Quarto ciclo

Anno liturgico A (2010-2011)

Tempo di Quaresima

 

1a Domenica

(13 marzo 2011)

 

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Gn 2, 7-9; 3, 1-7;  Sal 50;  Rm 5,12-19;  Mt 4, 1-11

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Introdurre il cammino quaresimale con il racconto delle tentazioni di Gesù rivela l’intuizione profonda della Chiesa sul cuore dell’uomo. Ci rendiamo conto che l’urgenza della conversione non è collocata semplicemente nella lotta tra il bene e il male, ma sul fondale che rende tale lotta necessaria per la verità e la libertà.

L’esperienza che la prova o la tentazione sia un evento normale della nuova vita in Cristo non è un dato acquisito pacificamente dalla nostra coscienza interiore. La prima cosa strana per noi è il fatto che Gesù sia tentato proprio nel momento in cui registra la pienezza di Spirito che lo abita. Viene condotto nel deserto per essere tentato proprio dallo Spirito di cui è ripieno. Il diavolo si servirà, per le sue trame contro di lui, proprio della dichiarazione della voce udita al battesimo: Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento, quando gli sussurrerà negli orecchi: Se tu sei Figlio di Dio, da intendere: poiché tu sei figlio di Dio, allora ...

La vera lotta non è semplicemente tra il bene e il male, ma tra Dio e gli idoli, tra la verità e la seduzione. Non per nulla le collette parlano di vittoria sulle seduzioni del maligno per crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e nella capacità di testimoniarlo con una degna condotta di vita. Tutto il cammino quaresimale punta qui.

In rapporto a che cosa la nostra condotta di vita risulterà degna? Le tentazioni di Gesù ce lo rivelano. Le tre tentazioni corrispondono alle tre tentazioni del popolo di Israele nel deserto: la fame (manna), la sete (Massa), il vitello d'oro. Il diavolo lo tenta come Figlio di Dio cercando di indurlo a dimostrare che lo sia. Se però Gesù cercasse di dimostrarlo, vorrebbe dire che in realtà dubita e quindi confermerebbe il pensiero del diavolo. Ma Dio è Dio proprio perché non ha bisogno di dimostrarlo. La tentazione più potente, però, si gioca a livello del suo essere Messia. È come se il diavolo insinuasse: non vuoi salvare gli uomini? Quale mezzo più efficace che sfamarli o strabiliarli planando dolcemente a terra buttandosi giù dal pinnacolo del tempio!

Se Gesù avesse ceduto, non avrebbe potuto vedere chiaramente l'intenzione segreta di satana e sarebbe rimasto inconsapevolmente nella sua orbita. Come se satana dicesse: se tu davvero dominassi e avessi potere su tutto, gli uomini rimarrebbero abbagliati da questo splendore e ti seguirebbero. Io sono disposto a cederti questo splendore, ma tu devi ammettere che sono io a dartelo. Su questo punto preciso si rivelano le intenzioni segrete dei cuori: o si adora Dio o si idolatra qualcuno o qualcosa, anche con l’intenzione più nobile possibile.

In rapporto alla prima tentazione possiamo commentare la risposta di Gesù con l’altra sua affermazione: Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua [= di Dio] giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Mt 6,33). Ogni bisogno, nobile o ignobile che sia, che non attinga la sua verità da dentro quella misura suprema del regno di Dio e della misericordia salvatrice di Dio, risulterà distruttivo. Non esiste un idolo liberatore o salvatore.

Le parole di satana nella seconda tentazione sono rivelate in tutta la loro portata nel momento cruciale della vita di Gesù allorché, appeso in croce, si sente apostrofare: Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio! (Mt 27, 42-43). Vi sono racchiuse in sintesi tutte e tre le tentazioni. Nella logica del maligno, di cui gli uomini fanno le spese nella loro vita, veramente Gesù non può salvare se stesso (non si sfama con un miracolo), non può dimostrare nulla (non si butta dal pinnacolo) e non viene liberato dalla morte (adora davvero Dio solo). Eppure, proprio quel non salvare se stesso, non voler dimostrare nulla, non essere liberato dalla morte, comporterà la rivelazione del vero amore di Dio che riempie la sua vita e che riverbererà sul cuore degli uomini che non vorranno più illudersi.

La terza tentazione può essere accostata alla dichiarazione di Gesù: E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Le azioni che non procedono dall’adorazione di Dio sono vincolate alla gloria del mondo, il cui detentore è il maligno. Con azioni del genere non si svilupperà nel cuore né la gratitudine né la libertà. E l’uomo resterà irretito nell’illusione.

La cosa strana è che noi, pur rifiutando l’azione del male, non riusciamo a vincere la sua seduzione perché non rinunciamo alla visione mondana sottostante, alla visione del maligno, vale a dire: immaginiamo che Dio debba servire ai nostri scopi o interessi. La vittoria di Gesù sul maligno dice altro, dice che stare dalla parte di Dio significa servire l’uomo nella verità del suo amore per lui.

La penitenza quaresimale va diretta proprio contro l’illusione. Le risposte di Gesù frantumano l’illusione con la quale il diavolo irretisce per impedirci di essere liberi e veritieri. E lo scopo del vincere l’illusione lo rivela assai bene s. Francesco nel commentare il Padre Nostro: "sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra: finché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l'anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore. E con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell'anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché amiamo il nostro prossimo come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e compatendoli nei mali e non recando offesa a nessuno". È l'illusione infranta, la libertà acquisita, lo spazio nuovo dell'umanità da riempire.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Gn 2, 7-9; 3, 1-7

Dal libro della Gènesi

Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.

Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».

Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 50

Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;

nella tua grande misericordia

cancella la mia iniquità.

Lavami tutto dalla mia colpa,

dal mio peccato rendimi puro.

 

Sì, le mie iniquità io le riconosco,

il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

Contro di te, contro te solo ho peccato,

quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.

 

Crea in me, o Dio, un cuore puro,

rinnova in me uno spirito saldo.

Non scacciarmi dalla tua presenza

e non privarmi del tuo santo spirito.

 

Rendimi la gioia della tua salvezza,

sostienimi con uno spirito generoso.

Signore, apri le mie labbra

e la mia bocca proclami la tua lode.

 

Seconda Lettura  Rm 5, 12-19

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

[ Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato.... ]

Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.

Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. [ Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.

Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. ]

 

Vangelo  Mt 4, 1-11

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».

Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».

Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.