Secondo ciclo

Anno liturgico B (2005-2006)

Tempo Ordinario

 

5a Domenica

(5 febbraio 2006)

 

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Gb 7,1-7; Sal 146; 1Cor 9,16-23; Mc 1,29-39

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Il canto al vangelo proclama: “Le tue parole, o Signore, sono spirito e vita; tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,63.68). Introducono il brano evangelico di Marco che racconta di un Gesù che guarisce, che caccia demoni e che è assillato dall’ansia di raggiungere tutti con la sua predicazione.

Le parole del canto al vangelo sono prese dalla bocca stessa di Gesù che, di fronte al rifiuto della sua persona da parte di molti, pur dopo il grandioso miracolo della moltiplicazione dei pani e la rivelazione del mistero dell’eucaristia, ribadisce: “le mie parole sono spirito e vita”. Anche i discepoli più stretti sono assaliti da un’atroce perplessità, ma quando Gesù chiede loro se vogliano abbandonarlo, Pietro risponde: “Tu hai parole di vita eterna… noi abbiamo creduto e conosciuto…”. Se entriamo nell’ottica dei discepoli che riconoscono al loro maestro il ‘potere’ di dare vita, di dare vita eterna, allora il brano di Marco acquista risonanze insospettate.

Ci sono almeno tre particolari da notare. Anzitutto, la natura dei miracoli. Dietro l’agire di Gesù, sta un segreto da cogliere. Il miracolo delle guarigioni e la cacciata dei demoni non sottolineano tanto l’onnipotenza, il potere divino di Gesù, ma l’accondiscendenza di Dio, la prossimità di Dio in Gesù all’uomo. E questa ‘dimostrazione’ è in funzione dello svelamento del segreto di Dio per l’uomo, della rivelazione del suo immenso amore al mondo tramite il Figlio, amore che costituisce la gioia sua e la gioia dell’uomo. Il ‘bisogno’, l’urgenza di questa rivelazione è accentuata dal fatto che l’uomo versa in condizioni misere, precarie, di sbandamento, di oppressione, di angoscia, di violenza. Il brano di Giobbe lo mostra in tutta la sua drammaticità. Le malattie e l’ingombrante presenza dei demoni presentate dal vangelo riprendono quella drammaticità,  che costituisce come lo sfondo nero su cui si staglia la luce del Signore Gesù che raggiunge l’uomo e lo risana dal di dentro per collocarlo di nuovo in uno spazio di luce che genera la gioia dell’amore condiviso. Gesù è proprio il segreto di Dio per l’uomo. Viene accennato nel battesimo dalla voce misteriosa: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Mc 1,11); ribadito dalla stessa voce sul monte della trasfigurazione: “Questi è il Figlio mio prediletto:ascoltatelo” (Mc 9,7); ripreso direttamente dalla viva voce, sofferente e angosciata, di Gesù nel Getsemani: “Abbà, Padre…non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14,36).

Il secondo particolare è l’ansia di Gesù di raggiungere tutti. E’ cercato, ma si sottrae; si è fatto conoscere a qualcuno, vuol farsi conoscere ad altri. Questo particolare imprime una forte accelerazione di movimento a ciò che viene raccontato. Si tratta di un doppio movimento: una tensione verso tutti, ma anche una tensione per arrivare a Gerusalemme; una tensione per l’allargamento della sua predicazione, ma contemporaneamente la tensione per lo svelamento del suo segreto, in modo che appaia al mondo quanto davvero sia grande l’amore di Dio per gli uomini in quel Figlio prediletto, compimento che risulterà in tutto il suo splendore proprio sulla croce. Il movimento può essere colto anche da parte dell’uomo che ascolta il racconto, che si vede invitato a scoprirsi dentro il racconto perché quel segreto si sveli anche al suo cuore, cioè che possa gustare, perché arrivata fino a lui, tutta l’immensità della predilezione del Padre per il Figlio riconosciuto come tale. In quell’ansia di Gesù, nel suo doppio significato di raggiungere tutti e che tutto il suo segreto si sveli, sta racchiusa l’urgenza della missione della chiesa in tutti i tempi.

Il terzo particolare è l’annotazione della ricerca di solitudine da parte di Gesù per pregare. Tre volte Marco parla di Gesù che prega: nel nostro passo, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani (Mc 6,46) e nel Getsemani. Solo per la preghiera nel Getsemani è fatto conoscere il contenuto. Nulla è detto a proposito degli altri due momenti di preghiera di Gesù. E’ però caratteristico il fatto che l’evangelista Marco collochi la preghiera di Gesù in rapporto alla sua ansia di raggiungere tutti e di svelare tutto il suo segreto. La preghiera non ha forse a che fare con il desiderio di comunione con gli uomini da parte di Dio prima ancora che essere espressione del desiderio degli uomini di stare in compagnia di Dio? Se gli uomini non percepissero l’eco di quel desiderio di Dio, potrebbero mai pregare davvero? Potrebbero mai riconoscere in quel Figlio l’Inviato di Dio e farsi raggiungere dal Suo amore tanto da essere rinnovati totalmente? La preghiera ha sempre a che fare con l’ansia di Dio di stare in comunione con gli uomini finché tutto il suo segreto di amore si sveli finalmente.