Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
di Natale
Natale di N. S.
Gesù Cristo
(25 dicembre
2005)
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Messa
della notte: Is 9,1-6; Tt 2,11-14; Lc
2,1-14
Messa
dell’aurora: Is 62,11-12; Tt 3,4-7; Lc
2,15-20
Messa
del giorno: Is 52,7-10; Eb 1,1-6; Gv
1,1-18
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La liturgia del
natale del Signore si distende tradizionalmente su tre formulari di messe (la
messa della notte, dell’aurora e del giorno) che sottolineano i vari aspetti
della celebrazione. La chiave celebrativa è data dal canto all’alleluia nelle
tre messe, tratto dall’annuncio e dall’invito degli angeli ai pastori: “Vi
annunzio una gioia grande … Gloria a Dio e pace in terra … Venite tutti ad
adorare il Signore”. È l’esultanza che percorre la chiesa per la nascita del
Salvatore, esultanza che si estende a tutta la terra e si traduce
nell’esperienza della luce e della pace, così caratteristica delle tradizioni
natalizie anche in chi ha ormai illanguidito la sua visione del mistero. Quella
gioia ci tocca perché ci riguarda, è un dono per noi. Caso mai, il problema
nasce nel come trattenerla, come farla propria, come farle attraversare tutta
la nostra vita per illuminarla.
I brani
evangelici delle messe natalizie ci presentano tre testimoni dell’evento: gli
angeli, i pastori, l’apostolo. E una figura di accompagnamento d’eccezione: la
Vergine.
L’annuncio della
gioia tocca gli angeli (messa della notte), a sottolineare che quella gioia è
un’offerta, un dono celeste. La formulazione però dell’annuncio è più
misterioso di quanto crediamo. Le parole messe in bocca agli angeli sono già
frutto di una lunga esperienza di compagnia con quel Figlio, che ora è visto
bambino, ma che il racconto evangelico testimonierà essere presso Dio prima
della creazione del mondo, essere venuto a rivelare il vero volto di Dio, essere
venuto a morire e risorgere per dare la vita agli uomini. E quando proclamano
“gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”
esprimono la verità del mistero a lungo contemplato e adorato; si tratta
dell’esultanza dell’esperienza dell’amore di Dio per l’uomo. Nel suo amore per
l’uomo Dio trova la sua gloria che è appunto lo splendore del suo amore di
accondiscendenza per l’uomo (e gli angeli sono coloro che adorano Dio in modo
puro perché esultano per un mistero che li trascende: non celebrano Dio per
l’amore verso di loro ma verso gli uomini, creature a loro inferiori. Ricorderà
poi Gesù che non si può adorare Dio cercando la propria gloria!) e sempre in
quell’amore l’uomo trova la sua pace, ritrova il senso e la gioia del vivere,
perché di quell’amore è intriso il mondo e di quell’amore respira il cuore
dell’uomo.
Poi intervengono
i pastori (messa dell’aurora). Sono coloro che accolgono l’invito
all’esultanza, coloro che sanno che non possono trovare in se stessi il motivo di
gioia ma semplicemente lo accolgono, vanno a verificare, fino a riconoscere in
quel Bambino, ‘nato per noi’, la radice
della gioia della vita. Tornano alla vita di prima, ma ‘esultanti’, capaci di
affascinare altri con il racconto della loro esperienza. Il segreto di
quell’esultanza va rinvenuto non tanto nel fatto di aver partecipato a un
evento eccezionale, ma nel fatto di aver lasciato attraversare la propria
storia dalla luce della letizia di quell’evento. Esattamente quello che la
chiesa oggi invita tutti a compiere.
Alla fine
interviene l’apostolo (messa del giorno), colui che ha potuto dire, dopo
un’intensa compagnia col Signore: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare
in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, come gloria di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità”. E di nuovo ci domandiamo: che ‘gloria’ ha visto?
La gloria dello splendore dell’amore di Dio per gli uomini, che sulla croce ha
avuto la sua icona più luminosa tanto da denominare il crocifisso ‘re della
gloria’. E quell’amore non è sopraggiunto ad un certo momento della storia, ma
per la sua infinitezza e densità è tale che da sempre ha contrassegnato Dio, ha
presieduto al movimento stesso della storia e continua ad attraversarla con
tutta la sua luminosità. Gesù ne è il rivelatore: “io sono la luce del mondo”
(Gv 8,12).
La visione del
mistero si fa manifesta, come dice Paolo a Tito (‘è apparsa la grazia di Dio…si
sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro e il suo amore per gli
uomini…’) quando, come la Vergine, ‘serbiamo ogni cosa meditando nel cuore’.
Vale a dire: come trattenere in cuore la letizia? Facendo rimbalzare tra loro
(questo è il significato della parola ‘meditare’) le parole ascoltate, gli
eventi narrati e vissuti, le attese e gli aneliti del cuore. È in tale
atteggiamento di ‘meditazione’, di ‘accompagnamento’ al mistero per i suoi
figli che la Vergine è raffigurata nelle icone della natività. È collocata
nella parte centrale del quadro, ma non guarda il suo Bambino; guarda altrove,
guarda al mistero, al mondo per il quale il mistero è destinato, agli uomini
per i quali intercede al fine di ottenere che finalmente il mistero risplenda
agli occhi di tutti. In questa sua intercessione si rivela tutta la tenerezza
per l’umanità. La sua preghiera è per il cuore degli uomini che, come recitano
alcuni versi, ‘è fatto di luce ma s’annega nel buio e l’uomo non sa che fango
di cielo è la terra del cuore’.
La letizia
dell’annuncio natalizio costituisca il vigore dell’anima e lo spazio di
intelligenza del cuore.
Buon Natale a
tutti.