Terzo ciclo

Anno liturgico B (2008-2009)

Tempo di Pasqua

 

Domenica di Pasqua

(12 aprile 2009)

 

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Letture della veglia pasquale e Vangelo: Mc 16,1-8

Messe della Domenica di Pasqua

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La settimana santa veniva introdotta dalla colletta: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio”, perché “tu solo hai compassione di noi peccatori”. Una compassione che si è fatta evidenza per il cuore, nella celebrazione dei riti del triduo sacro, quando abbiamo rimirato ‘colui che abbiamo trafitto’, quando è diventato evidente anche sensibilmente che “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi” (Rm 8,32).

Il racconto della passione nel vangelo di Giovanni inizia con la mirabile espressione: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). Non vuol dire l’evangelista semplicemente che Gesù ci ha amati fino alla fine della sua vita o fino all’estremo delle sue possibilità, ma fino a che lo scopo per cui egli era venuto, mandato dal Padre, si fosse rivelato in tutta la sua potenza e in tutto il suo splendore, fino a che l’amore di Dio per l’uomo si fosse rivelato in tutto il suo splendore. Così l’accento non è posto tanto sulla prova di coraggio e di dedizione di cui Gesù ci ha dato testimonianza, ma sull’incommensurabile amore di Dio che finalmente conquista i cuori alla vita tramite Gesù. Nell’ultima cena Gesù ce ne aveva spiegato la ragione: “ ... viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco” (Gv 14,31). L’espressione ‘contro di me non può nulla’ andrebbe resa letteralmente: “in me non ha nulla”. La sottolineatura non riguarda la forza di Gesù, ma l’innocenza, la sua pura comunione con il Padre e con gli uomini, la sua imprendibilità all’illusione demoniaca per cui non viene meno all’amore proprio quando è calpestato. Qui si comprende il dramma della debolezza di Dio più forte della forza degli uomini. Per avvicinare i cuori degli uomini Dio ha messo da parte la sua potenza preferendo la debolezza (Cf. Fil 2,8 ). La debolezza di Dio non svela solo l’immensità dell’amore suo per l’uomo, ma pure il desiderio profondo dell’uomo, il bisogno dell’uomo per essere tale, compiuto nella sua umanità. E il mistero scaturisce proprio qui: l’uomo, per scoprire la sua umanità, non può non guardare a questa debolezza di Dio. Tutto ciò che è fuori da tale debolezza, risulterà illusione e causerà ulteriore sofferenza, ma sorda, tragica, insensata, che porterà divisione e non comunione, che porterà rabbia e non riposo.

La celebrazione della passione del Signore e la sua resurrezione rivelano l’intimità e la tenacia dell’amore di Gesù per gli uomini colte nel mistero della sua obbedienza al Padre. L’obbedienza del Figlio di Dio, che non gli ha fatto preferire nulla a noi, nemmeno la sua gloria divina, in ciò condividendo con il Padre e lo Spirito Santo la passione d’amore per noi uomini, suoi figli, induce noi a non preferire nulla a Lui, e in ciò condividendo la sua obbedienza all’amore senza ricercare altra contropartita. Di qui scaturisce quella salvezza che risana i cuori e li abilita alla vita in Dio, alla vita non più soggetta alla morte, cioè non più dominata da tutto ciò che attiene alla morte, causata dall’accoglimento dell’illusione demoniaca.

Se viva è stata la compassione per l’Uomo dei dolori, prorompente sarà la gioia per la notizia della risurrezione del Signore. È una notizia certa, ma non evidente. È una notizia vera, ma non apodittica. Perché quella notizia ha bisogno di tempo per apparire in tutta la sua potenza, per convincere i nostri cuori e scoprir loro la sorgente di gioia inesauribile che costituisce. Ha bisogno di spazi per espandersi, ha bisogno di condivisione per rafforzarsi, ha bisogno di testimonianze per risplendere. Sono i tempi della chiesa, gli spazi dell’umanità, la condivisione e le testimonianze dei credenti, perché i nostri cuori finalmente si convincano a vedere e a riconoscere il Signore Gesù in tutta la sua bellezza, morto e risorto per noi. Così la gioia della sua conoscenza profumi la nostra vita e ne manifesti lo splendore.

Comunque sia spiegato l’evento, è chiaro che la risurrezione di Gesù era del tutto inconcepibile per i suoi discepoli. L’esperienza della tomba vuota situa ormai l’intelligenza del mistero di Dio in una luce assolutamente particolare e apre all’uomo l’accesso di un tempo eterno in cui situare la storia e gli eventi, attraversati così dallo splendore del corpo glorioso di Cristo, in attesa che quello splendore riempia gli occhi e investa il cuore.

L’augurio della gioia pasquale allude proprio al dono di quella luce che inonda gli occhi e il cuore per farci vivere nella presenza del Signore che ci trascina nel regno del Padre suo.

Il Signore è risorto! È davvero risorto!