Quarto ciclo

Anno liturgico B (2011-2012)

Tempo Ordinario

 

17a Domenica

(29 luglio 2012)

 

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2Re4,42-44;  Sal 144;  Ef 4,1-6;  Gv 6,1-15

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Lo stesso miracolo della moltiplicazione dei pani è narrato anche dai sinottici (Mt 14,13-21; Mc 6,30-44; Lc 9,10-17) ma la liturgia, invece che seguire il testo di Marco, normalmente seguito nel corso dell’anno, preferisce il racconto di Giovanni. Il testo di Giovanni non solo narra il miracolo, ma ne svela il suo contenuto simbolico e lo commenta con un lungo discorso di Gesù, discorso che la liturgia riprenderà per esteso nelle domeniche successive.

La rivelazione di Gesù che l’evangelista vuole presentare è ottenuta sovrapponendo il racconto del miracolo con la trama della storia di Israele e la celebrazione liturgica dell’eucaristia della chiesa. La moltiplicazione dei pani per sfamare la gente è un gesto messianico e la folla sente giusto, anche se interpreta male. Era dovere del Messia assicurare il pane al popolo e in ciò si allude alla figura di Davide (cfr. 2Sam 6,19). Di fronte alla richiesta di carne da parte del popolo in un clima di rivolta generale, Mosè si chiede davanti a Dio: “Da dove prenderò la carne da dare a tutto questo popolo?” (Nm 11,13), espressione che Gesù stesso riprende. Il regno messianico era presentato nei libri sapienziali sotto l’immagine di un banchetto al quale la Sapienza invitava tutti: “Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti ... Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete” (Sir 24,19.21); “Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato” (Sap 9,5). D’altra parte, tutto il contesto allude alla celebrazione dell’eucaristia, di cui il miracolo è simbolo. Il racconto non ha il sapore di un semplice ricordo, ma la potenza di un ‘memoriale’ che si rinnova e partecipa la grazia che racchiude, grazia che arriva fino a noi che leggiamo o ascoltiamo. Non va dimenticato che Giovanni non racconta l’istituzione dell’eucaristia che ci dà la vita del Figlio, essendo l’argomento di tutto il suo vangelo. Il suo cap. 6 ne illumina il mistero.

La figura del buon pastore, applicata a Gesù, si arricchisce di nuove sfumature. Possiamo accostarci al brano seguendo tre piste differenti: dal punto di vista dei personaggi, dell’avvenimento e dell’esito finale. Consideriamo i personaggi in gioco: la folla, gli apostoli, Gesù. La folla cercava Gesù, si spostava secondo i suoi spostamenti, lo tallonava. Aveva visto i prodigi di guarigioni che Gesù aveva compiuti e, come dice il canto al vangelo di oggi, aveva pensato: “Un grande profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo”. Quando si accorge del miracolo della moltiplicazione dei pani, ne coglie il valore simbolico e si entusiasma e vuole proclamare Gesù re pensando “Finalmente i nostri guai sono finiti. Ecco chi ci libererà e stabilirà il regno di Israele”. Ma alla fine, quella stessa folla resterà delusa e abbandonerà quel Gesù di cui si era entusiasmata. Perché è così difficile per l’uomo entrare nel progetto di Dio e accogliere la Sua grazia? Seguire il Signore è diverso che desiderare il Signore. Rammentando un altro passo del vangelo, potremmo dire che effettivamente troviamo se cerchiamo ma non troveremo quello che cerchiamo. Se la grazia è grazia, vuol dire che non è semplicemente in funzione dei nostri desideri, sebbene sia proprio la grazia a colmare davvero i nostri desideri. Gli apostoli nella scena agiscono da intermediari. Sono ‘strumenti’ perché la compassione del Signore raggiunga tutti e tutti siano sfamati. C’è l’allusione al compito dei ministri della chiesa: spezzare il pane della Parola per l’intelligenza della fede. E poi c’è Gesù. Sale sul monte (non dimentichiamo che nel vangelo di Giovanni non si fa cenno al discorso delle beatitudini sulla montagna), sfama la folla (moltiplica i pani, non li crea. Da ricordare l’episodio della tentazione di Gesù nel deserto dove appunto è tentato di trasformare le pietre in pani per dimostrare a tutti che lui è il Messia) ma alla fine resta solo, deve, è costretto a star solo per non compromettere la sua missione. Solitudine che sarà accentuata drammaticamente dall’abbandono dei discepoli dopo il suo lungo discorso in chiave eucaristica a commento del miracolo.

Se consideriamo l’avvenimento, molti particolari proiettano una luce speciale. Siamo nel deserto, prossimi alla festa della Pasqua, in un luogo con tanta erba, in occasione di un pasto, con una disposizione particolare dei partecipanti (a gruppi di cento e cinquanta). Sono tutte allusioni all’organizzazione del popolo nel deserto secondo i racconti del Pentateuco, specialmente in occasione della conclusione dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo. È lui, Gesù, come ribadirà nel suo discorso, il vero Pane disceso dal cielo che nutre e dà la vita, che ristora e dà riposo, nel quale celebrare la definitiva Alleanza tra Dio e il suo popolo. Gli accenni al raccogliere gli avanzi valgono a sottolineare la sovrabbondanza di grazia di questa alleanza, data a tutti, oltre la quale non c’è nulla di significativo che possa colmare i desideri degli uomini. I verbi usati per descrivere il miracolo (prese, benedisse, spezzò e diede) sono i verbi caratteristici della celebrazione eucaristica.

L’esito però è drammatico. Tutti mangiano, tutti si entusiasmano ma nessuno in realtà capisce e nessuno sa vedere l’opera di Dio. Gesù si darà da fare per cercare di far capire, ma invano. Gli uomini potranno capire, ma dopo che avranno rimirato Colui che hanno trafitto. Quel pane mangiato diventerà pane di vita solo quando parlerà di quella passione d’amore di Dio per l’uomo. L’ amore di Dio per l’uomo non lavora mai secondo il registro della potenza, così caro agli uomini, i quali vorrebbero soddisfare i loro desideri servendosi di Dio, invece che aprire i loro desideri a Dio e accoglierne la grazia. In realtà, tutta la difficoltà per il cuore degli uomini nei confronti di Dio risiede qui. Gesù sa bene questo e pur cercando in ogni modo di aprire la mente degli ascoltatori, nelle varie occasioni, sa di dover andare a Gerusalemme, dove la verità del Suo amore per gli uomini si farà splendente da conquistare finalmente i cuori e infiammarli dello stesso amore.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  2 Re 4, 42-44

Dal secondo libro dei Re

 

In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.

Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”».

Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 144

Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere

e ti benedicano i tuoi fedeli.

Dicano la gloria del tuo regno

e parlino della tua potenza.

 

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa

e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.

Tu apri la tua mano

e sazi il desiderio di ogni vivente.

 

Giusto è il Signore in tutte le sue vie

e buono in tutte le sue opere.

Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,

a quanti lo invocano con sincerità.

 

Seconda Lettura  Ef 4, 1-6

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.

Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

 

Vangelo  Gv 6, 1-15

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.

E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.