Terzo ciclo

Anno liturgico A (2007-2008)

Solennità e feste

 

Commemorazione di tutti i fedeli defunti

(2 novembre 2008)

 

_________________________________________________

Gb 19,23-27//Is 25,6-9//Sap 3,1-9

Sal 26//24//41

Rm 5,5-11//Rm 8,14-23//Ap 21,1-7

Gv 6,37-40//Mt 25,31-46//Mt 5,1-12

_________________________________________________

 

Se ieri, festa di tutti i santi, la chiesa guardava al mistero dell’amore di Dio per l’uomo dal cielo, oggi, commemorazione di tutti i defunti, lo guarda dalla terra. Ieri, lo sguardo emanava la gioia della lode; oggi, emana la fiducia della supplica. Un versetto lega idealmente le due liturgie più di tutto: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28), versetto che costituiva il canto al vangelo della liturgia di ieri e che fa da sfondo a tutta la liturgia di oggi.

L’Apocalisse definisce gli ‘adoratori della bestia’, coloro che rifiutano l’esperienza dell’amore salvatore del Signore, come coloro che “non avranno riposo né giorno né notte” (Ap 14,11). Le letture di oggi invece definiscono i salvati come ‘nel riposo’ di Dio e si prega perché i defunti, coloro che ci hanno preceduto nel regno di Dio, godano il ‘riposo’ di Dio.

Quel ‘riposo’ allude al compimento di un atto di creazione particolare. Nel primo racconto della creazione, nel libro della Genesi, il testo dice che, dopo aver creato tutte le cose: “Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto”. Se i sei giorni precedenti non sono bastati a completare il lavoro, che cosa allora è stato creato il settimo giorno? La ‘menuchà’, la tranquillità, la serenità, la pace e il riposo”, rispondono gli antichi rabbini (cf. Gen Rabbà, 10, 9). È lo stato in cui non vi è contesa né lotta, né paura né diffidenza; è felicità, pace e armonia; vita del mondo futuro, vita eterna.

Quella che Gesù promette quando dice:“Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”.

Quella che corrisponde all’invito che il re rivolge a quelli alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”. Con il ricevere il regno che è preparato fin dalla fondazione del mondo, finalmente è svelato il senso del mondo, come la risurrezione di Gesù svela il senso della sua vita e della nostra. Ciò che da sempre ha mosso il cuore di Dio ora, finalmente, si vede realizzato. In effetti, il riposo allude anzitutto alla condivisione dei sentimenti di Dio, al riposo dell’amore suo che tanta pena si è dato per convincere e conquistare; è il ristoro che segue l’incontro tra il desiderio di Dio e quello dell’uomo.

La particolarità della liturgia di oggi è data dal fatto che la chiesa supplica il suo Signore perché quel riposo sia partecipato da tutti i suoi figli, che intercede presso di lui per tutti loro, fiduciosa nella misericordia immensa di Dio che si è dato pena per i suoi figli, nessuno escluso. La supplica procede dalla fiducia nella promessa di Dio che vuole con sé i suoi figli, ma anche dal desiderio, pieno di speranza, che finalmente potrà avverarsi, come dice Giobbe: “Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. Se questo desiderio alberga in ogni cuore, la chiesa supplica perché tutti possano vederlo realizzato, possano sentirlo finalmente come la verità del loro cuore.

E le letture tratte da s. Paolo aggiungono che addirittura la nostra stessa carne rifiorirà incorruttibile, addirittura nella nostra stessa carne sperimenteremo l’amore salvatore del Signore che dà la vita. È l’altra caratteristica della liturgia di oggi: la chiesa professa la sua fede nella risurrezione della carne, la sua speranza nella potenza di Dio che esprimerà la vittoria sulla morte nella nostra stessa carne.

Un ultimo aspetto vorrei sottolineare. La liturgia di oggi suscita un grande senso di solidarietà umana. Non si tratta solo di tenere viva la memoria dei propri cari, ma di fare esperienza di una solidarietà in umanità che gli affetti sanno custodire. È qualcosa che rivela la percezione di una realtà misteriosa, ma potente, coinvolgente, insopprimibile. La radice la ravviso nel brano del giudizio finale narrato da Matteo. Con il suo giudizio il re manifesterà il segreto dell’agire di Dio fin dalla fondazione del mondo, lungo tutta la storia. Manifesterà il segreto sul quale si regge il mondo e che ne costituisce la dignità assoluta: Dio ha voluto farsi solidale con l’umanità a tal punto che chi tocca l’uomo tocca Dio, chi onora l’uomo onora Dio, chi disprezza l’uomo disprezza Dio. Tale segreto rifulge nella vita del Figlio dell’uomo, perché è lui che appare davanti agli occhi di Dio in ogni uomo. In un baleno apparirà tutta la verità dell’uomo e, contemporaneamente, tutta la gloria di Dio, che è gloria di amore per noi. La solidarietà negli affetti parla di questo ‘segreto’ di Dio.