Terzo ciclo

Anno liturgico B (2008-2009)

Solennità e Feste

 

Ss. Corpo e Sangue di Cristo

(14 giugno 2009)

 

_________________________________________________

Es 24,3-8;  Sal 115;  Eb 9,11-15;  Mc 14,12-26

_________________________________________________

 

L’origine di questa festa, propria dell’Occidente latino, va messa in rapporto con il possente risveglio della devozione eucaristica che dal secolo XII in poi si sviluppò, accentuando particolarmente la presenza reale di Cristo nel sacramento e quindi la sua adorazione. Furono le visioni di Giuliana di Cornillon, monaca agostiniana di Liegi, ad avere un influsso decisivo nell’introduzione della festività, che per la prima volta si celebrò nella diocesi di Liegi nel 1247. Urbano IV, già arcidiacono di Liegi e confessore di Giuliana, la prescrisse per tutta la Chiesa nel 1264.

Parafrasando il Padre Nostro, s. Francesco così commenta l’invocazione ‘dacci oggi il nostro pane quotidiano’: “Il nostro pane quotidiano, il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell’amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì” ( FF 271). E nella sua prima ammonizione, tutta dedicata al mistero del Corpo del Signore, scrive stupendamente: “Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e il sangue del Signore. ... Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero. E in tale maniera il Signore è sempre presente con i suoi fedeli ...” (FF 143-145).

Come Ignazio di Antiochia, scrivendo ai Romani poco prima di essere condotto al supplizio, diceva: “Voglio il pane di Dio che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David e come bevanda voglio il suo sangue che è l’amore incorruttibile” (Lett. ai Romani, VII,3).

La liturgia della festa di oggi è tutta incentrata sul tema dell’alleanza. Con l’uomo Dio si è sempre trovato nella condizione di rinnovare la sua alleanza, di rioffrirla  in termini sempre più confacenti alla radicalità dell’amore che gli portava fino ad esprimerla nella persona del suo stesso Figlio, il Figlio prediletto, dando il quale, che cosa altro aveva da dare in più? È appunto nel Figlio, dato per noi, che l’alleanza offerta da Dio all’uomo si esprime nella sua pienezza e immensità, definitivamente. E il Figlio, dopo aver dato se stesso, che cosa altro aveva da dare per significare la totalità del dono di Dio, che è in funzione della comunione dell’uomo con lui, se non ancora se stesso, sotto le specie del pane e del vino, a testimonianza di quell’amore che attira a lui e porta al Padre? In effetti, questo avviene nella comunione eucaristica: noi che mangiamo il suo corpo e beviamo il suo sangue, non siamo noi che assimiliamo lui, ma è lui ad assimilare noi. È Cristo, che donandosi a noi, ci incorpora in lui, ci trasforma in lui, ci fa crescere come corpo suo fino a che tutto in noi appartenga a lui, fino a poter dire, insieme a tutti i nostri fratelli, con Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). È il compimento di quella ‘novità’, di quel diventare creatura nuova che risponde ai sogni dell’uomo.

Se ci domandiamo qual è la virtù specifica dell’Eucarestia, a cosa tende, non possiamo non rispondere con s. Agostino: “La virtù propria di questo nutrimento è quello di produrre l’unità, affinché, ridotti ad essere il corpo di Cristo, divenuti sue membra, siamo ciò che riceviamo” (Disc. 272). L’amen che rispondiamo al ‘corpo di Cristo’ proferito dal sacerdote al momento della comunione eucaristica ha proprio questo significato: sì, riconosco di far parte di quel Corpo e accetto di vivere in modo da non ferire mai l’unità di quel corpo. È il mistero della comunione con Dio e tra gli uomini diventato lo scopo supremo dell’agire del cuore. Come dice l’orazione sulle offerte: “Concedi benigno alla tua Chiesa, o Padre, i doni dell’unità e della pace, misticamente significati nelle offerte che ti presentiamo”.

L’eucaristia ci implica nella dinamica stessa del Signore Gesù, che io riassumerei in questo modo. Poco prima della sua passione, nel racconto di Giovanni, Gesù è definito come colui che ha il compito di ‘riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi’ (Gv 11,52), mentre di se stesso dice: “viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco” (Gv 14,30-31). Ma perché il demonio non ha alcun potere su di lui, se proprio contro di lui esercita tutto il suo potere? Il demonio non ha potere su Gesù perché in lui non trova nulla che leda o impedisca l’unità dei figli di Dio dispersi. È questa la volontà del Padre e Gesù si muove secondo questa volontà: riunire i figli di Dio dispersi, mostrando quanto è grande l’amore di Dio per gli uomini che li vuole commensali alla mensa del suo amore. Ma è dall’eternità che questa volontà presiede a tutta la creazione: “ ... nel libro della vita dell’Agnello, immolato fin dalla fondazione del mondo” (Ap 13,8). È l’immagine dell’icona della Trinità di Rublev: sulla mensa, nel calice, l’agnello immolato, che sovrasta la creazione del mondo, è il tema del colloquio eterno tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Se si unisce quel versetto al versetto di Pro 8, 27.31.32: “quando egli fissava i cieli, io ero là;… ed ero la sua delizia ogni giorno ... ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”, la comprensione della nostra storia acquista una profondità insospettata. Su tutto sovrasta, non semplicemente il Verbo di Dio, ma la figura dell’Agnello Immolato, potenza e sapienza di Dio, testimone glorioso dello splendore dell’amore di Dio per l’uomo, di cui l’eucaristia è il sacramento.