Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
6a Domenica
(12 febbraio
2012)
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Lv 13,1-2.45-46; Sal
31; 1Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45
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“Beato l'uomo a cui è tolta la colpa e
coperto il peccato. Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto e nel cui
spirito non è inganno ... Confesserò al Signore le mie iniquità e tu hai tolto
la mia colpa e il mio peccato” cantiamo nel salmo responsoriale, subito
dopo la lettura del libro del Levitico che sancisce il terribile statuto del
lebbroso: “Il lebbroso colpito da piaghe
porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore,
andrà gridando: ‘Impuro! Impuro! Sarà impuro finché durerà in lui il male; è
impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento” (Lev 13,45-46). Oltre il peso sociale dell’esclusione, la
lebbra comportava l’esclusione dal culto, dall’accesso alla santità di Dio che
la Legge definiva in termini di partecipazione alla vita del popolo santo e al
culto del vero Dio.
La colletta
ci fa pregare: “Risanaci, o Padre, dal peccato che ci divide e dalle
discriminazioni che ci avviliscono”. Dividere e avvilire sono le due
caratteristiche della malattia della lebbra. Chi ne era affetto era allontanato
dal consorzio degli uomini perché impuro,
capace cioè di contagiare col suo male. Quando il Signore Gesù si presenta,
nella sua Passione, come uomo dei dolori, verranno ricordate le parole del
profeta, accorate ma tremende: “Non ha
apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci
piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il
patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia ...” (Is 53,2-3). Sono le parole confacenti a un lebbroso. Il
Signore si è addossato i nostri mali da portarne tutto l'orrore, come un
lebbroso. Forse, anche per questo, la compassione di certi santi verso i
lebbrosi è stata prepotente. Pensiamo al bacio del lebbroso da parte di s.
Francesco d'Assisi, evento che testimonia la rivelazione del Volto di Dio al
cuore di Francesco. E quando lo stesso Gesù dovrà convincere Giovanni Battista
che lui è il Messia atteso, gli dirà che i lebbrosi sono purificati (cfr. Mt
11,5).
I nostri
peccati hanno lo stesso destino della lebbra: insidiano la fraternità,
irrigidiscono i rapporti, contaminano il cuore da renderlo inaccessibile al
cuore degli altri, separano ed opprimono, impediscono al Volto di Dio di
risplendere. Per questo il peccato è orribile:
rende la vita paurosa e temibile.
La
guarigione del lebbroso da parte di Gesù non è semplicemente uno tra i tanti
casi di guarigione miracolosa, proprio per questa carica simbolica della lebbra
come peccato. Intanto non si tratta propriamente di guarigione, ma di
purificazione. La guarigione del corpo allude alla purificazione del cuore che
fa tornare a splendere i rapporti di fraternità, di comunione e ridà accesso al
mistero di Dio. Gesù non guarisce semplicemente un malato, ma modifica
radicalmente la sua condizione interiore restituendolo ad una vita santa. La vita santa, quella in rapporto
alla santità di Dio goduto nel suo desiderio di comunione con noi, non è più
definita secondo i termini della legge. La discriminante tra santo e non santo
si sposta e i confini sono radicalmente cambiati perché Dio si è fatto prossimo
a noi nella sua compassione, come proclama il canto al vangelo: “Un grande
profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo” (Lc
7,16). Il nesso guarigione/purificazione, da leggere in rapporto alla
beatitudine: “beati i puri di cuore
perché vedranno Dio”, acquista la luminosità della tenerezza di Dio che
libera e ci rende capaci a nostra volta di tenerezza luminosa per l’uomo.
Nel racconto
parallelo di Matteo, Gesù guarisce il lebbroso subito dopo la discesa dal monte
delle beatitudini, dove con forza aveva proclamato il suo Regno. E le
beatitudini sono la rivelazione della fraternità in Dio, quando veniamo guidati
dallo Spirito Santo. Guarire dalla lebbra vuol dire ricevere la rivelazione che
è giunto a noi il regno di Dio, vuol dire che possiamo tornare a non avere
paura di Dio e del prossimo, vuol dire ritornare a vivere in umiltà e mitezza,
in libertà e gratuità, toccati da Dio.
L’annotazione
‘ne ebbe compassione’ non esprime
semplicemente un moto dell’animo di Gesù, ma più profondamente quello che è il
sentire di Dio per l’uomo perché la forma verbale usata, nel Nuovo Testamento,
si usa solo nei confronti di Gesù e del Padre. Esprime la qualità divina del
sentire: il Figlio si comporta come Dio stesso. Ormai la purità, con Gesù,
diventa lo spazio luminoso che torna a risplendere per rapporti fraterni e
pacifici, dove il Padre è visto nel suo amore per noi. Ad occupare l’atmosfera
del cuore non c’è più l’immondezza dei demoni, ma lo splendore del Figlio di
Dio che permette all’umanità di compiersi finalmente e glorificare così il
Padre.
Se il
lebbroso supplica: “Se vuoi, puoi
purificarmi”, Gesù risponde perentorio: “Lo voglio, sii purificato!”. Nella sua decisione non va letta
soltanto la compassione per un uomo malato e avvilito, ma l’ansia di riportare
il regno di Dio nel cuore dell’uomo, la fretta e l’ardore di mostrare come
l’amore di Dio che raggiunge i cuori fa risplendere in modo nuovo l’umanità che
li sostanzia. Nel suo volere va letto il desiderio di compiere il disegno del
Padre, di riscattare gli uomini non semplicemente dalle malattie, ma dal
peccato, di cui la malattia della lebbra era il segno per eccellenza.
Quando il
lebbroso, nonostante il tono severo dell’ingiunzione di Gesù, non riesce a
frenare il bisogno di annunciare a tutti e insistentemente la sua guarigione,
il testo annota: “si mise a proclamare e
a divulgare il fatto”. In realtà però il testo dice semplicemente: “divulgare la parola”. È la parola di
Gesù diventata per lui fatto. Non si annunciano semplicemente parole, ma fatti
che rivelano la potenza della parola. Quello che parla ai cuori sarà sempre la
Parola, capace di operare in chi ascolta le stesse cose meravigliose di cui
porta testimonianza chi annuncia e che ha scoperto nel movimento di compassione
di Dio che è arrivato fino a lui.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Lv 13,1-2.45-46
Dal libro del Levìtico
Il Signore
parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un
tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di
lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei
sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso
colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al
labbro superiore, andrà gridando: "Impuro! Impuro!". Sarà impuro
finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori
dell'accampamento».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 31
La tua salvezza, Signore, mi colma
di gioia.
Beato l'uomo
a cui è tolta la colpa
e coperto il
peccato.
Beato l'uomo
a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui
spirito non è inganno.
Ti ho fatto
conoscere il mio peccato,
non ho
coperto la mia colpa.
Ho detto:
«Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai
tolto la mia colpa e il mio peccato.
Rallegratevi
nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti,
retti di cuore, gridate di gioia!
Seconda Lettura
1 Cor 10,31 - 11,1
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate
tutto per la gloria di Dio. Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai
Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in
tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla
salvezza.
Diventate
miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
Vangelo Mc 1, 40-45
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva:
«Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli
disse: «Lo voglio, sii purificato!».
E subito la
lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo
cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va',
invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che
Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si
allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non
poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi
deserti; e venivano a lui da ogni parte.