Quarto ciclo

Anno liturgico A (2010-2011)

Tempo Ordinario

 

15a Domenica

(10 luglio 2011)

 

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Is 55,10-11;  Sal 64;  Rm 8,18-23;  Mt 13,1-23

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Per tre domeniche successive la Chiesa farà proclamare la lettura del cap. 13 di Matteo, il capitolo delle sette parabole del Regno. Oggi viene proclamata la prima parabola, quella del seminatore.

Quel giorno Gesù uscì di casa … Ecco, il seminatore uscì a seminare”. Gesù, Verbo del Padre, lascia il Padre e viene tra gli uomini, non solo seminando la Sua parola nei cuori, ma seminando Sé, Sua Parola Vivente, nei cuori. C'è identità tra il seminatore e il seme, perché Colui che semina e la cosa che viene seminata è la stessa realtà, Gesù stesso. Ognuno è chiamato a far nascere e far crescere Gesù dentro il proprio cuore. E questo è il significato profondo della parabola.

Questo significato non può essere colto per ragionamento, ma solo per rivelazione. La comprensione della parabola ha a che vedere con la grazia appunto di una rivelazione perché c’è chi la può comprendere e chi no. È chiara la distinzione tra i discepoli ai quali è dato di comprendere e la folla alla quale resta velato il senso misterioso della parabola, nonostante la semplicità apparente del racconto.

Due sono gli aspetti principali della parabola: la generosità del seminatore e i vari tipi di terreno. Il seminatore non è meno generoso con il terreno sassoso che con il terreno buono. Ce lo rammenta la prima lettura di Isaia: sempre la Parola produce quello per cui è mandata. Ma - e questo è il dramma - se in chi l'accoglie, produce salvezza, in chi la rifiuta produce la condanna di non vedere compiuti i desideri del proprio cuore perché impenetrabile alla tenerezza della Parola. È il dramma della relazione mancata con il proprio Dio!

Forse non riusciamo più a cogliere il mistero di Bene che il Signore ci squaderna. Possiamo ancora sentire la verità di quel “beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano”, eco della preghiera di lode di Gesù: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25) e della comunanza di vita che Gesù ci offre: “chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,50)? Con le parabole del Regno Gesù ci invita appunto alla sua comunanza di vita con il Padre, che è amore per noi.

Ogni dono dell’Amato è sempre presenza dell’Amato; dietro ogni Parola annunciata, ascoltata, sta sempre il desiderio di Dio di essere accolto e l’invito suo ad accoglierlo. Questa alleanza di Dio con l’umanità costituisce il quadro di riferimento della parabola del seminatore. Lo proclama anche il passo di Isaia che precede il brano letto oggi: “O voi tutti assetati venite all’acqua…Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete. Io stabilirò con voi un’alleanza eterna” (Is 55,1.3). In quel contesto prende significato la prodigalità del seminatore (non si stanca mai di seminare, non teme di buttar via il seme, si rivolge a ogni tipo di terreno, evidentemente perché sempre Dio ricerca la conversione del cuore dell’uomo che da un tipo di terreno può passare a un altro) e la potenza di crescita del seme (che può sempre produrre fino a 100 volte tanto), mostrando in questo il compimento dei desideri del cuore dell’uomo: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19,29).

Ci sono terreni che non portano frutto e ci sono terreni che lo portano, sebbene in misura diversificata (30,60,100 per uno). Il frutto è in rapporto all'accoglienza del seme, come a dire: tutto il lavorio del cuore è per accogliere e far crescere in noi il Cristo. La progressione è data dalla potenza della gioia della scoperta del Regno, gioia che, nell’incontro con Gesù, diventa radice di nuova umanità fino a condividere la vita stessa del Figlio dell’Uomo.

I terreni, che possiamo intendere come le possibili condizioni di una conversione sempre più coinvolgente e radicale, sono: la strada, i sassi, le spine, la terra buona. Dobbiamo operare tre passaggi per arrivare a produrre qualche frutto.

Dobbiamo prima lasciare l'essere come la strada, terreno calpestato, quando diamo diritto d’accesso al cuore a qualsiasi pensiero, senza imparare a distinguere e a lottare per non andar dietro ad ognuno che passa e subire vessazioni di ogni tipo.

Poi dobbiamo lasciare l'essere come i sassi, il terreno con poca terra, quando il cuore teme di soffrire per seguire il Signore, quando non ha fiducia nella sua promessa e cedendo a questa paura non conoscerà mai l'amore e la vita!

Poi dobbiamo lasciare il terreno con le spine, il terreno infestato, quando nel cuore si fa sentire la resistenza al distacco da tutto ciò che momentaneamente ci alletta. Troppi beni finiscono per nascondere il vero Bene; le pretese impediscono al cuore di godere. Lavorando per non compromettere il cuore in cose che ritardano o addirittura soffocano i suoi aneliti più genuini, la terra diventa buona.

La terra buona dà frutto per il 30, il 60 e il 100 per uno. La tradizione ebraica ha visto in questa distinzione la fedeltà di chi crede e uniforma la sua vita ai precetti del Signore, di chi lo fa spendendo tutti i suoi beni per il regno di Dio, di chi lo fa fino al dono di se stesso, capace di morire pur di star fedele al suo Dio. Nella tradizione cristiana si sono visti i credenti in generale, i vergini, i martiri. In sostanza, tutto dipende dal livello di profondità e di verità del cuore nell'aderire alla Parola; direi, tutto dipende da quanto si vuole investire della propria vita nella relazione con il Signore. Il godimento viene appunto in ragione della maggior o minor totalità di questo investimento, fatto che cela il mistero dell'invito di Dio al cuore dell'uomo e la sua totale libertà di risposta.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Is 55, 10-11

Dal libro del profeta Isaia.

 

Così dice il Signore:

«Come la pioggia e la neve scendono dal cielo

e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,

senza averla fecondata e fatta germogliare,

perché dia il seme a chi semina

e il pane a chi mangia,

così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:

non ritornerà a me senza effetto,

senza aver operato ciò che desidero

e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 64

Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.

Tu visiti la terra e la disseti,

la ricolmi di ricchezze.

Il fiume di Dio è gonfio di acque;

tu prepari il frumento per gli uomini.

 

Così prepari la terra:

ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,

la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.

 

Coroni l’anno con i tuoi benefici,

i tuoi solchi stillano abbondanza.

Stillano i pascoli del deserto

e le colline si cingono di esultanza.

 

I prati si coprono di greggi,

le valli si ammantano di messi:

gridano e cantano di gioia!

 

 

Seconda Lettura  Rm 8, 18-23

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.

La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.

Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

 

Vangelo  Mt 13, 1-23

Dal vangelo secondo Matteo

[ Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».  ]

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.

Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:

“Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!”.

Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».