Secondo
ciclo
Anno
liturgico C (2006-2007)
Tempo
di Natale
Natale del Signore
(25 dicembre
2006)
_________________________________________________
Messa della notte: Is 9,1-6; sal 95;
Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
Messa
dell’aurora: Is 62,11-12; sal 96; Tt 3,4-7; Lc 2,15-20
Messa
del giorno: Is 52,7-10; sal 97; Eb
1,1-6; Gv 1,1-18
_________________________________________________
Un poema
natalizio di s. Efrem canta: “Sia benedetto Colui che ha consegnato la nostra
anima, che l’ha adornata e se ne è fatta la fidanzata! Sia benedetto Colui che
ha fatto del nostro corpo una tenda per la sua Invisibilità! Sia benedetto
Colui che nella nostra lingua ha tradotto i suoi segreti!... Gloria a Colui che
non ha mai bisogno che noi lo ringraziamo. Ma che ha bisogno di tenerci per
cari, che ha sete di amarci e che chiede che noi gli diamo perché Lui possa
darci ancora di più”.
Il
Natale del Signore sottolinea le mosse di Dio verso l’uomo. Tutta la liturgia,
nei suoi tre formulari, non fa che celebrare le ‘avances’ di Dio per l’umanità.
In quel Bambino, nato per noi, tutto si illumina, il mondo torna a risplendere,
fino a seppellire sotto la sua luce tutto quello che lo deturpa, lo travisa e
lo mortifica. Nella liturgia della notte, dentro una luce tutta speciale,
echeggia il grido degli angeli: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia,
che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore,
che è il Cristo Signore”. In quella dell’aurora si sente la fretta dei cuori e
dei piedi dei pastori che vogliono andare a vedere: “Andiamo fino a Betlemme,
vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Nella
liturgia del giorno l’occhio interiore si distende sulla visione agognata: “E
il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua
gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”.
La
luce del Natale rimanda alla Pasqua, come un altro poema natalizio di s. Efrem
canta: “Gloria al Nascosto che non potrebbe essere intravisto con
l’intelligenza, ma che si è reso palpabile nella sua bontà tramite la sua
umanità! La natura che non fu mai toccata, per le mani fu legata e appesa, per
i piedi fu fissata e crocifissa: come a lui è piaciuto, ha preso corpo perché
lo si potesse prendere”. Proprio a questo, con tutta la potenza di rivelazione
che comporta quanto all’amore di Dio per l’uomo, vanno riferite le parole
dell’apostolo Giovanni: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia
su grazia”. È la luce di tale splendore, fonte della nostra dignità, che
rifulge nel Natale. La luce, la gioia, la pace che caratterizzano il clima
della festività natalizia, tanto da indurre pressoché tutti a riversarle nelle
case, nelle strade, nelle città, hanno a che fare proprio con quel Figlio, nato
bambino, che vuol condividere all’uomo il segreto di Dio.
S.
Giovanni, all’inizio del suo vangelo, parla a nome di tutti i discepoli del
Cristo, a nome di tutti coloro che nell’incontro con quel Figlio, mandato a noi
per la salvezza del mondo, si sono visti cambiare la vita, cambiare gli occhi,
cambiare le radici dei sentimenti tanto da fargli dire, con assoluta evidenza,
capace di suscitare la stessa reazione in chi l’ascolta: “E il Verbo si fece
carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria”. Cosa
hanno visto i discepoli, i pastori? Qualcosa che ha a che fare con l’apertura
di un orizzonte e la possibilità di una esperienza fino ad allora
impraticabili: “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è
nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”. Quell’orizzonte e quell’esperienza
costituiscono il dono natalizio della pace. E’ la pace che arriva al cuore
dell’uomo quando si vede e si sente raggiunto dall’offerta della benevolenza di
Dio che non ha limiti, espressi nell’immagine di un bambino avvolto in fasce,
portato dalla Vergine, visitato dai pastori, cantato dagli angeli, adorato dai
magi. Una benevolenza che risana le ferite della storia, che abilita a
costruire un altro tipo di storia, che raggiunge così nel profondo il cuore
dell’uomo da imprimergli una libertà intangibile dalle altre ragioni di vita e
di comportamento che non procedano da quella stessa benevolenza. E’
l’esperienza che farà dire all’apostolo: se Dio ci ha dato il suo Figlio
unigenito, come non ci darà anche tutti gli altri beni? Come a dire: in Lui
possiamo trovare tutti i beni ai quali anela il nostro cuore. E’ il perenne
annuncio profetico dei credenti in Cristo al mondo.
Per questo,
nella preghiera dopo la comunione della messa dell’aurora, la Chiesa supplica:
“O Dio, che ci hai radunato a celebrare in devota letizia la nascita del tuo
Figlio, concedi alla tua Chiesa di conoscere con la fede le profondità del tuo
mistero e di viverlo con amore intenso e generoso”. Preghiera, che è ripresa
nella colletta della messa del giorno: “…fa’ che possiamo condividere la vita
divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana”.
Buon Natale a
tutti!