Terzo ciclo

Anno liturgico B (2008-2009)

Tempo di Quaresima

 

2a Domenica

(8 marzo 2009)

 

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Gn 22,1-18;  Sal 115;  Rm 8,31-34;  Mc 9,2-10

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La colletta del martedì della prima settimana di quaresima definiva bene il senso della conversione: “Volgi il tuo sguardo, Padre misericordioso, a questa tua famiglia e fa che superando ogni forma di egoismo risplenda ai tuoi occhi per il desiderio di te”. Oggi, la liturgia, facendoci contemplare il volto di Gesù risplendente di luce luminosissima, un volto bellissimo, rende ragione del desiderio che abita il nostro cuore e canta con l’antifona di ingresso: “Di te dice il mio cuore: ‘Cercate il suo volto’. Il tuo volto io cerco o Signore”. Come se gli occhi umani fossero resi capaci di vedere l’oltre della figura di Gesù, quell’oltre che pesca nella incommensurabile bellezza e profondità divina, a noi nascosta, ma per noi vitale. Un desiderio, che diventa esperienza vissuta quando il cuore può proclamare con l’apostolo Paolo: “Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?”. Come a dire: di che cosa abbiamo ancora bisogno per vivere se facciamo esperienza del suo amore?

Eppure, nulla si svolge secondo la nostra immaginazione. Nel vangelo di Marco il brano della trasfigurazione sul monte è posto al centro del suo tessuto narrativo. Gesù era appena stato riconosciuto da Pietro come Figlio di Dio, ma contemporaneamente aveva svelato il suo esito messianico, che cioè avrebbe dovuto soffrire molto, essere ucciso e risuscitare. Non solo, ma aveva ricordato ai discepoli che, se quella era la via del Maestro, non si immaginassero di seguire un’altra via: “Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce…”. E aveva ancora aggiunto: “Vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza”. Pietro, Giacomo e Giovanni sono gli stessi che vedranno di Gesù il volto sanguinante, teso e stravolto dalla sofferenza, al Getsemani. I discepoli hanno visto il volto trasfigurato di Gesù perché imparassero a riconoscerlo nella sofferenza della passione, quando hanno dovuto rimirare non l’oltre, ma come l’al di qua della figura, non il volto trasfigurato, ma il volto sfigurato.

Tutto il racconto dell’evento del resto è misterioso. A Gesù si accompagnano Mosé ed Elia, per sottolineare che in Gesù si compiono tutte le promesse di Dio annunciate dalla Legge e dai Profeti. Mosé ed Elia compaiono come testimoni dell’Alleanza di Dio con il suo popolo. E tutte le promesse si compiono in quel mistero pasquale di cui Gesù discorre con loro, come riferisce il passo parallelo di Luca. La voce che viene udita è la stessa che era risuonata al momento del battesimo di Gesù nel Giordano, con l’aggiunta: ascoltatelo! I discepoli non possono ancora sapere fin dove li porterà l’ascoltare il loro Maestro e ancora non possono conoscere tutta la profondità dell’espressione: ‘Questi è il Figlio mio, l’amato’, come poi si rivelerà alle loro coscienze e ai loro occhi con la passione-morte-risurrezione di Gesù. Così non può che seguire la consegna del silenzio, perché l’evento divino, ancora misterioso al loro cuore, non si trasformi in un motivo di vanto o di confusione.

La liturgia accosta alla trasfigurazione il sacrificio di Isacco. Perché? Per la tensione pasquale che costituisce l’ottica di lettura dei due eventi. Dice il Signore a Abramo: “Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni ...”. Ma sarà il dono del Figlio da parte di Dio all’umanità che costituirà la fonte di ogni benedizione, per tutti, per sempre. Non si pensi però che il dono del Figlio all’umanità da parte del Padre sia in funzione semplicemente di un riscatto, di un sacrificio espiatorio. Il valore del dono è in funzione della grandezza dell’amore e se il Figlio testimonia questo amore fino alla morte non è per essere vittima sacrificale, ma solo per la fedeltà all’amore che non viene meno nemmeno davanti all’oltraggio e all’ingiustizia. Ed è nella corrente di questo dono che i discepoli di Gesù sono chiamati a lasciarsi trascinare, fruitori in ciò di quel “vedere il regno di Dio venire con potenza” (Mc 9,1), che introduce proprio il racconto della trasfigurazione.

Qui si comprende allora il cammino quaresimale, che è lotta perché sia superata ogni forma di egoismo e il cuore viva del desiderio del Cristo. Egoismo è tutto ciò che ci impedisce di essere toccati dall’amore di Dio, tutto ciò che si sovrappone al desiderio del Cristo rinnegandolo e, di conseguenza, rinnegando il nostro stesso cuore e dividendoci dai fratelli. Quando preghiamo che i nostri cuori si convertano a Dio, domandiamo di essere conquistati dal desiderio di lui perché anche a noi si riveli la potenza del suo amore e ci induca a vivere la vita nel suo splendore.