Quarto ciclo
Anno liturgico A (2010-2011)
Solennità e feste
Ss. Trinità
(19 giugno 2011)
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Es 34, 4b-6. 8-9; Dn
3,52.56; 2Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18
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La
benedizione conclusiva della seconda lettera ai Corinzi riporta la formula più
chiaramente trinitaria di tutto il Nuovo Testamento: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello
Spirito Santo siano con tutti voi”, formula che la liturgia eucaristica
riprende per il saluto del celebrante all’inizio della celebrazione: ‘La grazia
del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello
Spirito Santo sia con tutti voi’. In questa formula è singolare che Gesù, che
pur rappresenta per noi l’espressione stessa dell’amore (“li amò sino alla fine”, Gv 13,1), non sia
definito in rapporto all’amore, termine che invece è riservato al Padre. Se
Gesù tanto ci ha amato, quanto ci amerà il Padre, che
è l’Amore stesso? È esattamente il punto di rivelazione della festa di oggi.
Il brano
evangelico è tratto dal colloquio notturno di Gesù con Nicodemo.
L’affermazione: “Dio ha tanto amato il
mondo da dare il Figlio, unigenito ...” in realtà
è la spiegazione (nel testo si trova: ‘Dio infatti ha tanto amato ...’) della
precedente affermazione: “ ... così
bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”, che soltanto ‘nascendo dall’alto’ l’uomo può accogliere
e comprendere, vale a dire accogliendo la rivelazione di Gesù e partecipando
con il battesimo alla sua morte e risurrezione.
La
singolarità di queste verità, che hanno a che vedere con la rivelazione di Dio
che Gesù compie, risaltano in tutta la loro intensità
e drammaticità con il brano dell’Esodo che riporta la manifestazione di Dio a
Mosè. Mosè era salito sul Sinai una seconda volta, dopo il tradimento
dell’alleanza da parte del popolo con il vitello d’oro, con una pressante
richiesta: “Mostrami la tua gloria” (Es 33, 18). La richiesta è partita
dalla consapevolezza dell’indegnità del popolo dopo il suo grave peccato e dopo
che Mosè, solidale con il popolo, aveva interceduto per lui presso Dio. Il
passo che leggiamo oggi è la risposta a quella richiesta con la proclamazione
del ‘nome’ di Dio: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e
ricco di amore e di fedeltà”. La ‘gloria’ di Dio non è
che lo splendore del suo amore per i suoi figli. E solo dalla
consapevolezza della propria indegnità risalta tutta la qualità dell’amore di
Dio per l’uomo: un amore perdonante, un amore ricco in
misericordia. Tanto che in tutto l’Antico Testamento, di nessun uomo si riporta
che sia ‘misericordioso’, ma solo di Dio.
Gesù svela
proprio la profondità e l’incommensurabilità di questo ‘amore pieno di
misericordia’ da parte di Dio, mostrando al tempo stesso la possibilità per
l’umanità di parteciparne la dinamica: sarà quella ‘vita eterna’ che chi sta
unito al Figlio, crocifisso e risorto, godrà come
radice di vita e di azione, dentro un amore non più mortificato da nulla e da
nessuno.
Il nome che
Dio proclama: “Dio misericordioso e
pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e fedeltà” si riassume
nell’esperienza che ‘il Signore è per noi’, esperienza
che Gesù fa splendere in tutta la sua bellezza. Chi ci apre a quella esperienza è proprio lo Spirito Santo il quale ci
mette in comunione con l’amore del Padre, di cui il Figlio è la grazia di
verità per noi. Lo Spirito ritorna a scrivere direttamente sul nostro cuore le
parole di Dio di modo che noi non le professiamo semplicemente ricordando che
sono parole di Dio, ma vivendole direttamente come mozione di Dio in noi. Si
torna alle primitive tavole della legge che aveva scritto direttamente il dito
di Dio, tavole che Mosè aveva poi infranto dopo il peccato del vitello d’oro.
Non dobbiamo
tuttavia dimenticare che il contesto della rivelazione
di Dio sul Sinai come sul Calvario, se esprime l’immensità dell’amore di
benevolenza di Dio per i suoi figli, per noi diventa esperibile solo ‘facendo
lutto’, solo riconoscendo la nostra insensata idolatria e consegnandoci di
nuovo interamente nelle mani del Dio Vivente. Tutta la Scrittura ricorda come
quell’esperienza sia la più sublime e la più tormentosa, la più agognata e la
più temuta. Non è così facile spiegarne il perché nonostante non ci manchino le
ragioni di comprensione, che però il cuore stenta ad accogliere. Eppure, anche
per noi risulta vera la proclamazione evangelica: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo
ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo
di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1,16-17).
Se l’uomo cerca la verità, la verità di cui ha sete il
suo cuore è una verità di grazia e contemporaneamente una grazia di verità. La
festa di oggi invita ciascuno a vivere la propria vita nell’atteggiamento di
chi si dispone ad accogliere nel suo cuore la grazia di verità che il Signore Gesù
testimonia rivelando l’amore del Padre e donandoci il suo Spirito.
È caratteristico
che il cristiano, tracciando il segno di croce sulla propria persona, l’accompagni con la confessione trinitaria: Padre, Figlio,
Spirito Santo. Come a dire: l’amore di Dio per gli uomini, che si è rivelato in
tutto il suo splendore a partire dalla croce di Gesù,
riempia e copra tutta la mia persona partecipando alla stessa comunione di vita
che intercorre tra le tre Persone divine. E quando quel segno si traccia sulle
cose o prima delle varie azioni si intende accedere
alla dimensione di rivelazione dell’amore di Dio per il nostro cuore che quegli
atti comportano nella sua provvidenza per noi.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal
“Messale Romano”):
Prima Lettura Es 34, 4b-6.
8-9
Dal libro dell'Èsodo
In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come
il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il
nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il
Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di
fedeltà».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore
cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce,
ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».
Salmo Responsoriale Dn
3,52.56
A te la
lode e la gloria nei secoli.
Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.
Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.
Seconda Lettura 2 Cor 13,
11-13
Dalla Seconda
lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a
vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e
della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo,
l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.
Vangelo Gv 3, 16-18
Dal vangelo
secondo Giovanni
«Dio ha tanto amato il mondo da
dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma
abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato,
perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».