-37

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».