Quarto ciclo

Anno liturgico B (2011-2012)

Tempo di Quaresima

 

5a Domenica

(25 marzo 2012)

 

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Ger 31,31-34;  Sal 50;  Eb 5,7-9;  Gv 12,20-33

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Gesù era stato accolto a Betania con la tenerissima e misteriosa unzione di Maria; era appena entrato trionfante in Gerusalemme; la notizia della risurrezione di Lazzaro correva sulla bocca di tutti e tutti accorrevano per vedere l’uno e l’altro. Era prossima la festa di pasqua. Un gruppo di Greci, cioè pagani simpatizzanti, vicini alla religione ebraica, chiede a Filippo: “vogliamo vedere Gesù”. Con tale richiesta il vangelo introduce l’ora del Figlio dell’uomo perché vedere Gesù vuol dire vedere il Salvatore, vedere il Dio che salva.

È caratteristica la posizione di Filippo, originario della Galilea, ‘terra delle genti’. Poco più avanti, nel racconto, sarà lui a chiedere a Gesù: “Signore, mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,8). La sua presenza sembra aver a che fare con la rivelazione del Padre. Perché la morte di Gesù in croce è vista, da Giovanni, nel segno della rivelazione del Padre, del suo amore all’uomo. Il “vogliamo vedere Gesù”, introducendo l’ora del Figlio dell’uomo, manifesta la rivelazione del Padre che nel suo Figlio Unigenito fa vedere il suo volto d’amore.

Gesù, commentando la richiesta dei pagani di vederlo e parlando della sua morte, svela la gloria del Padre che con lui condivide. Siamo di fronte al segreto di Dio che si apre allo sguardo dei suoi figli. “Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Il vangelo di Giovanni non parla dell’angoscia del Getsemani. Qui la lascia intravedere, eco delle parole dei salmi 6,3 e 41,6-7: “trema tutta l’anima mia”, “in me si rattrista l’anima mia”. L’intensità dell’angoscia di Gesù, condivisa dal Padre, raccoglie in un punto supremo la sua umanità che si abbandona al Padre nel suo amore per gli uomini. È questo amore condiviso con il Padre e con gli uomini che permetterà a Gesù di attirare tutti alla salvezza e scacciare il principe di questo mondo, vale a dire dare la vita nella morte, ricevere la vita nella morte. Quando Gesù, al culmine della sua angoscia, prega: “Padre, glorifica il tuo nome” manifesta tutta la sua intimità con il Padre, tanto che chiede al Padre di far splendere l’amore suo in lui in tutta la sua potenza, perché il nome del Padre è proprio Gesù, il volto visibile del Padre.

Il destino dei suoi discepoli sarà identico al suo, come annuncia il canto al vangelo: “Se uno mi vuole servire, mi segua, dice il Signore, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore”. Ma non vuol dire: io soffro, anche voi soffrirete; io sono ripudiato dal mondo, anche voi lo sarete; io muoio sulla croce, anche voi avrete la vostra croce. Dice piuttosto: io sono nell’amore del Padre, anche voi lo sarete; io sono il testimone del suo amore in questo mondo, anche voi lo sarete; io risplendo della gloria dell’amore del Padre, anche voi risplenderete dello stesso amore; per questo amore, per la rivelazione di questo amore, perché questo amore porti vita a tutti sono venuto al mondo e così sarà di voi, se state con me. E dicendo ‘quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me’, allude evidentemente alla sua morte in croce, ma anche al destino dei suoi discepoli perché anche per loro varrà la stessa dinamica di salvezza: quando saranno elevati con il loro Signore crocifisso, quando cioè subiranno il martirio per Lui, sotto qualsiasi forma avvenga, allora risplenderà la loro vita, allora gli uomini capiranno cosa i loro cuori portavano dentro e si sentiranno attratti dal loro stesso amore.

La domanda della liturgia è: come accedere a questa visione di Gesù Salvatore? Ce lo rivela il profeta Geremia: “Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro dicendo: ‘Conoscete il Signore’, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato”. “Tutti mi conosceranno”; “perché io perdonerò la loro iniquità”: ecco i due passaggi nevralgici. Quel perché dice la condizione e il tempo del conoscere. Possiamo conoscere Dio solo sperimentando il suo perdono. E possiamo venire perdonati solo riconoscendo di essere peccatori. Più forte è la coscienza del nostro essere peccatori, più profonda sarà l’esperienza del perdono e più rigenerante l’incontro con il Signore, finalmente conosciuto nel suo amore per noi. E per non cadere nell’illusione sentimentale di sentirsi peccatori, senza averne la coscienza in verità, basta riferirsi alle nostre reazioni di fronte all’ingiustizia e alla violenza che ci arrivano addosso dai fratelli. Se davvero abbiamo coscienza di essere peccatori, non rivendicheremo nulla, non ci offenderemo, non resteremo oppressi, perché non vogliamo perdere l’esperienza di quell’amore che costituisce il vero tesoro di vita del nostro cuore. Allora l’alleanza conclusa da Dio con noi è scritta davvero sul nostro cuore. Allora resteremo innalzati con il nostro Signore, crocifisso, e la salvezza, mentre tiene saldi noi, attirerà anche i nostri fratelli.

A tale esperienza allude il cuore puro che domandiamo a Dio con il salmo responsoriale, confermata dall’espressione della lettera agli Ebrei: “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì”. È lo splendore dell’obbedienza dell’amore nel quale troviamo vita noi e confermiamo la vita di tutti, stando uniti al Signore Gesù.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura   Ger 31, 31-34

Dal libro del profeta Geremìa

 

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.

Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 50

Crea in me, o Dio, un cuore puro.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;

nella tua grande misericordia

cancella la mia iniquità.

Lavami tutto dalla mia colpa,

dal mio peccato rendimi puro.

 

Crea in me, o Dio, un cuore puro,

rinnova in me uno spirito saldo.

Non scacciarmi dalla tua presenza

e non privarmi del tuo santo spirito.

 

Rendimi la gioia della tua salvezza,

sostienimi con uno spirito generoso.

Insegnerò ai ribelli le tue vie

e i peccatori a te ritorneranno.

 

Seconda Lettura  Eb 5,7-9

Dalla lettera agli Ebrei

Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.

Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

 

Vangelo  Gv 12,20-33

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».

Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».

Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.