Quarto ciclo

Anno liturgico C (2012-2013)

Tempo Ordinario

 

XIII  Domenica

(30 giugno 2013)

 

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1 Re 19, 16.19-21;  Sal 15;  Gal 5,1.13-18;  Lc 9,51-62

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Dal momento che suoneranno dure le parole di Gesù ai nostri orecchi, il canto al vangelo le introduce con il riferimento ai sentimenti del giovane Samuele e dell’apostolo Pietro: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta: tu hai parole di vita eterna” (1Sam 3,9; Gv 6,68). Se già ci sono sembrate perentorie le condizioni di discepolato per Eliseo rispetto al profeta Elia, con Gesù esse si faranno ancora più esigenti.

Con il brano evangelico di oggi inizia la lunga sezione della salita di Gesù a Gerusalemme (9,51-19,28). Nella descrizione di Luca il momento è così rivelativo del mistero della persona di Gesù che la narrazione assume toni solenni e del tutto speciali anche nel linguaggio. Noi leggiamo: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. ... non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme”. Letteralmente invece suona: “Mentre si compivano i giorni della sua assunzione (termine che può indicare sia la morte che l’ascensione di Gesù), indurì il suo volto per incamminarsi verso Gerusalemme e mandò davanti al suo volto degli angeli … non vollero riceverlo, perché il suo volto stava seguendo il cammino verso Gerusalemme”.

Per Gesù è arrivato il momento di salire a Gerusalemme per dare compimento alla sua missione. Aveva già preannunciato ai discepoli la sua passione; li aveva come consolati con l’evento della trasfigurazione, sapendo che non avrebbero retto allo scandalo della sua condanna; aveva cercato di istruirli sui misteri di Dio che con lui si compivano. Ora è venuto il momento di portare a compimento il disegno di Dio, come non sopportasse più alcuna dilazione. La decisione di Gesù, sottolineata con l’espressione tipica del profeta Isaia ‘rendere la faccia dura come pietra’ (Is 50,7), mostra sia la realizzazione della parola del profeta che la fedeltà di Gesù al volere del Padre, che così, con quel che avverrà a Gerusalemme, ha voluto svelare tutto il suo amore agli uomini.

Da dentro quella fedeltà vanno compresi sia il rimprovero a Giacomo e Giovanni sia le condizioni esigite da Gesù per seguirlo. La fedeltà di Gesù è la fedeltà a un amore che non si lascia mai distogliere dal suo obiettivo perché è il segreto di Dio che deve essere rivelato agli uomini: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3,16). Gesù compie la fedeltà dei profeti, che non potevano ancora conoscere in tutta la sua consistenza quel segreto e rimprovera i discepoli che volevano imitare il profeta Elia (cfr. 2Re 1,10-12). E quando esige dai discepoli certe condizioni per seguirlo, non fa che trasmettere loro il principio della sua stessa fedeltà, che si fa urgenza di annunciare il regno di Dio ormai giunto, cioè urgenza di svelare il suo segreto, il segreto stesso di Dio (perché in questo consiste la missione degli apostoli!). Di fronte alla scoperta di tale segreto, non c’è bene o valore umano che possa prevalere.

La condizione prima è accettare il modello di Gesù che si definisce come Figlio dell’uomo che non ha dove posare il capo. Mi piace riportare il commento di s. Chiara di Assisi: “Cristo non ha dove posare il capo e quando lo reclinò sul suo petto, fu per rendere l’ultimo respiro” (FF 2864). Come a dire: chi cerca il suo riposo altrove, non segue Cristo; chi cerca il suo riposo prima di dare la sua anima, non segue Cristo; chi cerca il suo riposo nel vivere di quell’annuncio del segreto di Dio è beato, perché partecipa alla stessa fedeltà di Gesù. L’unico luogo di riposo del capo di Cristo è il volere del Padre e il volere del Padre è l’amore sconfinato agli uomini. Dello splendore che deriva da quell’amore manifestato da Gesù parla l’urgenza che attraversa il brano di oggi.

Così, l’espressione del salmo: “Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene  va letta come dichiarazione di un amore: posso avere tante cose, ma se non ho te, che vale la vita? L’antica versione latina cantava: ‘bonum mihi non est sine te’. Nessun presunto bene è bene per me senza di te! Nessun bene è tale se non contribuisce a manifestare quel segreto di Dio, il suo amore agli uomini. Se l’amore è esigente, lo è in proporzione della potenza e della qualità di vita che dischiude, nella fedeltà di un agire che non si lascia più distogliere dal perseguirlo sempre e comunque perché tutti ne godano e finalmente ci si possa riposare.

Quando Gesù, in un crescendo di espressioni perentorie che illustrano le condizioni per seguirlo, afferma: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio” rivela una grande verità per il cuore dell’uomo. L’uomo, è vero, non è degno del Regno, ma adatto, sì. Il che significa che la misura del cuore dell’uomo è proprio il Regno. Il dramma dell’uomo consiste proprio in un giudizio cattivo su di sé, che nasconde un cattivo giudizio su Dio: non ci si ritiene adatti ai misteri di Dio (At 13,46)! E quando l’uomo non accoglie umilmente questa verità si fa violenza e la eserciterà su tutti; sarà in preda del tormento della morte e il mondo è prostrato dagli effetti di tale tormento.

Per questo Paolo nella seconda lettura parla di ‘libertà liberata’. È la libertà frutto dell’amore, che non teme di sottomettersi ai fratelli pur di non essere distolti dalla partecipazione al segreto di Dio. La colletta ci fa pregare: “O Dio, che ci chiami a celebrare i tuoi santi misteri, sostieni la nostra libertà con la forza e la dolcezza del tuo amore, perché non venga meno la nostra fedeltà a Cristo nel generoso servizio dei fratelli”, dove ‘servizio’ non sta semplicemente per azioni buone ma per atteggiamento del cuore, del cuore di un uomo che ‘ha indurito il suo volto’ per non mancare lo scopo della sua vita.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  1 Re 19, 16. 19-21

Dal primo libro dei Re

 

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto».

Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.

Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te».

Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 15

Sei tu, Signore, l'unico mio bene.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:

nelle tue mani è la mia vita.

 

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;

anche di notte il mio animo mi istruisce.

Io pongo sempre davanti a me il Signore,

sta alla mia destra, non potrò vacillare.

 

Per questo gioisce il mio cuore

ed esulta la mia anima;

anche il mio corpo riposa al sicuro,

perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,

né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

 

Mi indicherai il sentiero della vita,

gioia piena alla tua presenza,

dolcezza senza fine alla tua destra.

 

Seconda Lettura  Gal 5, 1.13-18

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!

Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

 

Vangelo  Lc 9, 51-62

Dal vangelo secondo Luca

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.

Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».

Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».