Quinto ciclo

Anno liturgico B (2014-2015)

Tempo Ordinario

 

XXVII  Domenica

(4 ottobre 2015)

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Gn 2,18-24;  Sal 127;  Eb 2,9-11;  Mc 10,2-16

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Per comprendere il brano evangelico di oggi dobbiamo collocarlo nel contesto religioso del tempo. La domanda dei farisei, domanda tranello, non verteva tanto sul carattere lecito del divorzio, che anche la Legge consentiva (Dt 24,1: “Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa”), ma a quale condizione lo fosse. Nella controversia tra le due scuole di Hillel e Shammai, ai tempi di Gesù prevaleva la prima, più rigorista: il divorzio è lecito solo a una condizione, in caso cioè di unione illegittima (che anche Mt 5,32 contempla) o di adulterio, mentre più tardi prevalse la seconda, più lassista: il divorzio è lecito per qualsiasi motivo. La legge sul divorzio proteggeva la donna dall’accusa di adulterio, perché le permetteva un nuovo matrimonio.

Tutti sapevano che il ripudio era una consuetudine pacificamente accettata e che Mosè aveva avallato con un’indicazione precisa. I farisei sembrano intuire che l’insegnamento di Gesù vada contro la Legge. Vogliono che lo dichiari apertamente per aver motivo così di accusarlo.

La risposta di Gesù, se si colloca nell’interpretazione più rigorista della legge mosaica, affronta la questione in una prospettiva completamente diversa. Gesù, contrapponendo comandamento a concessione, arriva al cuore del problema. In gioco non c’è l’interpretazione restrittiva o estesa di una norma e neppure la norma stessa, ma il fondamento su cui la norma prende valore. Il valore di riferimento non è la consuetudine, per quanto avvalorata, sebbene in semplice concessione, dalla stessa Legge, bensì l’agire di Dio che esprime il suo volere quanto all’uomo. E Gesù richiama l’atto della creazione: “Dio li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola” (cf. Gen 1,27; 2,24). Faccio notare che nel testo ebraico quel ‘si unirà’ non ha una marcata valenza sessuale, valenza che si accentuerà nelle versioni e nei commenti successivi. Quella benedizione di Dio non è mai venuta meno, nonostante i peccati e le fragilità umane. E quella benedizione costituisce l’asse di riferimento perenne del valore del matrimonio.

Gesù si riferisce al secondo racconto della creazione dove l’uomo non è più considerato come coronamento del cosmo, bensì suo principio. Quando, con l’antifona di ingresso, proclamiamo: “Tutte le cose sono in tuo potere, Signore, e nessuno può resistere al tuo volere”, alludiamo alla parola: “Non è bene che l’uomo sia solo”. Tutte le cose sono date all’uomo, ma in nessuna cosa l’uomo trova il suo compimento, la sua felicità, perché questo non è il volere di Dio per lui. Da notare che Adamo godeva pienamente della pace con Dio, non era ancora venuto il peccato a turbare l’armonia con Dio e con il creato.

Dio è Uno, ma non è solo. In questo mistero insondabile del Dio, uno nella natura e tre nelle Persone, rivelato da Gesù, si fonda il volere di Dio per l’uomo. È come se Dio dicesse: non è possibile che l’uomo non partecipi alla realtà più bella che mi costituisce, l’amore. Non basta che l’uomo ami Me, suo Creatore, se non può amare anche chi è della sua stessa natura; l’amore che Noi, Padre Figlio Spirito Santo, ci costituisce, voglio che anche l’uomo lo possa vivere al pari di Noi. Ora la donna, che non è tratta come Adamo e tutte le cose dalla polvere del suolo, ma dallo stesso Adamo, è plasmata perché l’uomo potesse ‘essere come Dio’, amare come Dio: realizzare la comunione in un’unica natura e tra persone diverse.

Lo sottolinea anche la liturgia con il canto al vangelo: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi”. Come a suggerire: l’amore, che ha le sue origini in Dio, rende uomini e donne di pari dignità perché solo attraverso l’amore possiamo fare esperienza di Dio. E quando un uomo e una donna sono consacrati nel loro amore, in gioco è proprio la consumazione dell’amore di Dio che si rivela in essi. Solo la tensione al Regno dei cieli, però, può motivare fino in fondo la decisione di quell’amore.

In effetti, la posizione di Gesù è vincolata all’accoglienza del Regno, al fatto di vederlo come colui che compie il volere di Dio per l’uomo. Il brano è inserito in un contesto preciso, quello della sua sequela, che si chiude con il suo ingresso a Gerusalemme. I suoi discepoli sono come storditi, perché subito dopo Gesù proclama il valore del celibato volontario per il regno dei cieli, l’inciampo delle ricchezze per il sincero servizio del cuore e, per la terza volta, annuncia la sua prossima passione.

Così, l’indissolubilità del matrimonio diventa una esigenza del regime messianico insieme a tutto il resto. Proprio in questo trova senso il paragone dei bambini che leggiamo subito dopo: “a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”. Vi è l’allusione alle beatitudini: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli ...”. I bambini, da interpretare come ragazzi di 10-12 anni, prima del bar mitzvah, quando cioè a pieno titolo entrano nella società degli adulti con il poter leggere pubblicamente la Bibbia e contribuendo al numero legale per un’assemblea di preghiera, sono l’immagine dei discepoli che non hanno titolo di importanza o prestigio, che non si aspettano nulla, che non esercitano alcun potere, che possono confidare solo in chi vuole loro bene. Di questi è il regno dei cieli, di quanti cioè hanno posto in esso tutta la loro confidenza e in nient’altro, non cercando quindi ricchezze o prestigio o finendo di servirsi di Dio invece che essere suoi servi. L’insegnamento di Gesù è chiaro e i discepoli restano pensierosi. Dovranno fare ancora tanta strada insieme al loro Maestro per accogliere queste sue parole e viverne la potenza.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

 

Prima Lettura  Gn 2, 18-24

Dal libro della Genesi

 

Il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda».

Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno de­gli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l'uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse.

Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo.

Allora l'uomo disse:

«Questa volta è osso dalle mie ossa,

carne dalla mia carne.

La si chiamerà donna,

perché dall'uomo è stata tolta».

Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 127

Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita.

Beato chi teme il Signore

e cammina nelle sue vie.

Della fatica delle tue mani ti nutrirai,

sarai felice e avrai ogni bene.

 

La tua sposa come vite feconda

nell'intimità della tua casa;

i tuoi figli come virgulti d'ulivo

intorno alla tua mensa.

 

Ecco com'è benedetto

l'uomo che teme il Signore.

Ti benedica il Signore da Sion.

 

Possa tu vedere il bene di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita!

Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!

Pace su Israele!

 

Seconda Lettura  Eb 2, 9-11

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti.

Conveniva infatti che Dio - per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza.

Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.

 

Vangelo  Mc 10, 2-16

Dal vangelo secondo Marco

[In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».

Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».]

Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.